La maestra di Kabul
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La maestra di Kabul

CIO' CHE ARRIVA IN OCCIDENTE E' SOPRATTUTTO L'IMMAGINE DI UN PAESE MARTORIATO DALLA GUERRA, EPPURE L'AFGHANISTAN HA UNA FORTE TRADIZIONE CULTURALE, FATTA DI PASSIONE PER LA POESIA E PER IL RACCONTO ORALE. CE LA FA CONOSCERE SELENE BIFFI, LAUREATA BOCCONI, CHE LI' HA CREATO UNA SCUOLA PER CANTASTORIE, LA QESSA ACADEMY. PER DARE UN FUTURO AI GIOVANI IN UN PAESE IN CUI ESSERE GIOVANI NON E' UN VALORE

Una tazza di tè e del pane naan non si negano a nessuno. L’accoglienza non manca mai nemmeno nei villaggi più poveri, anche se l’Afghanistan è un luogo lontano dall’idea di pace e serenità. Almeno per come lo conosce oggi il resto del mondo. Il paese è in guerra dal 1978 e ci sono intere generazioni che non hanno mai vissuto un giorno di pace. Eppure è questa l’ospitalità che Selene Biffi (foto Rolex Award Reto Albertalli), alumna Bocconi e imprenditrice sociale di Mezzago in provincia di Monza e Brianza, ha incontrato quando è andata per la prima volta nel paese dell’Asia meridionale, circa 12 anni fa. Da quel momento in poi è iniziato il ribaltamento di tante credenze occidentali e la scoperta di una cultura che finisce, spesso, in secondo piano nei resoconti internazionali. Biffi ha trovato una popolazione che coltiva la passione per la poesia, per il racconto orale, conserva una sensibilità verso l’arte e il bello. Una volta, “in una casa pensavo di non poter nemmeno entrare”, racconta a viaSarfatti25 Biffi. “Si stava svolgendo una riunione di anziani o almeno così credevo io. Ho pensato che non sarebbe stato rispettoso delle usanze locali che entrasse una donna in una stanza piena di soli uomini. Invece, loro erano lì ad aspettare me. Mi stavano dando il benvenuto”.

Selene Biffi ha vissuto tra l’Italia e Kabul fino allo scorso luglio quando, non per scelta sua, ha dovuto lasciare l’Afghanistan. Negli anni, comunque, ha avuto molte occasioni di vivere non solo nella capitale ma anche di viaggiare nelle zone rurali e nei villaggi più remoti. Ha iniziato la sua avventura in Afghanistan come volontaria per realizzare un manuale pensato per i giovani delle aree più svantaggiate. “Doveva essere un testo capace di trasferire concetti base in forma pratica, dall’igiene alla sicurezza alimentare”, ricorda Biffi che sulla sua esperienza in Afghanistan ha scritto il libro La maestra di Kabul (Sperling & Kupfer, 2014). Infatti, uno dei suoi progetti più importanti è stato aprire la Qessa Academy, una scuola per cantastorie che mirava, da un lato, a preservare e promuovere il patrimonio orale e, dall’altro, voleva utilizzare le stesse storie per creare opportunità di lavoro e sviluppo a livello locale. Venivano così offerti a ragazzi e ragazze disoccupati, tra i 18 e i 25 anni, corsi gratuiti di storytelling, teatro, inglese e cooperazione allo sviluppo. La scuola riprendeva la tradizione orale nazionale dove i racconti non sono semplici favole ma hanno più dimensioni, nascondendo tra le parole insegnamenti diversi: “Ogni storia inizia con ‘C’era e non c’era’ per sottolineare che il pubblico è libero di interpretare ciò che ascolta e decidere che senso dare alla storia. Non è come da noi dove l’incipit delle fiabe è ‘C’era una volta’, come se ci si trovasse davanti a una sorta di dato di fatto”, spiega Biffi. “La favola de La capra di porcellana, per esempio, parla in realtà di che cos’è l’astuzia mentre Il mercante e il pappagallo è incentrata sul concetto di libertà”.

La scuola per cantastorie, avviata grazie ai Rolex Awards for Enterprise, è partita tra molte difficoltà, con classi miste, ma dopo l’avvio ha dovuto inserire i test d’ingresso tante erano le domande d’ammissione che pervenivano anno dopo anno. Col tempo le classi sono diventate femminili per la maggior affluenza di richieste da parte delle ragazze, rispecchiando così un cambio dei tempi. Tra tutti gli studenti diplomati c’è chi è diventato insegnante e chi è andato a lavorare nelle emittenti radio-televisive locali. Ma nella memoria personale di Biffi è rimasta impressa soprattutto una ragazza. “Entrata per la prima volta a scuola, ha visto me e un signore afghano di 60 anni. Mi ha poi confessato di aver creduto che la ragazza occidentale fosse la segretaria e il signore il direttore, pensando che quella straniera stava probabilmente svolgendo un lavoro che avrebbe potuto fare una qualsiasi ragazza afghana”, dice Biffi. “Quando ha capito di aver invertito i ruoli, si è decisa a iscriversi a scuola. È stata l’unica ragazza a diplomarsi quel primo anno di lezioni”.

Così, nella scuola per cantastorie, la tradizione orale ha fatto rima con formazione, in un paese martoriato dai conflitti civili e dalle invasioni esterne ma dove la cultura tradizionale, e in particolare la poesia, ha sempre ricoperto un ruolo centrale. Durante i lavori per la stesura della Costituzione per esempio, nei primi anni 2000, “l’intero parlamento si fermava per leggere poesie ogni volta che non veniva trovato un accordo tra i politici”, prosegue Biffi. “La tradizione orale afghana ha radici storiche lontane e i cantastorie itineranti godevano, nei tempi passati, di una forte considerazione sociale. Poi, c’è stato il declino della tradizione orale iniziato con l’invasione sovietica”, nel 1979.

Se Biffi dovesse narrare lei una storia per riassumere l’eredità ricevuta dopo tanti anni in Afghanistan, “descriverei la scena con quel giovane studente incontrato già il primo anno di attività della scuola. Con l’apertura del progetto, diverse persone venivano a visitare me e i ragazzi, curiosi di sapere perché gli studenti avevano scelto di frequentare la scuola, quali erano i loro sogni, che cosa imparavano. Alla fine tutti fornivano un po’ le stesse risposte”, conclude Biffi che negli ultimi mesi si è adoperata per far uscire dalla nazione una ventina di afghani tra cui alcuni suoi ex studenti, salvati grazie alla S di Selene scritta sulle mani. “Un giorno, in particolare, un ragazzo si è alzato in piedi e a chi faceva domande ha risposto che “sì, qui imparo le storie della tradizione e a scriverne di nuove, studio l’inglese e mi formo per trovare un lavoro. Ma non è questo che mi porto via dalla scuola. Io vivo in un paese in cui essere giovani non è un valore. In questa scuola mi hanno insegnato ad avere fiducia in me stesso, ora non ho più paura di alzarmi in piedi e dire ciò che penso”.
 
Biografia    
Selene Biffi (classe 1982) è un’imprenditrice sociale, laureata all’Università Bocconi nel 2005 in International Economics and Management (Diem). Ha poi completato un master in Humanitarian Action a Dublino e al momento ne sta finendo un altro presso l’Università di Cambridge. Ha collaborato con varie organizzazioni internazionali e lanciato diverse startup sociali legate all’istruzione e allo sviluppo locale. Di tutto il suo periodo universitario ammette di non aver frequentato molto le lezioni in aula ma “mi sono adoperata per costruirmi un mio personale curriculum, per riempirlo di più esperienze possibili nei settori di mio interesse. Ai ragazzi di oggi consiglio di fare questo: esperienze sul campo, avviare progetti digitali e non, lanciare start-up sociali”. La sua prima iniziativa? Youth Action for Change, organizzazione non-profit aperta nel 2005 con un budget di soli 150 euro, per favorire online la formazione condivisa tra i giovani in 130 paesi del mondo.

di Camillo Papini

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