OUTLOOK 2023
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DIECI INTERVENTI PER GUARDARE ALLE SFIDE DEL NUOVO ANNO. QUINTO CAPITOLO: LA POLITICA MONETARIA. PIU' ANCORA CHE AI TASSI DI INTERESSE, BISOGNA PENSARE ALLA SUA TRASPARENZA. LA RAGIONE E' CHE L'EFFICACIA DELLA POLITICA MONETARIA DIPENDE DALLA SUA CAPACITA' DI INFLUIRE SULLE ASPETTATIVE DI FAMIGLIE, IMPRESE E MERCATI. E TALE CAPACITA' E' LEGATA A SUA VOLTA AGLI ANNUNZI DELLA BANCA CENTRALE.

di Donato Masciandaro, professore di politica monetaria, Intesa Sanpaolo Chair in Economics of Financial Regulation

Tutti quelli che si interrogano sul futuro della politica monetaria in Europa e Stati Uniti hanno in mente una sola domanda: quale sarà lo spartito dei tassi di interesse? In realtà, il quesito essenziale è un altro: poiché l’efficacia della politica monetaria dipende dalla sua trasparenza, e per dirla con Shakespeare, prevarranno le allodole, che amano la luce, o gli usignoli, che preferiscono l’opacità?

Perché il tema della trasparenza sarà sempre cruciale nei mesi a venire?  Partiamo dal presupposto che l’obiettivo comune dei banchieri centrali sarà quello di tutelare la stabilità monetaria, minimizzando i rischi recessivi. In questo caso, tutti i banchieri centrali dovrebbero comportarsi da allodole.

La ragione è che l’efficacia della politica monetaria dipende dalla sua capacità di influire sulle aspettative di famiglie, imprese e mercati. Tale capacità è legata a sua volta agli annunzi della banca centrale. La politica di annunzio è buona se provoca l’effetto Ulisse: gli operatori credono alla banca centrale, e fanno quello che lei auspica. Esempio concreto: Draghi pronuncia nel luglio 2012 una frase, breve e generica, e provoca una reazione virtuosa: tutti credono che l’euro sia irreversibile.

L’importanza di avere annunzi con effetto Ulisse è un assioma che vale sempre, ma sarà particolarmente vero nel 2023, il cui il tratto dominante sarà l’incertezza. Le aspettative hanno bisogno di una politica monetaria che dia sicurezze, non che contribuisca ad aumentare l’instabilità.  Quindi deve esserci massima trasparenza sulla cosiddetta funzione di reazione della politica monetaria. Le banche centrali devono annunziare politiche dei tassi vincolanti, basate sulle loro previsioni macroeconomiche, ma sempre rivedibili, alla luce dei nuovi dati macroeconomici rilevanti.

Concretamente, facciamo l’esempio con Francoforte. Possiamo immaginare una BCE allodola, che annunzia un percorso almeno semestrale sui tassi e sulla liquidità, ed al contempo definisce quali sono i dati macroeconomici che verranno presi in esame per modificare, se opportuno, tale percorso.

All’opposto, possiamo avere una BCE usignolo, che non si vincola ad alcun percorso, e si trincera dietro la formula di prendere decisioni “dipendenti dai dati”, senza neanche specificare quali, seguendo il cosiddetto approccio “olistico”, che, per dirla in questo caso alla Monicelli, sembra solo una elegante “super-cazzola”. In questo caso la politica di annunzio diventa cattiva, in quando prevale l’effetto Delfi: la banca centrale offre informazioni che provocano negli operatori reazioni diverse da quelle desiderabili, perché la politica monetaria proposta non è convincente. Alla BCE è accaduto lo scorso settembre.
Christine Lagarde sembrava brancolare nel buio, mentre comunicava le scelte della BCE: una decisione sul presente di innalzare i tassi, ampiamente scontata, condita da parole vuote sul futuro. Più che dare un messaggio credibile, l’obiettivo è sembrato quello di tirare a campare. Nessuna meraviglia che l’effetto sui mercati sia stato negativo. La Fed non è messa meglio. In ottobre Powell pronuncia la scorsa settimana una frase della medesima lunghezza e genericità del “whatever it takes” di Draghi, ma il risultato è stato opposto: nessuno è sembrato credere che la FED sarà in grado di contenere l’inflazione senza creare rischi recessivi. L’annunzio di Draghi sta all’effetto Ulisse, come quello di Powell sta all’ effetto Delfi.

Sia la BCE che la FED stanno facendo gli usignoli. Magari dicendo che il mestiere del banchiere centrale è un’arte, dati i limiti dei modelli matematici. Che tristezza, sembra essere tornati indietro di un secolo e mezzo, quando la scienza economica era agli albori, ed i banchieri centrali erano burocrati dipendenti dai governi. Oggi sono autorità indipendenti, al servizio dei cittadini, con l’obbligo della trasparenza. Speriamo se lo ricordino. 

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