La SDA? Una grande opera lirica
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La SDA? Una grande opera lirica

IL NOME DI UNO DEI CAPOLAVORI DI GIUSEPPE VERDI, AIDA, PRESO IN PRESTITO PER ILLUSTRARE AI VALUTATORI I PUNTI DI FORZA DELLA SCUOLA. LO RICORDA BRUNO BUSACCA, DIRETTORE DELLA SDA DAL 2012 AL 2016

“Un modo per rendere la SDA riconoscibile nel mondo? Ispirarsi all’Aida”. Sì, proprio il capolavoro di Giuseppe Verdi. E se per Bruno Busacca e la sua squadra era soprattutto un acronimo teso a esaltare i punti di forza della Scuola (Ambidexterity, Internationalization, Development, Accountability), la scelta del nome a cui ispirarsi, un’eccellenza della cultura italiana, non era affatto casuale. “Anzi, la cosa piaceva molto ai vari accreditatori che dovevano valutarci”. Busacca è stato dean della SDA dal 2012 al 2016, e come tutti coloro che l’hanno preceduto e che lo seguiranno, ha ereditato una mission: “Valorizzare il grande lavoro fatto dai direttori prima di me e lasciare al successore una scuola ancora migliore”.

Il periodo in cui Busacca ha preso in mano le redini della Scuola non era però dei più facili: “Erano gli anni che seguivano la grande crisi economica internazionale causata da Lehmann, con le imprese restie a investire. Questo ci costringeva, soprattutto agli inizi, a grandi sforzi di fantasia per attirare iscritti ai nostri corsi. Però l’abbiamo superata bene. Il segreto? Saper proporre un’offerta talmente diversificata che per forza, nonostante la crisi, avevamo il prodotto giusto per tutti”. E di qualità, val la pena di aggiungere. Perché Bruno Busacca si è trovato a dover gestire la conferma di un ambito traguardo che SDA aveva raggiunto negli anni precedenti, la cosiddetta Tripla Corona. “Si tratta dell’accreditamento  presso i tre principali enti”, spiega Busacca, “Equis, Amba e AACSB. Un onore che riguarda poco più di 50 scuole nel mondo e che era il frutto della nostra repentina scalata nei più prestigiosi ranking internazionali. Ma anche un onere, perché si trattava di una grande responsabilità”.

Molti sono i personaggi di prestigio passati nelle aule della SDA e gli eventi a essi legati negli anni in cui l’ha guidata. Busacca ne ricorda in particolare tre: “Andrea Illy, le nostre lunghe chiacchierate quando era presidente di Alta Gamma, ma anche Jean-Michel Blanquer, allora presidente di Essec ma poi anche ministro dell’educazione nazionale del governo francese, con il quale abbiamo dato il via all’Executive Master in Luxury Management, un programma itinerante con moduli in varie città del mondo.  Infine”, continua Busacca, “un ricordo che mi fa ancora sorridere, quando io e l’allora consigliere delegato Bruno Pavesi ripassavamo febbrilmente il protocollo in attesa dell’arrivo dei reali di Norvegia”.
Il futuro della formazione sarà improntato al cambiamento, un cambiamento in qualche modo accelerato dalla pandemia ma che si cominciava a intravedere anche prima. Busacca lo immagina così: “Verrà adottato sempre più un modello didattico ibrido e integrato, con la finalità di mantenere l’interazione in aula ma solo per attività ad alto valore aggiunto, come per esempio le sperimentazioni. Un’altra grande area sarà quella della long life learning, uno sviluppo continuo delle competenze a partire dalla scuola undergraduate, con il coinvolgimento degli alumni e delle imprese, che dovranno dirci quello che vogliono. Alla Scuola toccherà guidare i propri allievi verso le sfide del futuro”.
 

di Davide Ripamonti

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