Un antieroe in furgone. Al confine ucraino per portare speranza
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Un antieroe in furgone. Al confine ucraino per portare speranza

RICCARDO CAVANNA, ALUMNUS BOCCONI, E' PARTITO INSIEME AD ALTRE QUATTRO PERSONE CON MATERIALE PER UN CENTRO DI RACCOLTA TRA POLONIA E UCRAINA E NE E' TORNATO CON OTTO PERSONE IN FUGA DALLA GUERRA

Riccardo tiene a precisarlo: “Non chiamatemi eroe. Ho solo guidato fino in Polonia e sono tornato indietro. I veri eroi sono quelli che entrano in Ucraina e vanno a portare gli aiuti proprio dentro la guerra”. Eroe no, magari, ma volenteroso di sicuro. Perché Riccardo Cavanna, 51enne imprenditore di Novara e alumnus Bocconi, non si è limitato a seguire attonito, come tutti, le notizie dell’invasione russa in Ucraina, ma si è si è subito rimboccato le maniche e si è attivato per portare aiuto alla popolazione.

Il là lo ha dato il messaggio di un cliente e amico che in Ucraina ha una fabbrica di biscotti: “Non riuscivo a contattarlo, poi mi scritto che la situazione era difficile, che stavano destinando parte della loro produzione ai soldati al fronte, ma che la popolazione aveva bisogno anche di altro: generatori, medicine, attrezzature mediche”. Così Riccardo si mette in moto: coinvolge dapprima gli amici, i colleghi dell’associazione di alumni Bocconi Leva89 di cui è tra i fondatori (e che ha già raccolto più di 6 mila euro da destinare alla popolazione ucraina), poi una cerchia sempre più ampia e che abbraccia anche il moto club di Novara e i cittadini del quartiere Rizzottaglia nel quale vive.

Nel giro di poche ore, tra sabato 26 e domenica 27 febbraio, sono in tanti ad adoperarsi per l’operazione: “Abbiamo fatto base nel mio garage. Grazie al supporto del quartiere abbiamo raccolto altri soldi e vestiti, abbiamo avuto in regalo da un’azienda locale un generatore e il moto club di Novara ci ha messo a disposizione due furgoni da otto posti”.

Venerdì 5 marzo, la partenza. Nei due furgoni ci sono cinque persone: due membri del moto club, “che hanno voluto unirsi a noi” e Riccardo con due amici, Matteo Patriarca e Martino Graziano. La destinazione è un centro di raccolta in Polonia, al confine con l’Ucraina.

Durante la strada, fermandosi per la notte in Slovenia, hanno il primo assaggio del dramma della guerra: “L’albergo dove ci siamo fermati stava fornendo assistenza ai primi profughi. C’era una donna con due bambini piccoli, il volto tirato per la paura, ma una dignità così grande da farle accettare gli aiuti con fatica”.

Non era però l’unica tappa della missione. “In Italia, prima di partire, siamo entrati in contatto con una rete che sta organizzando trasferimenti di persone dall’Ucraina. Dopodiché, attraverso il sindaco di Novara, ho contattato un prete che si sta occupando dell’aiuto alla comunità ucraina”. Una volta creata la rete, l’idea era di scaricare il materiale al punto di raccolta e poi recarsi in un’altra città di confine, a due ore da Przemyls, per andare a prendere 8 persone da portare in Italia.

Un viaggio di ritorno difficile e non solo per le incognite della trasferta: “Erano quattro donne, con due adolescenti e due bambine. È stato un viaggio drammaticamente silenzioso: nonostante una delle donne avesse vissuto 8 anni in Italia, non parlava. Abbiamo saputo che aveva ancora una figlia intrappolata nell’assedio di Mariupol ed era terrorizzata”. Il peso della guerra si allenta un poco solo all’arrivo, quando quella stessa donna si lascia andare ad un grande abbraccio. “Nei giorni successivi le bambine mi hanno mandato dei messaggi di ringraziamento, sono state tenerissime”, racconta Cavanna. “Adesso parte del gruppo è a Verona, parte è stato accolto a Verbania”.

Un viaggio concentrato in poche ore, andata e ritorno dalla Polonia quasi senza sosta. Riccardo, Matteo e Martino non hanno avuto modo di approfondire la situazione. Ciò che hanno visto, nel luogo dove hanno incontrato il gruppo, “Erano migliaia di persone in arrivo, decine di pullman, una gran confusione”. E, hanno scoperto durante il viaggio, anche diversi sciacalli pronti ad approfittare della situazione: “La donna che abbiamo conosciuto in Slovenia chiedeva se avesse dovuto pagare. Abbiamo saputo che c’è chi offre questi viaggi verso l’Europa a 150 euro”.

Con la sua attività di imprenditore, Riccardo conosce bene l’Ucraina. “Avevo e ho diversi clienti nel paese. Ero a Kiev all’indomani delle proteste di Piazza Maidan nel 2014. In aereo, arrivando, avevo incontrato l’inviato de La Stampa Domenico Quirico. Gli chiesi se mi dovevo preoccupare, lui mi rispose ‘Lei conosce la mia storia, se sono qui è perché la situazione è critica’. In quello stesso viaggio ho incontrato altri clienti e ho percepito quanto già allora fosse un popolo diviso in due. In questi giorni ho un cliente filo-russo che mi scrive per raccontarmi la sua verità e un altro, dal fronte opposto, che mi scrive da sotto le bombe”.

Tornando al loro viaggio, Riccardo ribadisce di non sentirsi speciale: “In fondo, abbiamo solo guidato”, dice, “è stata una zingarata tra amici”. Una zingarata che, però, ha aiutato molte persone. “Dovevo fare qualcosa che non fosse un semplice click su Paypal”, conclude. “E stare a casa a disquisire di geopolitica sui social è troppo facile”.

di Andrea Celauro

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