Il dottor pallavolo
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Il dottor pallavolo

ANDREA COALI E' DOTTORANDO IN BOCCONI E AL CONTEMPO ATLETA DI SPICCO. PERCHE' FARE UNA COSA SOLA, ANCHE AD ALTO LIVELLO, NON GLI BASTA

Da bambino amava il calcio, come tutti, e il basket. Poi, però, ha scelto la pallavolo. “E’ successo quando mio padre, avrò avuto 13-14 anni, mi ha portato a vedere una partita. Sono rimasto molto colpito”.  Andrea Coali (foto di apertura di Roberto Peli), 29 anni, di Trento, è oggi dottorando presso il Dipartimento di management e tecnologia dell’Università Bocconi e, al contempo, centrale del Volley 2001 Garlasco, squadra che ha appena raggiunto la salvezza nel campionato di A3. “L’obiettivo che ci eravamo prefissati visto che siamo una neopromossa dopo la  vittoria in serie B della scorsa stagione”, racconta Andrea, che fa un passo indietro.
“A Trento c’è il calcio, come dappertutto in Italia, ma anche una radicata tradizione nel basket e nel volley. Il Trentino Volley, in particolare, manda in giro per le scuole i propri scout in cerca di prospetti interessanti. Io alle medie ero già molto alto e mi hanno invitato per un provino”. Che è una folgorazione, per lui e per la squadra. Andrea compie tutta la trafila nelle giovanili (culminata, nel 2011, con lo scudetto nel campionato Under 20) e nel contempo studia: prima il liceo scientifico, poi la laurea triennale, scienze politiche a Trento. Con passione, ma anche con qualche difficoltà. “Il vero esordio nel volley che conta è stato a San Giustino, in Umbria. Campionato di A1, cioè il massimo”.
Lo studio non proprio messo da parte, ma relegato ai periodi in cui gli impegni agonistici rallentavano. Perché conquistare la A1 è difficile, ma rimanerci di più, se non fai solo quello. E Andrea non ha mai voluto fare solo l’atleta. “Il mio lato razionale ha preso il sopravvento”, racconta, “la pallavolo non è il calcio, tranne rarissimi casi non puoi, dopo la carriera agonistica, ritirarti e vivere di rendita. Ma questo è solo uno dei motivi. L’altro, non meno importante, è che a me non piace fare solo una cosa per volta e la prospettiva di una carriera accademica, sia nell’insegnamento sia nella ricerca, è davvero stimolante. Almeno quanto la pallavolo”.
A queste conclusioni Andrea Coali non è arrivato improvvisamente. Tra il conseguimento della laurea triennale e l’inizio del dottorato ci sono molte cose. Le sintetizza così: “Per quanto riguarda il volley, mi sono riavvicinato a casa. Prima a Verona, in A1, poi a Bolzano, in B1. Nel 2015 arrivo in Bocconi, dove mi iscrivo a Economic and Social Sciences, giocando nel contempo in B, proprio a Garlasco. Mi trasferisco in Svezia per un periodo di scambio, e mi tengo in forma allenandomi con una squadra locale. Quindi”, continua Andrea, “dopo una stagione nella squadra della Bocconi, che allora disputava la serie B, nel 2017/2018 un’esperienza di lavoro alla Banca Europea degli Investimenti in Lussemburgo, dove gioco nella serie A locale, vincendo lo scudetto con il Fentange”.

Il resto è cronaca. Alcune esperienze di lavoro e poi la decisione di dedicarsi alla ricerca: “La carriera accademica ha un’incertezza positiva, il dottorato rappresenta una sfida, un’opportunità di crescita. Mi occupo di processi decisionali in ambito manageriale, un argomento che ha una stretta connessione con il mondo aziendale. Si tratta di una ricerca che ha implicazioni pratiche. E poi c’è la parte di insegnamento, che mi appassiona”. La pallavolo però rimane. Ogni anno, dice, potrebbe essere l’ultimo. Ma intanto continua. “E’ il mio hobby, la mia risorsa antistress. Un momento di distensione. Si tratta di due attività agli antipodi, ma che rispecchiano i due lati del mio carattere. E poi, ne sono convinto, chi fa sport, soprattutto di squadra, ha una marcia in più. Qualunque cosa faccia”.

di Davide Ripamonti

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