OPINIONI |

Non solo team, anche brand

DAL MERCHANDISING E DAGLI SPONSOR LE NUOVE POSSIBILITà DI CRESCITA DELLE SQUADRE DI CALCIO

di Fabrizio Redaelli e Alessandro Costacurta, rispettivamente, docente dell'Area amministrazione, controllo, finanza aziendale e immobiliare della Sda Bocconi e viceallenatore del Milan

Il calcio spa è una delle prime 10 industrie italiane, con un fatturato aggregato superiore ai 4 miliardi di euro. I campioni che militano nel campionato italiano sono popolari quanto gli attori, la loro immagine è contesa dalla agenzie pubblicitarie e i nomi delle maggiori squadre sono conosciuti anche tra i non appassionati del gioco. La diffusione del prodotto-calcio nei palinsesti televisivi, premiata da indici di ascolto di riguardo, ha consacrato il gioco del pallone come mezzo principale a disposizione delle aziende per raggiungere il pubblico dei consumatori.

I massicci investimenti in sponsorizzazioni hanno quindi imposto i brand delle squadre a una platea sempre più trasversale e la dottrina e la pratica più consolidata hanno iniziato a riflettere sulle peculiarità dei “marchi” delle società di calcio e sulle metodologie di valorizzazione.

Il tema della valutazione delle potenzialità dei marchi dei club ha assunto rilevanza negli ultimi anni a seguito di alcune operazioni di lease-back (o di cessione a società controllate) attuate da alcune squadre per riequilibrare i conti economici aziendali, ottenere risorse finanziarie per lo sviluppo e fornire ai terzi una valutazione delle potenzialità del brand.

Tali operazioni, impensabili fino a qualche anno fa, sono giustificate dalla crescente rilevanza dei beni immateriali nell’economia del terzo millennio. I bisogni di appartenenza, status e differenziazione hanno infatti sostituito il semplice bisogno d’uso nella motivazione dei consumatori più abbienti.

La quota di mercato di una società di calcio è idealmente ricollegabile a due categorie di individui: i tifosi, che partecipano attivamente alla vita del club, e i simpatizzanti, che se ne interessano solo occasionalmente. I primi sono distinti da una costante fedeltà al brand della squadra. A differenza di ogni altro mercato, dove il cliente di una marca è potenzialmente disponibile al cambiamento, il tifoso non cambia la squadra di calcio. I secondi sono più influenzabili da elementi mediatici, come l’acquisto di un fuoriclasse internazionale o il successo in una competizione prestigiosa.

Paradossalmente, è proprio verso il secondo segmento che si orientano gli sforzi dei club professionistici. Basti ricordare l’ingaggio di qualche giocatore giapponese da parte di squadre italiane, allo scopo di ottenere visibilità per il club e per gli sponsor sul mercato asiatico.

La fedeltà del tifoso e l’interesse dei simpatizzanti si trasformano in flussi di cassa per la società proprietaria del marchio attraverso diverse tipologie di ricavi: botteghino, diritti televisivi, merchandising, sponsorizzazioni.

Proprio nelle ultime due categorie di ricavi è possibile individuare ulteriori spazi di crescita per la redditività. L’identificazione tra impresa e cliente è massima nelle società di calcio e le possibilità di sfruttamento creativo delle sponsorizzazioni sono ancora molteplici. In futuro sarà premiante la capacità di mantenere elevato il posizionamento del nome della squadra, attraverso i risultati sportivi, l’eticità dei comportamenti e l’associazione con brand commerciali adeguati. Il merchandising rappresenta un’opportunità di diversificazione e stabilizzazione dei ricavi, ma lo sviluppo è condizionato da una tutela legislativa nazionale inadeguata. È normale assistere alla vendita di maglie da gioco contraffatte anche all’esterno degli stadi.

Ulteriori ricavi potrebbe derivare dallo sfruttamento completo degli impianti sportivi: le principali squadre britanniche e spagnole, proprietarie degli stadi, nelle giornate prive di avvenimenti agonistici propongono al pubblico manifestazioni e servizi in grado di valorizzare l’impianto e di diffondere il nome della squadra. In Italia, al contrario, gli stadi sono generalmente di proprietà comunale e tali attività sono limitate.

Negli ultimi anni è maturata la consapevolezza che il successo delle imprese è spesso determinato dalla dotazione di risorse intangibili: le società di calcio professionistiche confermano la validità di tale convincimento.

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