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Medici che salvano vite insieme

, di Andrea Celauro
A capo della sezione italiana di Medici Senza Frontiere, l'alumnus Gabriele Eminente racconta l'impegno dell'organizzazione nel contrasto alla pandemia

La voce di Gabriele Eminente è di quelle che raccontano di una persona pratica, che va rapidamente al sodo. E così deve essere, visto che Gabriele, alumnus Bocconi laureato in economia aziendale nel 1988, è da circa sette anni direttore generale di Medici Senza Frontiere Italia, una sezione che è grande quanto una media azienda, con un centinaio di membri dello staff e oltre 60 milioni di euro di raccolta annua, grazie a donazioni private di cittadini e aziende. Gabriele, che dopo 15 anni nel profit da almeno altrettanti ha virato verso il non profit (prima di approdare a MSF ha lavorato ad Amnesty International), racconta come la sua organizzazione stia contribuendo ad affrontare la pandemia.

In qualità di Dg di MSF Italia, oggi si trova in prima linea nell'emergenza Covid-19
L'Organizzazione, a livello internazionale, si è mossa fin dai primi segnali dell'epidemia in Cina, inviando forniture a Wuhan e poi intervenendo a Hong Kong. Ma subito dopo, il terzo fronte più importante è diventato l'Italia, quindi ci siamo ritrovati con l'emergenza in casa. Adesso stiamo intervenendo anche in Spagna, Belgio, Grecia, Francia.

Un fronte inusuale per la vostra tipologia di interventi
Medici Senza Frontiere opera in una settantina di paesi e nella maggior parte dei casi si tratta di paesi poveri con sistemi sanitari molto fragili. In questo caso, si tratta di portare aiuto direttamente nel nostro paese e in altri paesi con sistemi di sanità pubblica molto più sviluppati, nei quali solitamente non abbiamo bisogno di intervenire. Nei paesi più poveri solitamente lavoriamo con un 10% di operatori internazionali e con il 90% di operatori locali. Oggi, in Europa, non esiste questa distinzione. Insomma, un paradigma di intervento molto diverso, in cui il nostro lavoro si integra in una risposta alla crisi, da parte delle istituzioni locali, molto più ampia.

Come è intervenuta MSF Italia?
Ci siamo coordinati immediatamente con la task force governativa e con la Protezione civile. Ci siamo resi conto che la nostra esperienza nella gestione di emergenza sanitarie come quelle legate a Ebola o Morbillo poteva essere molto utile.

Perché?
Perché in un'epidemia è fondamentale non solo curare il singolo paziente, ma anche affrontare l'epidemia in sé per evitare che si diffonda, a partire dagli ospedali, dalle reti di medici territoriali, dalle strutture per anziani. Di fronte all'enorme risposta delle istituzioni italiane, abbiamo capito che il nostro know-how poteva rappresentare un valore aggiunto, da condividere attraverso training e formazione. Inoltre abbiamo avviato un intervento in tre strutture a Codogno e stiamo allargando il nostro ambito di azione ad altre province e regioni. Pur nella consapevolezza dell'enormità dell'emergenza e dei nostri limiti.

Qual è la difficoltà di gestione di questa pandemia?
Direi innanzi tutto l'alto numero di operatori sanitari contagiati. Occorre fare di tutto affinché gli operatori sanitari si ammalino il meno possibile. Questo è tipico di epidemie violente laddove non esista un farmaco o un vaccino. Ci trovammo nella stessa situazione cinque anni fa in Africa durante l'emergenza Ebola. Inoltre, occorre evitare il congestionamento degli ospedali e limitare i ricoveri solo ai casi più gravi, supportando la rete dei medici di famiglia e operatori delle strutture per anziani, per evitare la diffusione del virus.

Ha citato altre emergenze sanitarie. Ci sono similitudini?
Pur essendo due patologie completamente diverse – e lo sottolineo perché non vorrei essere frainteso – tuttavia per certi versi il confronto con l'epidemia di Ebola è pertinente. Anche allora, infatti, abbiamo affrontato l'epidemia senza vaccino, ma con terapie di supporto ai malati. Anche nel caso dell'Ebola, inoltre, è stato fondamentale il lavoro fuori dagli ospedali, per modificare alcuni usi e abitudini al fine di contenere i contagi. Qualcosa che – in un contesto, ripeto, totalmente diverso – sta avvenendo oggi in Italia e a livello globale.

Quindi?
Quindi in questo momento è essenziale da un lato continuare a supportare il lavoro incredibile delle migliaia di operatori umanitari nel nostro Paese, ed è quello che Medici Senza Frontiere sta facendo: medici impegnati a salvare vite insieme. Dall'altro, ognuno di noi deve fare la propria parte rispettando le regole di base, in primo luogo il distanziamento sociale.