Ricordare e' accogliere chi ha visto l'inferno
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Ricordare e' accogliere chi ha visto l'inferno

LA BOCCONI CELEBRA LA GIORNATA DELLA MEMORIA PER LE VITTIME DELLA SHOAH CON UNA SPECIALE GUIDA BIBLIOGRAFICA. PERCHE', COME SOTTOLINEA GIUNIA GATTA, ADJUNCT PROFESSOR DI FILOSOFIA POLITICA, RICORDARE TUTTI INSIEME E' COMPRENDERE E DARE UNA CASA A CHI E' SOPRAVVISSUTO

Memoria. Una parola fatta di mille sfumature. Quella legata alla Giornata della memoria è cupa, tetra, ha il colore della morte. Ma, guardando più in profondità, contiene anche il verde della speranza che tutto questo, proprio grazie alla memoria, non capiti mai più. Il 27 gennaio è la Giornata della memoria per le vittime della Shoah, che a Milano ha un luogo simbolo nel binario 21 della Stazione Centrale, nascosto nel seminterrato. Fu da lì, da quel binario adibito al caricamento delle merci, che vennero deportati migliaia di ebrei verso i campi di sterminio nazisti. E fu da lì che, il 30 gennaio 1944, lasciò Milano anche il treno che portò nell’inferno del lager di Ravensbrück Liliana Segre e il padre Alberto, bocconiano. Un tragico destino, quello della deportazione, comune anche a Nedo Fiano, lo scrittore bocconiano scomparso a 95 anni nel 2020 e a Giuseppe Pagano, l’architetto creatore della sede Bocconi di via Sarfatti 25 (in memoria del quale è stata posta, proprio all’ingresso dell’Università, una delle 70 mila pietre d’inciampo dedicate alle vittime dell’Olocausto).

“Ricordando, non avendo paura della memoria e ascoltando le testimonianze dirette, contribuiamo a costruire e dare una casa a chi è sopravvissuto”, spiega Giunia Gatta, adjunct professor di filosofia politica e diritti umani e revisore scientifico della speciale guida bibliografica curata in occasione della Giornata della memoria dalla Biblioteca dell’Università Bocconi.

Una raccolta di documenti e spunti di riflessione per mantenere viva l’attenzione e, ricordando, contribuire ad alleviare quel profondo senso di spaesamento che colpiva chi riusciva a tornare dai lager nazisti: ricostruire una vita, spezzata, in un mondo mai del tutto consapevole di quell’inferno. Quello stesso smarrimento che ha portato diversi tra i sopravvissuti, tra i quali gli scrittori Primo Levi e Jean Améry, a togliersi la vita.
Ma ricordare anche come arma contro l’indifferenza, quella parola che nel Memoriale della Shoah alla Stazione Centrale è scolpita a caratteri cubitali: “Ricordando tutti insieme”, continua Giunia Gatta, “facciamo in modo che nessuno più subisca la deumanizzazione che sta alla base di tutti gli eventi tragici come l’Olocausto”. E che comincia in maniera subdola e sottile: “Prima dei campi di concentramento, della soluzione finale, ci sono state le piccole discriminazioni, le umiliazioni e i soprusi e – attenzione – questo inizio di processo di deumanizzazione è ciò che vediamo tutti i giorni durante le emergenze umanitarie che ci toccano, come i profughi in arrivo in Italia”.  

di Andrea Celauro

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