OPINIONI |

Battisti. La vicenda continua

ESTRADIZIONE. DOPO IL NO DI LULA ANCORA APERTE ALCUNE STRADE, MA STRETTE

di Anna De Luca, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di studi giuridici della Bocconi

A dicembre 2010 l’ex presidente brasiliano Lula ha respinto la richiesta di estradare in Italia Cesare Battisti, condannato all’ergastolo in contumacia. Si conclude con esito negativo (al momento) l’ultimo dei tentativi di assicurare alla giustizia italiana il latitante. La decisione di Lula arriva dopo (e nonostante) la decisione del Tribunale supremo federale brasiliano favorevole all’estradizione di Battisti, conformemente al Trattato di estradizione tra i due paesi, e il conseguente annullamento della decisione del ministro della giustizia di attribuire a Battisti la qualità di rifugiato. La decisione dell’ex presidente di non estradare Battisti si basa sulla clausola di non discriminazione contenuta nel Trattato di estradizione (art. 3, lett. f)). Secondo tale clausola, la parte richiesta rifiuta l’estradizione se ha “serie ragioni” per ritenere che la persona verrà sottoposta ad atti persecutori o discriminatori per motivi, tra gli altri, di opinioni politiche. Tuttavia, da una parte, la decisione presidenziale appare scarsamente motivata, contrariamente a quanto richiesto dall’art. 15 del Trattato di estradizione; dall’altra, il parere dell’avvocatura di stato brasiliana, su cui si basa la decisione di Lula, appare insoddisfacente perché riprende largamente la tesi difensiva di Battisti di poter essere vittima in Italia di persecuzione politica, già ampiamente rigettata dal supremo giudice brasiliano. Inoltre, per l’avvocatura costituiscono “serie ragioni” per ritenere probabile la persecuzione di Battisti le manifestazioni di sconcerto che il mondo politico e l’opinione pubblica italiani espressero al momento della prima decisione di attribuirgli la qualifica di rifugiato (esclusa dal Comitato nazionale per i rifugiati del Brasile e dal Tribunale supremo brasiliano).

Si dubita inoltre che, in base ad un’interpretazione di buona fede del Trattato di estradizione, possano integrare delle “serie ragioni” semplici dichiarazioni e manifestazioni pubbliche, a fronte delle garanzie interne e internazionali offerte dall’ordinamento italiano rispetto ai trattamenti discriminatori o maltrattamenti nelle carceri. Il rifiuto di estradizione di Battisti è ritenuto dall’Italia in violazione del Trattato di estradizione (come risulta dalla lettera di Napolitano a Dilma Rousseff) ed è oggetto dunque di una controversia internazionale tra i due paesi relativa alla interpretazione e applicazione del Trattato.
Il capitolo brasiliano della vicenda Battisti non è però concluso. Si attende la decisione del Tribunale supremo sulla conformità della decisione di Lula al Trattato di estradizione. In caso di conferma della decisione presidenziale da parte del Tribunale supremo, e il probabile fallimento di una risoluzione diplomatica della controversia, rimarrebbe all’Italia solo il ricorso agli strumenti di risoluzione delle controversie internazionali previsti dalla Convenzione di conciliazione e regolamento giudiziario Italia-Brasile del ‘54. In effetti, l’Italia ha già manifestato l’intenzione di presentare un ricorso alla Corte internazionale di giustizia per far valere la responsabilità internazionale del Brasile per la violazione del Trattato di estradizione, in caso di mancata estradizione. Tuttavia, se è pur vero che la Convenzione del ‘54 prevede la possibilità del ricorso alla Corte internazionale di giustizia, il percorso non si presenta privo di ostacoli procedurali.
 
Infine, non è detto che l’accoglimento dell’eventuale ricorso dell’Italia, e la conseguente responsabilità internazionale del Brasile, conduca all’esecuzione da parte del Brasile dell’obbligo di estradare Battisti in Italia. Infatti, secondo la Convenzione del 1954 “se il diritto costituzionale di detta Parte non consentisse o consentisse solo parzialmente di cancellare in sede amministrativa le conseguenze della decisione in questione” (art. 18), la Corte internazionale dovrebbe stabilire per l’Italia un’equa soddisfazione di altro tipo. Tale circostanza si verificherebbe nel caso in cui per l’ordinamento brasiliano le decisioni del Tribunale supremo sulle decisioni del Presidente relative alle estradizioni siano definitive.

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