Piu' fuga di cervelli, meno imprenditorialita'
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Piu' fuga di cervelli, meno imprenditorialita'

TRENTASEI NUOVE IMPRESE IN MENO ALL'ANNO: QUESTO IL COSTO DELL'EMIGRAZIONE ITALIANA TRA IL 2008 E IL 2015 STIMATA DAI RICERCATORI. A LASCIARE IL BEL PAESE SONO INFATTI SOPRATTUTTO GIOVANI ISTRUITI E POTENZIALI FOUNDER. UN FLUSSO DESTINATO AD AUMENTARE LA STAGNAZIONE ECONOMICA DI UN'ITALIA, CHE STENTA A CRESCERE, CARATTERIZZATA DA UNA POPOLAZIONE SEMPRE PIU' VECCHIA E CON UN BASSO LIVELLO DI ISTRUZIONE

di Massimo Anelli, associato presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche

Sempre più italiani, soprattutto giovani, lasciano il Paese. Se consideriamo gli ultimi numeri pre-Covid, nel 2019 sono stati 122mila gli italiani registrati nell'anagrafe degli emigrati (AIRE). Stimiamo che i flussi reali di italiani in uscita siano 2,6 volte superiori a quelli registrati ufficialmente. Ciò equivale a perdere ogni anno una città delle dimensioni di Bari. Una Bari composta prevalentemente da giovani, con un alto livello di istruzione, innovatori e imprenditori. Per dare un'immagine cruda di questa emergenza migratoria, se gli emigranti lasciassero l'Italia su un barcone, nel 2019 avremmo visto un barcone con 6.110 italiani ogni settimana. Tuttavia, l'attenzione dei media e della politica sembra concentrarsi sul rovescio molto più piccolo dell'emergenza migratoria: nello stesso anno solo 220 immigrati a settimana hanno attraversato il Mediterraneo e sono sbarcati sulle coste italiane.
Le conseguenze di questa emigrazione non sono ben note, né studiate. Nel lungo periodo l'emigrazione potrebbe essere benefica per la crescita grazie alla migrazione di ritorno, allo scambio di idee e al commercio internazionale, alle rimesse e all'incentivazione degli investimenti in capitale umano nel Paese di origine. Tuttavia, se coloro che emigrano sono tra i più brillanti della forza lavoro o sono particolarmente inclini all'imprenditorialità, l'emigrazione potrebbe ridurre il potenziale di crescita del Paese e deprimere l'occupazione. Anche le forze demografiche potrebbero deprimere la creazione di imprese, dato che molti giovani lasciano il Paese: recenti ricerche dimostrano che i Paesi che invecchiano hanno una creazione di imprese in calo. Quale delle due forze prevale, almeno nel breve periodo?

Ci sono diversi ostacoli nello stabilire un effetto causale tra emigrazione e creazione di imprese. Il principale è la causalità inversa: dato che spesso le persone emigrano in risposta a condizioni economiche poco favorevoli, un minor numero di nuove imprese e una minore creazione di posti di lavoro potrebbero essere la causa, e non l'effetto, dell'emigrazione. In un recente lavoro, abbiamo stabilito un legame causale tra emigrazione e imprenditorialità facendo leva sulla variazione dei fattori che attraggono le persone all'estero, ma che non dipendono dalle condizioni dell'economia locale. Un importante fattore di attrazione è la presenza di una rete storica di concittadini del comune di origine nel Paese di destinazione, che fornisce informazioni e supporto per cercare opportunità di lavoro o di impresa al momento dell'arrivo. Un secondo importante fattore determinante è la condizione economica del Paese di destinazione rispetto ad altre potenziali destinazioni. L'interazione tra queste due variabili ci permette di costruire una misura delle forze di attrazione per ogni comune italiano, che difficilmente è correlata alle condizioni economiche locali attuali.

Secondo le nostre stime, per ogni 1000 emigrati tra il 2008 e il 2015 sono state create circa 36 imprese in meno all'anno. Questa fuga di imprenditori è particolarmente forte per le imprese create da persone di età inferiore ai 45 anni e per le startup innovative.
Un esercizio di decomposizione mostra che solo il 36% della fuga totale di imprese è dovuto al semplice effetto della riduzione della popolazione, mentre il 7% è dovuto al fatto che gli emigranti sono più giovani della media e il 10% alla loro composizione ad alto livello di istruzione. Il restante 47% dell'effetto di fuga delle imprese è dovuto al fatto che, indipendentemente dall'età e dall'istruzione, gli emigranti italiani hanno una probabilità molto maggiore di essere imprenditori rispetto alla media della popolazione.
I flussi migratori influenzano il Paese di origine attraverso vari canali. La maggior parte della letteratura economica recente ha enfatizzato le potenziali ricadute positive per i residenti, tra cui l'aumento dei salari e il riequilibrio dei mercati del lavoro se l'emigrazione avviene da Paesi con alta disoccupazione a Paesi con bassa disoccupazione. Questa ricerca mette in luce un nuovo canale sorprendentemente trascurato dalla letteratura, ovvero l'effetto deprimente che l'emigrazione ha sulla creazione di imprese. Sottolineiamo inoltre che il canale demografico è importante, soprattutto se a guidare l'emigrazione sono le generazioni più giovani e istruite. In un Paese come l'Italia, dove la crescita economica è estremamente lenta, il livello medio di istruzione è basso e la popolazione invecchia rapidamente, alti tassi di emigrazione possono innescare una potenziale spirale negativa che potrebbe esacerbare la stagnazione economica.
 

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