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Metodo e organizzazione, anche cosi' si ferma la pandemia

, di Davide Ripamonti
Andrea Capponi, Master in management sanitario in Bocconi, spiega come ha organizzato il Presidio Ospedaliero di Novara

Se medici e infermieri in prima linea sono gli eroi silenziosi che tutti stiamo imparando a conoscere, per uscire da una crisi come quella che stiamo vivendo occorrono anche i manager, coloro i quali mettono in condizione il personale sanitario di lavorare nelle migliori condizioni possibili. "Che è poi la quintessenza di quello che dovrebbe fare sempre un buon manager", spiega Andrea Capponi, Master in management sanitario alla SDA Bocconi School of Management, oggi direttore del Presidio Ospedaliero di Novara, "ascoltare tutti e dettare la linea". Oggi l'ospedale diretto da Capponi ha 162 posti letto riservati ai malati Covid ("ma la situazione è in costante cambiamento"), con il numero maggiore di posti in terapia intensiva per quanto riguarda le strutture piemontesi, e un lavoro quotidiano capillare e profondo.

"Ogni giorno rivoluzioniamo interi reparti, dobbiamo pensare all'approvvigionamento di farmaci, alle attrezzature, gestire i nuovi malati che arrivano e i guariti che dimettiamo. Anche per una dimissione ci sono una miriade di pratiche amministrative da sbrigare. Per far questo abbiamo allestito una unità di crisi di cui sono il coordinatore", prosegue il manager, "e che comprende alcune figure chiave a livello amministrativo". Per tenere la barra dritta e non rischiare il naufragio Capponi ricorre alla sua esperienza e alla sua preparazione, ma anche ad alcune attitudini personali che aiutano molto: "Io sono una persona molto ordinata e metodica e questo mi serve molto sul lavoro. Non facciamo niente in maniera estemporanea , anche a livello di comunicazione interna abbiamo una documentazione unica come riferimento per tutti per quanto concerne la modulistica e gli aggiornamenti con i nuovi provvedimenti delle autorità".

Gli scenari futuri non sono prevedibili, i programmi sono a brevissimo termine, due-tre giorni al massimo. Come si fa a lavorare in queste condizioni? "E' difficile, ma ce la stiamo facendo grazie alla professionalità di tutti. I reparti non ancora coinvolti sono a volte un po' scettici, ma quando ci rivolgiamo anche a loro si buttano nel lavoro con la massima convinzione. Ho costituito una serie di microsquadre in contatto tra loro in sub chat di Whatsapp praticamente 24 ore al giorno, sette giorni su sette", dice ancora Capponi, "ma andiamo avanti grazie anche al sostegno della gente. Non solo i bellissimi striscioni di ringraziamento che si vedono in tv ma anche tanti piccoli e grandi gesti. Le donazioni in denaro, per esempio, ma c'è chi ci manda 300 pizze, 200 brioches e altro. Questo è estremamente motivante".