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A dare respiro ai piccoli Comuni pensano le stampanti di Francesco e Co.

, di Andrea Celauro
Ceo di una startup che opera nella stampa 3d, l'alumnus Bocconi racconta come l'azienda che guida si sia riconvertita alla produzione di kit di mascherine riutilizzabili da donare alle piccole istituzioni e strutture piu' in difficolta'

C'è una startup di Lomazzo (Como) nella quale una batteria di 25 stampanti 3d sforna 2.500 kit di mascherine con filtro alla settimana, l'equivalente di 50.000 mascherine usa e getta. E c'è che queste mascherine, prodotte apposta per rispondere all'emergenza Coronavirus, siano donate in diverse zone d'Italia alle strutture e alle istituzioni più piccole, quelle che hanno molta più difficoltà a procurarsele. A guidare il progetto della Caracol AM c'è l'alumnus Bocconi Francesco De Stefano, ceo e cofounder dell'azienda insieme a un gruppo di amici del Politecnico di Milano e della Cattolica, mentre a curarne il marketing in qualità di chief marketing & strategy officer c'è un'altra bocconiana, Violetta Nespolo.

Fondata nel 2018, la Caracol "è nata con l'idea di essere un service integrato per la stampa 3d per diversi settori, come l'automotive, quello spaziale, l'architettura", spiega De Stefano, che dopo la triennale in Bocconi ha conseguito un master of science alla London Business School e un Mba alla Columbia di New York. "Poi è arrivato il coronavirus, proprio nel momento in cui eravamo nel pieno di un round di finanziamenti ed eravamo lanciati in alcuni progetti importanti. Avevamo aumentato di molto la capacità produttiva con 25 stampanti e 4 robot operativi e il virus ha creato una situazione di stallo, nella quale, gioco forza, molti dei progetti hanno dovuto essere accantonati".

A questo punto, Francesco e colleghi si interrogano non solo sul loro futuro, ma anche e soprattutto su cosa possono fare per dare una mano nel caos della situazione generale. "Abbiamo visto che erano già presenti diversi progetti di stampa 3d di dispositivi di protezione personale o altre attrezzature", continua Francesco. "Progetti magari molto validi, ma difficilmente scalabili. Come produrre in grandi quantità se la stampa di ogni mascherina richiede 4/5 ore?".

Così, il gruppo di lavoro si mette sotto e mentre studia e mette a punto dopo 200 prototipi una mascherina riutilizzabile, nel frattempo si cerca il sostegno della community per sostenere la produzione in massa dei kit attraverso il crowdfunding. "Il risultato è che stampiamo un kit completo (maschera + 20 filtri) ogni 20 minuti e contiamo, grazie a ulteriori investimenti, di aumentare la capacità settimanale da 2.500 a 5.000 kit".

Anche il momento della distribuzione dei 10.000 kit già prodotti è stato il frutto di una riflessione: "Ci siamo accorti che erano soprattutto i piccoli Comuni e le strutture sanitarie delle piccole zone ad avere le maggiori difficoltà di approvvigionamenti di mascherine", spiega De Stefano. Così, le donazioni sono andate in primis a piccole realtà, come il loro Comune di origine Lomazzo, Rivoli (Torino), Cusano Milanino, oppure a piccole strutture come un centro di riabilitazione per ragazzi disabili di Aosta: "Questi ultimi ci hanno scritto disperati perché non erano in grado di procurarsi le maschere di cui i ragazzi avevano bisogno per andare a fare le terapie". La restante parte, invece, è andata ai volontari della Croce Rossa.

Una risposta veloce, quella di Francesco e colleghi. E una risposta che è ben rappresentata da una frase che Francesco pronuncia quasi en passant: "Siamo una startup, l'idea di fermarci non fa per noi".