La finanza? Un punto di partenza, non di arrivo
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La finanza? Un punto di partenza, non di arrivo

UNA FRASE DI ROBERTO COLANINNO TRA I RICORDI PIU' CARI DI MAURIZIO DALLOCCHIO, CHE CON SEVERINO SALVEMINI HA GUIDATO LA SDA DAL 2003 AL 2005

“Innovare, innovare, innovare nella tradizione”. Con queste parole Mario Monti indicò a Maurizio Dallocchio le finalità del suo mandato di dean, che seguiva gli anni in cui, con Elio Borgonovi alla guida, la Scuola aveva cominciato ad assumere una dimensione internazionale. “Innovare nella tradizione significava portare la cultura Bocconi in un contesto nascente, ma nello stesso tempo non dimenticare anche la finalità domestica con cui Claudio Dematté aveva fondato la SDA, cioè servire la collettività e formare anche la classe dirigente della pubblica amministrazione e della sanità, che erano considerate da molti di serie B ma che invece erano importantissime. Così come non potevamo dimenticarci della piccola e media impresa, che in Italia rappresenta una base fondamentale dell’economia”.

Fu un periodo scosso da un evento traumatico, la morte di Claudio Dematté che della SDA era sempre stato la guida. Severino Salvemini, presidente della Scuola dal 2003 al 2005, lo ricorda così: “Furono anni all’insegna della continuità con quelli che ci avevano preceduto, perché l’internazionalizzazione era già cominciata e noi proseguimmo spediti su quella strada, ma, anche, furono anni di razionalizzazione dell’offerta formativa della SDA, una scelta imprenditoriale che ci portò a ridurre il catalogo aumentando, però, gli iscritti a ogni corso”. Tra i molti ricordi di quel periodo, legati a personaggi noti e meno noti che hanno frequentato le aule della SDA, uno in particolare è caro a Dallocchio: “Roberto Colaninno disse una cosa che mi colpì molto e cioè che ‘la finanza deve essere ancella dell’attività industriale e non può essere un punto di arrivo’. E bisogna ricordare che era un periodo di finanza di mercato, da cavalcare, perché si potevano guadagnare molti soldi. Ma per lui si trattava solo di un fenomeno di breve periodo”. Per quanto riguarda il futuro, Dallocchio dice che “le modalità di insegnamento dovranno essere blended, ma il contatto diretto rimarrà fondamentale, non potrà essere sostituito dalla didattica a distanza. Questo però nel breve, a medio-lungo termine invece bisognerà essere capaci di riportare in aula le persone che hanno la responsabilità del comando, i numeri uno, non solo i loro vice. Un ultimo aspetto sarà avere un’internazionalità forte, che significa avere percezione, esposizione ed esperienza del tutto internazionali”.

Sul valore della creatività come punto di forza insiste invece Severino Salvemini: “E’ una componente molto apprezzata all’estero sulla quale dobbiamo insistere perché in altri aspetti, come il rigore e il metodo, siamo invece deficitari. Insegnare a essere creativi non è semplice, ma si può fare. Anzi, si deve fare, essere fuori dagli schemi è fondamentale e da noi è presente una larga parte di imprenditori, più che di manager, che fanno della creatività il loro punto di forza”. Il mondo dal periodo in cui Salvemini fu presidente è molto cambiato e lo fa continuamente a una velocità impressionante. Cosa deve fare la formazione manageriale per stare al passo? “Le competenze di base ormai le fornisce l’università, il futuro della formazione post laurea sarà molto legato all’attualità. Un tema importante sarà quello dell’incertezza, come stiamo vedendo in questa fase dominata dalla pandemia”, continua Salvemini. “Bisognerà avere una mente molto aperta, una formazione multidisciplinare e comprendere in tempo reale quello che accade nel mondo, perché le grandi aziende sono sempre più globali”.  

di Davide Ripamonti

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