Il marketing? Non e' una tecnica di vendita, ma di conoscenza
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Il marketing? Non e' una tecnica di vendita, ma di conoscenza

DALL'ANALISI DEI DATI DI IMMAGINI E AUDIO, AL TEMA DEGLI NFT; DALLO STUDIO DI COME LE AZIENDE SI PRESENTANO SUL MERCATO AZIONARIO, AL MODO IN CUI I PARTITI E I POLITICI SI PRESENTANO AGLI ELETTORI: SONO TANTI I CAMPI DI FRONTIERA DI CUI SI OCCUPA IL MARKETING E CHE VENGONO STUDIATI PRESSO IL DIPARTIMENTO GUIDATO DA RUBERA, AMPLIFON CHAIR IN CUSTOMER SCIENCE

Social media, finanza, politica, pubblicità… il “menù” delle aree di ricerca del dipartimento di Marketing è quanto mai vario e ramificato, riflesso dell’ampiezza e della pervasività della disciplina. Sarà anche per questo che da quando esiste come materia autonoma di studio, marketing è una delle più frequentate dagli studenti e ambite dai laureandi per avviare la propria carriera in azienda. Paradossalmente non è stato così per Gaia Rubera, professoressa di Marketing e oggi direttrice del relativo Dipartimento in Bocconi oltre che titolare della cattedra Amplifon in Customer Science. “Per me non è stato amore a prima vista”, racconta la docente. “Da studente mi piaceva organizzazione, la scintilla per il marketing è scoccata dopo, durante il PhD in management e in particolare negli anni trascorsi in Usa. In Europa, ancora negli anni Duemila, la materia era considerata più qualitativa che quantitativa e questo ne svalutava la sua percezione; negli Usa era esattamente il contrario, era un campo di studio con applicazioni molto pratiche sulla vita di imprese e consumatori e una parte teorica in parte ancora da scrivere”.

Sono gli anni in cui crescono già i social media, non a caso primo terreno dei suoi studi. Come si sono evoluti gli studi in questo ambito?
Rispetto a quando ho cominciato io l’aspetto che è progredito maggiormente è la capacità di raccogliere dati diversi dai social. Oltre a dati numerici oggi siamo in grado di acquisire testi, analizzare immagini e persino dati audio. Dal punto di vista teorico abbiamo iniziato a farci domande nuove sui comportamenti dei consumatori e sul loro rapporto con i brand.

A questo proposito è nata in Bocconi una cattedra ad hoc, quella Amplifon in Customer Science.
Customer Science è una disciplina che punta proprio a capire il consumatore fotografandolo durante tutto il customer journey, dal primo momento in cui entra in contatto con l’azienda fino alla fine del viaggio che non corrisponde all’acquisto ma alla soddisfazione per il prodotto e al riacquisto. Come si fa a spostare il consumatore lungo questo itinerario, come trattenerlo, come personalizzare il dialogo con lui...

Chi voglia studiare marketing oggi deve essere un esperto di tecnologie?
Sì, nella misura in cui, per sapere che cosa possiamo chiedere alle tecnologie, dobbiamo conoscere come funzionano. Nel caso dei dati audio, per esempio, a lungo non abbiamo saputo che cosa farcene, ora invece abbiamo dei modelli di reti neurali che ci consentono di interrogarli e analizzarli per estrarre aspetti emotivi legati al rapporto cliente-azienda.

Quali sono oggi le frontiere del marketing, gli ambiti nei quali le ricerche hanno ancora tutto da scoprire?
A parte il tema dei dati di immagini e di audio, un tema nuovo è certamente quello degli Nft, i Non fungible tokens. Visti dal punto di vista del marketing, gli Nft sono un elemento che permette di dimostrare il proprio status in un ambiente digitale. Se nella realtà ci vestiamo con determinate griffe, quando avremo un avatar vorremo dotarli degli stessi abiti Nft. Non è molto diverso da quanto accade con il nostro profilo sui social, lo scegliamo, lo curiamo, lo modifichiamo per dare una prima immagine di noi agli utenti. Gli Nft saranno un’evoluzione di tutto questo e per le aziende sarà un mercato importantissimo. Altro tema sul quale nel dipartimento abbiamo investito è la Marketing-Finance Interface, ovvero come le aziende fanno marketing di sè stesse sul mercato azionario, come comunicano con analisti e investitori. È un’area di ricerca che promuove l’idea nuova che il marketing non sia solo diretto ai consumatori ma anche agli investitori. Sempre sulla stessa linea, un’altra area che sta emergendo è quella del Political Marketing, vale a dire studiare i partiti e i politici con gli stessi schemi teorici con cui studiamo le marche. Il Marketing sta allargando sempre più i suoi confini, coinvolgendo tutti gli aspetti della vita di un individuo.

Esistono ancora grandi scuole di marketing al di fuori degli atenei? Un tempo lavorare in P&G equivaleva a prendere un master…
Le aziende big tech costituiscono un osservatorio privilegiato sui consumi e hanno a disposizione una quantità di dati impressionante. Due anni fa, per esempio, LVMH ha stretto un accordo con Google per cedere la visibilità di alcuni dei propri dati; in quel momento Google è diventato potenzialmente una potenza della moda. E accade lo stesso in molti altri ambiti perché queste imprese hanno un database che potrebbe consentire loro di saperne più di chiunque anche nei rispettivi mercati.

Tuttavia, esistono ancora elementi di imponderabilità, dinamiche imprevedibili che guidano i comportamenti dei consumatori. È per questo che è nato il predictive marketing?
Rispondo con un esempio: qualche anno fa c’era una startup olandese che proponeva un algoritmo che, acquisendo i dati di vendita delle canzoni da Spotify, era in grado di predire se un nuovo brano avrebbe avuto successo o no. Il risultato delle prime prove fu diverso: l’algoritmo riusciva a individuare esattamente (nel 93% dei casi) le canzoni che non avevano avuto successo, mentre si dimostrava inaffidabile nel predire quali sarebbero state apprezzate. Questo capita perché il machine learning è sempre costruito sull’esperienza del passato mentre i gusti delle persone si modificano con i cambiamenti della cultura, delle sensibilità, della storia. I predictive analitycs sono un’attività di marketing interessantissima, ma non c’è niente di predittivo per come lo intendiamo noi. Non è possibile prevedere il futuro dei comportamenti dei consumatori perché le persone non sono robot. È un limite? Forse, ma è anche ciò che rende le nostre ricerche più stimolanti.

Con tutti questi elementi è facile immaginare che ancora oggi le aule di marketing siano le più affollate. L’appeal della disciplina sui giovani è sempre forte?
Sì, quando il marketing riesce a parlare di temi importanti per la società, riscuote sempre un grande interesse. Vedo molta attenzione, per esempio, quando in aula parliamo di disinformazione o di come con i social bot sia possibile influenzare le opinioni delle persone o quali messaggi possano aumentare i tassi di vaccinazione. I ragazzi di 20 anni di oggi non sono attirati dal marketing in quanto strumento per aiutare un’azienda a vendere più o meglio ma piuttosto come disciplina per capire alcuni problemi importanti per la società. Il marketing abbraccia un ambito più ampio di quanto normalmente si ritiene perché non è una tecnica di vendita, ma di conoscenza.


Biografia
Laurata in Economia aziendale in Bocconi, Gaia Rubera è professoressa di Marketing, Direttrice del Dipartimento di Marketing dell’ateneo e titolare della cattedra Amplifon in Customer Science. Le sue ricerche in questo settore sono cominciate durante il PhD in Economia Aziendale e Management trascorso in parte all’University of Southern California e poi a Michigan State. “Dovevo passare un semestre negli Stati Uniti, ci sono rimasta sei anni”, ricorda la docente. “In quella fase ho iniziato a interessarmi ai social media. Io avevo un profilo Facebook ma i miei studenti erano tutti su Twitter, che era nato da poco. Per seguirli ho iniziato a studiare il social media e mi è piaciuto al punto che ho cercato un’idea di ricerca che potesse comprendere il suo uso e la sua frequentazione. Il bello del marketing è proprio in questo aspetto, è una disciplina che consente ancora di trasformare le proprie passioni in materia di studio”.
 

di Emanuele Elli

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