Digitale, ambassador e nuovi mercati. Cosi' la storia si rinnova
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Digitale, ambassador e nuovi mercati. Cosi' la storia si rinnova

IN UN MOMENTO IN CUI LA PANDEMIA STA DANDO UNO SCOSSONE ANCHE AL SETTORE VITIVINICOLO, L'ALUMNUS BOCCONI E GENERAL MANAGER DI MARCHESI DE' FRESCOBALDI, FABRIZIO DOSI, CON UN PASSATO DA PROFESSIONISTA NEL MARKETING DI GRANDI AZIENDE, RACCONTA LE SCELTE STRATEGICHE PER SVILUPPARE L'AZIENDA OLTRE L'EMERGENZA

L’imperturbabilità delle vigne al contesto pandemico non tragga in inganno: nel mondo del vino c’è un gran fermento, e non solo tra i lieviti nei tini. Dalle trasformazioni imposte dal digitale all’apertura delle frontiere di nuovi mercati alle istanze legate all’emergenza sanitaria ed economica, la storia bussa alla porta delle cantine. Non stupisce, dunque, che una realtà abituata ad attraversare i secoli come Marchesi de’ Frescobaldi si sia attrezzata attingendo all’esperienza di un manager come Fabrizio Dosi, formatosi come studente e giovane professionista del marketing in Bocconi e da qui arrivato ai vertici di aziende come Bulgari, Armani, Illycaffè, per ricoprire il ruolo di Direttore generale e riorganizzare l’azienda per le nuove sfide.

Arrivando da settori così diversi, qual è stato il suo primo approccio con il vino?
Innanzitutto, mi sono messo in ascolto e in modalità osservazione, perché qui in azienda ci sono professionisti molto validi in tutti i ruoli da cui imparare. E poi col tempo ho cercato di portare la mia esperienza per definire un nuovo piano strategico. Il primo passo è stato quello di focalizzarci sui core products e sui 10 principali paesi più il travel retail: questa scelta strategica ha portato immediatamente risultati importanti, soprattutto su prodotti chiave come il Brunello di Montalcino ed il Chianti Classico, che hanno registrato crescite esponenziali. Altri obiettivi prioritari sono stati la creazione di sinergie tra le diverse aziende del gruppo, per esempio ottimizzando la stessa rete distributiva, e la definizione di una strategia per presidiare meglio il territorio. Per questo abbiamo anche rivalutato il ruolo della forza vendita sul territorio, trasformando i nostri ambassador in veri e propri manager, preparati non solo sul prodotto ma anche sul marketing e sulle vendite, con piena responsabilità del business. Inoltre, abbiamo sviluppato le funzioni di marketing intelligence per conoscere meglio i mercati, tracciare i modelli di business dei diversi paesi, realizzare analisi di pricing e value chain. In questo modo siamo stati in grado di dialogare in modo più costruttivo con i nostri importatori e distributori.

Quest’ultimo anno ha dimostrato il contributo che il digitale può dare anche alle cantine. Quali le iniziative su cui vale davvero la pena investire?
I social per la comunicazione sono fondamentali, ma sono tante le nuove tecnologie che si possono sfruttare. Noi, ad esempio, abbiamo creato dei tour virtuali con visori 3D, al fine di poter visitare le nostre tenute e le nostre cantine anche quando non è stato possibile. E poi c’è l’e-commerce che potenzialmente ha un ruolo decisivo: nei primi tre mesi di quest’anno abbiamo avuto una crescita dell’online del 300% di vendite rispetto al 2020. A questo proposito la nostra scelta è di lavorare con i siti dei nostri partner e non di sviluppare un e-commerce diretto: non vogliamo entrare in concorrenza con il nostro trade, ma supportarlo per sviluppare il loro business online.

Anche su WeChat, il social di riferimento per la Cina, ha debuttato un profilo di Frescobaldi. Il futuro è cinese anche nel vino?
L'Asia è importantissima e la differenza nelle esportazioni che c'è, ancora oggi, fra Italia e Francia si costruisce proprio qui. Qualcuno dice che Merlot e Cabernet incontrano di più i gusti dei palati cinesi ma forse è anche vero che questa preferenza si è formata col tempo e sui prodotti più conosciuti. Il Sangiovese deve recuperare terreno ma dobbiamo farlo lavorando con le loro modalità e sensibilità, costruendo un’immagine affidabile e poi cercando un posizionamento chiaro e ben definito, perché in quel mercato non c’è spazio per prezzi differenti o etichette non chiare. La Cina diventerà sempre più importante nel mondo del vino, ma continueranno ad avere un ruolo rilevante i mercati tradizionali, come quello europeo e quello americano, dove vi sono molti collezionisti, wine connoisseurs e wine lovers.

A proposito di Horeca, quanto vi è mancato questo canale nell’ultimo anno?
Tantissimo naturalmente, anche se abbiamo cercato di mantenere il più possibile i contatti e di essere solidali con gli agenti garantendo le provvigioni e facendo offerte flessibili alla rete in modo che potessero acquistare comunque le annate per le loro library.

In compenso è cresciuto molto il ruolo della GDO
Vero. Qui per noi la strategia è stata quella di crescere senza ricorrere a promozionalità per non snaturare alcuni prodotti, ma cercando comunque di soddisfare una domanda in crescita. Abbiamo investito dunque in alcuni prodotti ad hoc, come per esempio il Brunello di Montalcino ed il Chianti Classico, che mantengono la qualità a un prezzo adeguato al contesto.

Lei che, per ruolo, è chiamato a programmare, come vive la variabile indipendente legata al clima e alla qualità delle annate?
Le professionalità presenti nelle aziende vinicole sono la miglior garanzia del risultato in bottiglia e riescono a ridimensionare molto l’impatto del clima sulla qualità. Può risentirne invece la quantità, come per esempio è capitato con l’annata 2017. In questo caso una pianificazione di lungo termine può consentire di gestire l’emergenza attivando soluzioni alternative; tornando all’esempio del 2017, noi in Frescobaldi abbiamo ricavato lo stesso budget anche con meno prodotto lavorando di più con i collezionisti e fidelizzando maggiormente i clienti.
 
Biografia
Milanese, 51 anni, Fabrizio Dosi è COO della cantina toscana Marchesi de’ Frescobaldi. Laureato in Economia aziendale con specializzazione in marketing, in Bocconi è stato anche per tre anni docente in SDA. “In tutti gli anni trascorsi in via Sarfatti ho apprezzato molto la vicinanza tra quanto avveniva in aula e il mondo delle aziende, un aspetto tutt’altro che scontato allora e che mi ha lasciato anche una preziosa abitudine, quella di continuare ad aggiornarmi e a cercare connessioni tra le ricerche e l’applicazione sul campo”, ricorda il manager. “Per un certo momento la mia ambizione era stata quella di restare ad insegnare, poi ho fatto un passaggio in consulenza e da lì è cominciato il mio percorso nelle aziende”. Un viaggio che ha portato Dosi ad affrontare settori diversi, dalla telefonia mobile di Blu alla gioielleria di lusso di Bulgari, da Armani a Illycaffè, con ruoli di crescente responsabilità. E ora il vino. “Sì, è un nuovo settore, diverso da tutti gli altri, ma questo non mi spaventa, anzi, mi stimola”, conclude. “Perché da maestri come il presidente Lamberto Frescobaldi o l’ad Giovanni Geddes anch’io ho solo da imparare

di Emanuele Elli

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