La presidente
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La presidente

HA GUIDATO L'UNIVERSITA' PER VENTICINQUE ANNI, TRA IL 1932 E IL 1957, PROMUOVENDO L'INTRODUZIONE DI INNOVAZIONI COME GLI SCAMBI CON L'ESTERO E LE BORSE DI STUDIO PER LAUREATI. DONNA JAVOTTE BOCCONI SI RACCONTA IN QUESTA INTERVISTA IMMAGINARIA

C’è un nome, oltre a quello di Luigi e Ferdinando Bocconi, che risuona molto familiare a chiunque frequenti l’Ateno di via Sarfatti 25: quello di Donna Genoveffa Yvonne Manca di Villahermosa, detta Javotte. Moglie di Ettore Bocconi, fratello di Luigi – alla cui memoria il padre Ferdinando dedicò l’istituzione dell’Università nel 1902 – Donna Javotte Bocconi svolse un ruolo chiave nello sviluppo dell’Ateneo dopo la morte del marito. A partire dal 1932 e fino al 1957, guidò ininterrottamente la Bocconi per venticinque anni in qualità di presidente.

Oggi, nell'ambito delle iniziative #WomenMatter e in vista della Giornata internazionale della donna, abbiamo voluto raccontare Donna Javotte in un modo inconsueto, immaginando che sia lei stessa a parlare per sé. Ne è nata un’intervista che sfida le pieghe del tempo, realizzata grazie all’aiuto della ‘memoria storica’ dell’Università, il professor Marzio Romani.

Genoveffa Yvonne Manca di Villahermosa Sanjust, buonasera. Confesso di essere un po’ intimidito in sua presenza
Per carità, si rilassi, giovanotto. E mi chiami Donna Javotte, che Genoveffa Yvonne è troppo lungo.

D’accordo, Donna Javotte. Cominciamo dall’inizio. Dove e quando è nata
Cagliari, 8 ottobre 1879. La mia era una famiglia dell’antica nobiltà sarda: mio padre era il marchese Enrico Manca di Villahermosa e mia madre Caterina Sanjust di Teulada Ripoli.

Non si sa molto della sua infanzia e della sua adolescenza. Le cronache storiche iniziano a menzionarla quando sposa Ettore Bocconi
Cosa vuole che le dica, erano altri tempi. La storia che mi lega alla Bocconi comincia proprio con quella data, il 6 settembre 1906. Come sa, pochi anni prima, nel 1902, mio suocero Ferdinando Bocconi, l’imprenditore che aveva introdotto i primi grandi magazzini a Milano e in altre città (si chiamavano “Alle città d’Italia”), aveva creato l’Università Bocconi alla memoria di mio cognato Luigi. Mio marito ne divenne presidente a metà degli anni Dieci. Nel frattempo, nel ’17 vendette i grandi magazzini a Ettore Borletti (che li trasformò in quella che oggi è la Rinascente) e nel ’19 divenne senatore del Regno d’Italia. Poi, nel 1932 morì improvvisamente e fu in quel momento che io dovetti prendere la decisione.

Quale?
Di assumere su di me la responsabilità della Bocconi. Ero l’unica erede rimasta della famiglia.

È stato l’inizio di un percorso durato venticinque anni, dal ’32 al ’57. Un periodo in cui sono state gettate le base della Bocconi di oggi
La mia idea era chiara, ma non potevo fare tutto da sola, né avevo le competenze necessarie. Ho scelto di attorniarmi di persone che condividessero la mia visione. Tra queste, Giovanni Gentile, che chiamai alla vicepresidenza, Calogero Tumminelli, che nominai amministratore delegato, e Girolamo Palazzina, che confermai alla guida dell’apparato amministrativo.

Ma non si fermò qui
No. Intendevo anche onorare la memoria di mio marito con la creazione di una fondazione scientifica e, cogliendo le spinte che in quegli anni intendevano far recuperare spazio alla teoria economica rispetto alle discipline più di stampo aziendale all’interno dell’Università, accolsi l’idea di Gentile, Sraffa, Del Vecchio e Palazzina di creare un Istituto di alta cultura economica intitolato a Ettore Bocconi.

Ne nacque così l’Istituto di alti studi economici Ettore Bocconi, ovvero l’attuale Dipartimento di economia. Che portava con sé anche altre innovazioni, vero?
Il progetto prevedeva l’insegnamento di docenti italiani e stranieri, scelti preferibilmente al di fuori dell’Università, di modo tale da rafforzare anche il carattere internazionale della Bocconi, quella che oggi chiamereste ‘internazionalizzazione’. E prevedeva che i titolari degli insegnamenti “non facessero esclusivamente né principalmente lezioni cattedratiche e non fossero legati ad un orario uniforme ed immutabile; ma dovessero durante un certo periodo di tempo conservare contatti personali con gli studenti e dirigerli individualmente nei loro studi”. Insomma, se non era modernità questa…

Alla fine degli anni Trenta nasce l’esigenza di una nuova sede, perché quella di Largo Treves non era più adeguata
Sì, fu un tira e molla piuttosto lungo con le autorità cittadine. Alla fine, nel 1938, cominciarono i lavori per il nuovo plesso disegnato dall’architetto Giuseppe Pagano, sui terreni della ex fabbrica del gas di San Celso.

Dopo la guerra, negli anni Cinquanta, l’ultima fase della sua presidenza. Vorrei parlare di due date: il 1951 e il 1957
La prima è la data in cui è nata l’Associazione Amici della Bocconi, su iniziativa di alcuni laureati tra i quali Alessandro Croccolo (presidente dell’Alub, l’Associazione che riuniva i laureati Bocconi e che era attiva dal 1906). Il fine era di offrire un concreto supporto all’alma mater, restituendo idealmente quell’aiuto offerto a ogni neolaureato per raggiungere posizioni di prestigio, secondo quanto aveva stabilito Leopoldo Sabbatini. Il primo rettore e presidente della Bocconi, era stato molto chiaro sul fatto che l’Università non esaurisse il suo compito con la laurea del discente, ma che dovesse restare al suo fianco con l’impegno di realizzare pienamente il rapporto tra scuola e vita. L’Associazione, di cui fui nominata fin dall’inizio presidente onorario, avrebbe promosso “gli scambi culturali in discipline economiche fra la Bocconi e Università o Enti esteri, nonché scambi di professori, laureati e studenti” e avrebbe creato anche due borse di studio da conferire “a laureati della Bocconi che intendano perfezionare la propria preparazione professionale mediante soggiorno all’estero”.

Ecco, le borse di studio. So che oggi ce ne sono due destinate alle ragazze
L’Istituto ha deciso di sostenere due studentesse per l’anno 2021/2022, una per i corsi che oggi chiamate ‘undergraduate’ e l’altra per i corsi di laurea magistrale. Mi hanno detto che il fondo che sostiene le borse si chiama “Donna Javotte Women’s Scholarship Fund”. Non posso che esserne lusingata.

La seconda data che vorrei ricordare è invece quella della fine del suo mandato
Sì, nel 1957 decisi che era giunto il momento di congedarmi dalla presidenza dell’Università, alla quale lasciai anche i miei beni affidandone l’amministrazione all’Associazione, che avrebbe assunto il nome di Istituto Javotte Bocconi Manca di Villahermosa – Associazione Amici della Bocconi. All’Istituto legai anche le prerogative che la famiglia Bocconi si era riservata, ovvero quelle di nominare sia il presidente che nove dei diciannove membri del Consiglio di amministrazione.

Sviluppo di tutte le anime dell’Università, promozione dei primi scambi all’estero (oggi le chiameremmo internship), internazionalizzazione, promozione della comunità degli alumni: il bilancio dei suoi venticinque anni da presidente è di assoluta modernità
Ho fatto del mio meglio e mi sono attorniata delle persone giuste. Sa, a quei tempi non era facile per una donna farsi valere. Ma se oggi la Bocconi è un’eccellenza nel mondo è forse grazie anche alla visione di una donna degli anni Trenta.

di Andrea Celauro

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