Gli acquerelli che dipingono l'anima infuocata del jazz
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Gli acquerelli che dipingono l'anima infuocata del jazz

UN LIBRO E UNA MOSTRA DI SEVERINO SALVEMINI, PROFESSORE DELLA BOCCONI, RACCONTANO IN 120 DIPINTI I PROTAGONISTI DELLA MUSICA

Centoventi opere ad acquerello nate quasi per caso, come “personale terapia antagonista al coronavirus” durante i lunghi mesi di lockdown del 2020: sono i volti noti e meno noti del jazz, “con qualche incursione eterodossa”, ritratti dalla mano di Severino Salvemini, professore di organizzazione aziendale alla Bocconi, e appena raccolti in un volume, Jazz Frames (Skira, 2021), e in una mostra dallo stesso titolo (aperta fino al 31 di ottobre all’Adi Design Museum).

Dopo i dettagli di Prego, farsi riconoscere al citofono, lo sguardo sui paesaggi abbandonati di Fantasmi urbani e dopo Ruggine, il professore della Bocconi si concentra su una delle sue passioni, la musica jazz, per cristallizzarla su carta attraverso la riproduzione a pennello di scatti fotografici di musicisti. Una mostra che “è frutto di una tripla contaminazione”, racconta Salvemini. “La musica jazz, l’acquerello e il framing. Tre ingredienti, in parte tra loro anche contradditori. Innanzitutto, i miei musicisti preferiti - non certo la storia della musica jazz - incluso qualche artista che magari farà arricciare il naso ai puristi. Una musica imperfetta, un po’ sghemba e sporca, con scarti di lato e un mix di swing e di saudade”. Poi l’acquerello, “con l’acqua che scappa da tutte le parti e i contorni che non trattengono, ma con le tinte su tinte più dolci e aggraziate possibili”. Infine, la prospettiva, il frame, l’inquadratura: “Un taglio fotografico che mette sotto controllo i primi due aspetti, un po’ anarchici”.

Forse ancor più che con i suoi lavori precedenti, con le opere di Jazz Frames Severino Salvemini mette a nudo la sua anima: “Questo libro in filigrana sono io”, commenta. “Un perenne tentativo di controllare razionalmente ciò che deve essere lasciato andare. Una battaglia continua tra il rischio di errare e il desiderio di non sbagliare, convinto però che la vita sia troppo corta per essere vissuta solo con la testa e non invece anche con la pancia. Che evitare l’imperfezione sia un po’ evitare la piena esistenza”.
 
 

di Andrea Celauro

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