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Il Domani di Stefano Feltri e' adesso

, di Andrea Celauro
Dieci anni al Fatto Quotidiano, del quale e' stato vicedirettore, l'esperienza di ProMarket a Chicago e oggi la direzione del nuovo quotidiano edito da Carlo De Benedetti. Nella giornata del lancio della nuova avventura, l'alumnus Bocconi si racconta

"Ecco, se rifacessi adesso la Bocconi presterei più attenzione alla teoria degli economics, piuttosto che agli aspetti di management, come ho fatto ai tempi": così racconta Stefano Feltri, 36enne direttore del nuovo quotidiano Domani, ripensando al suo passato universitario in via Sarfatti. In Bocconi, Feltri si è laureato alla triennale Cleam e poi, nel 2009, alla magistrale in economia e management dei mercati internazionali e delle nuove tecnologie, prima di dare il via a una carriera giornalistica che dalla Gazzetta di Parma lo ha portato prima al Fatto Quotidiano, dove è rimasto dieci anni (dei quali gli ultimi cinque come vicedirettore), poi alla direzione del sito economico ProMarket dello Stigler Center dell'Università di Chicago e, oggi, alla direzione della nuova avventura editoriale di Carlo De Benedetti.

Che ricordi ha della Bocconi Stefano Feltri?
Molto buoni. Col senno di poi avrei curato molto di più la matematica e l'econometria, che ai tempi ho un po' sottovalutato perché volevo già fare il giornalista e pensavo di dovermi concentrare su altre materie. Ho un ottimo ricordo, soprattutto per il tipo di opportunità che ho avuto, per le persone interessanti che ho avuto modo di incontrare e per le mille attività. E per i professori: uno di questi, Franco Bruni, scriverà per Domani. Sono rimasto molto legato alla Bocconi, con la quale mi sono tuttora molto connesso.

Che studente era?
Bravo, ma non bravissimo. Mi aiutava molto la scansione degli esami durante l'anno, cosa allora piuttosto rivoluzionaria e che mi consentiva di tenere il ritmo. Ho avuto un approccio piuttosto pragmatico allo studio, privilegiando materie come storia economica o le relazioni internazionali: solo dopo ho scoperto quanto mi interessavano altri aspetti, più prettamente economici. Se rifacessi adesso l'università, curerei di più questo versante.

Dal 2009 al 2019, dieci anni al Fatto Quotidiano. Che bilancio ne trae?
È stata un'esperienza molto importante, in un giornale che mi ha permesso di fare cose che non avrei potuto fare altrove, di occuparmi di cose importanti sia in economia che in politica e di costruirmi da zero una squadra di collaboratori e di giornalisti che è rimasta molto legata. E che mi fatto capire quanto è importante essere indipendenti, nel senso di dipendere dai lettori invece che da investitori pubblicitari o editori che hanno interessi particolari da difendere.

Nel 2017 l'intervista, insieme ad altri colleghi, al presidente siriano Assad. Non è da tutti
È stato molto interessante tutto l'insieme, ma, chiaramente, era tutto molto irregimentato: Assad voleva presentarsi alla comunità internazionale dopo i bombardamenti di Aleppo e quindi aveva portato alcuni parlamentari europei a vedere la situazione in Siria. Tuttavia, anche in viaggi così di propaganda, è interessante capire cosa vogliono farti vedere per capire le loro priorità. C'era una procedura complicatissima per arrivare ad Assad, bisognava negoziare per giorni con la comunicazione del presidente. Ed essendo situazioni iper-controllate, in questi casi chi racconta di aver potuto dare spazio all'estro e al talento, mente. Nessun potente di quel calibro si mette nelle condizioni di fare affermazioni che non controlla.

Nel 2019, Feltri vola a Chicago e comincia una doppia esperienza di direttore di ProMarket e di studente
Sono rimasto un anno e avrei continuato, se non avessi avuto la proposta di Domani. Lavoravo per lo Stigler Center di Luigi Zingales e curavo questo sito che vuole essere a cavallo tra la ricerca accademica e il mondo del giornalismo. Mi sono rimesso a studiare e mi sono iscritto all'Mba dell'Università di Chicago, che cercherò di portare a termine a distanza. In quell'anno mi sono occupato di cose che non avrei mai pensato, come il machine learning, e ho approfondito gli economics. Tutte cose che i sono servite moltissimo per il lancio del nuovo giornale.

Parliamo di Domani. Che giornale è?
Da leggere e non da sfogliare, basato su una scansione molto semplice: fatti, analisi, idee. Riguardo alle idee, l'intento è di produrre cultura, non di commentarla, prendendo l'esempio di testate come il New Yorker.

Nell'editoriale che presenta la testata una delle prime dichiarazioni d'intenti è l'attenzione per l'ambiente. Come mai questa scelta?
Perché riassume un po' tutto. La questione climatica rappresenta la disuguaglianza generazionale ed è una grande sfida di politica economica, perché mette in gioco la governance globale di fenomeni complessi: la pandemia, ad esempio, è stata un po' la prova generale di cosa significhi affrontare un'emergenza come questa. Inoltre, questi temi sono più affini agli interessi delle nuove generazioni, un target che un giornale che si chiama Domani non può che avere.