Ripartiamo dal purpose
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ENGAGEMENT SUI VALORI E SUGLI OBIETTIVI DELLO STARE INSIEME, AGGIORNAMENTO CONTINUO, MENTORSHIP E SOLIDARIETA' TRA LE GENERAZIONI. SILVIA CANDIANI, COUNTRY GENERAL MANAGER DI MICROSOFT ITALIA E PRESIDENTE DELLA BOCCONI ALUMNI COMMUNITY, RACCONTA LA SUA VISIONE DI COME RENDERE UNA COMUNITA' FORTE ANCORA PIU' FORTE

Sta tutto nel purpose, nello scopo. Obiettivo primo di chi guida una community – così come di chi guida un’azienda – è riuscire in quell’impresa di ispirare le persone, del renderle consapevoli dell’obiettivo comune. Ne è convinta Silvia Candiani, country general manager di Microsoft Italia, che dallo scorso ottobre è anche presidente della Bocconi Alumni Community. Laureata nel 1993 in International finance, si racconta proprio a partire dai suoi anni in via Sarfatti.

Che studentessa era Silvia Candiani?­­
Un’entusiasta. La Bocconi permette di spaziare tra tante esperienze diverse, sia in termini di corsi che di varietà di studenti, ma, allo stesso tempo di viverle in un clima raccolto. Frequentavo molto l’università ed ero curiosa: mi sono laureata in finance, ma nel mio corso di studi ho studiato anche marketing e sono stata in scambio alla Wharton School (University of Pennsylvania), dove mi sono confrontata con gli studenti dell’Mba. Di fatto, mi sono laureata in tre anni e mezzo e da statistiche dell’Università è emerso che ero nel top 1% degli studenti. Ero un po’ secchiona, mettiamola così.

Cosa le ha lasciato la Bocconi?
L’apertura verso il mondo. Io venivo da un ambiente molto milanese, tradizionale, mentre in Bocconi ho incontrato persone di tutto il mondo. La Bocconi ha radici italiane ma un’anima internazionale e questo è stato molto importante per me. E ho apprezzato l’aspetto molto pragmatico, il suo essere molto vicina al mondo del business, con lo studio di casi concreti e la presenza delle aziende on campus. Se si è curiosi, si può davvero capire come funziona il mondo reale.

C’è un insegnamento che sente le sia stato particolarmente utile per lo sviluppo della sua carriera professionale?
Ho amato molto gli insegnamenti più quantitativi, l’approccio scientifico ai problemi economici. Questo è un metodo che ti permette poi di affrontare tematiche complesse nel mondo del lavoro in maniera strutturata e organizzata. L’approccio scientifico ai problemi mi è servito molto nel mio lavoro.

McKinsey, Vodafone e poi, dal 2010, Microsoft. Quando ha scelto di dedicarsi al mondo dell’innovazione?
Con McKinsey ho avuto modo di conoscere aziende e temi diversi e capire cosa mi piacesse. Poi è cominciato tutto con quella che allora era ancora Omnitel: una startup, un’avventura imprenditoriale entusiasmante in cui tutto era ancora da costruire (e che poi ha avuto un successo enorme). Lì, tra l’altro, ho capito che mi piacciono gli ambienti stimolanti, quelli in cui ogni giorno bisogna inventarsi il successivo, in cui il futuro è da costruire. Peraltro, questo tipo di aziende sono meritocratiche per definizione, perché non c’è garanzia del successo se non la propria capacità. Sono ambienti in cui c’è la possibilità di mettersi alla prova e quindi svilupparsi.

Che sfida è guidare il branch italiano di un’azienda così importante?
Una grande opportunità e una grande responsabilità. Oggi il digitale è al centro della trasformazione di tutti i settori in tutti i paesi. Riuscire nella nostra missione di dare alle aziende gli strumenti per esprimere a pieno con la tecnologia tutto il loro potenziale è una grandissima soddisfazione. Aumentarne la resilienza (come in questo periodo di pandemia) e accelerarne la crescita e quella del paese è una responsabilità. Ciò che differenzia Microsoft da altre imprese è questa missione di supporto e non di competizione con le aziende. Come manager e leader, ciò che mi chiedo è sempre come andare più veloce: se facciamo 10, nella società che ci circonda c’è una fame di tecnologia (e di supporto) che vale per 100. Quindi, cerco meccanismi per poter moltiplicare ciò che facciamo, per esempio creando alleanze con partner italiani e creando un ecosistema per l’innovazione grazie alla collaborazione con università, aziende e startup.

L’innovazione digitale si è confermata un elemento fondamentale per contrastare gli effetti della pandemia sulla società. A che punto siamo con la digitalizzazione del paese?
L’Italia è storicamente più indietro rispetto a Usa e Europa, le aziende hanno sempre investito meno sul digitale rispetto alla media europea. Solo il 20% delle pmi italiane ha un e-commerce e questo è stato un grave danno durante la pandemia. Ma c’è consapevolezza dell’importanza del digitale e c’è in corso un’accelerazione. La maggior parte delle aziende si sta mobilitando e questa può essere un’occasione di rilancio.

Da pochi mesi è stata nominata presidente della Bocconi Alumni Community: che impegno è l’essere a capo di una comunità di oltre 120mila alumni presenti in tutto il mondo?
È il mio modo per dare un contributo allo sviluppo dell’Università. Gli alumni sono un grande patrimonio per tutta la comunità della Bocconi: possono portare esperienze, sostenere progetti dell’Università, fare da mentori ai ragazzi, aiutare con la loro rete le opportunità professionali. E, viceversa, l’Università rappresenta un’opportunità per gli alumni di mantenersi aggiornati e sviluppare il network. L’ambizione è anche che la rete di alumni possa essere un seme di cambiamento per la società: lavorare sui valori dell’eccellenza ed essere vettore del cambiamento è un po’ la nostra aspirazione.

Che differenza c’è tra guidare il capitale umano di un’azienda e guidare una community di alumni?
Un aspetto comune è che, oggi, anche le aziende vanno gestite ispirando le persone. Innanzitutto, bisogna lavorare sul purpose, ossia sul pensare al nostro scopo, sul perché siamo parte di una comunità e sul perché, come alumnus, sia importante farne parte.

Come si sviluppa ulteriormente un senso di comunità che è comunque già forte?
Lavorando sulla value proposition del far parte della community, come la possibilità di continuare a mantenersi aggiornati, per esempio attraverso il lavoro dei Topic group, o come la mentorship dei più giovani, attività che può dare soddisfazione a entrambe le parti. E poi puntando ancora di più sull’aspetto dell’internazionalizzazione.

Che ruolo ha il digitale nell’engagement della comunità?
In questi mesi, è stato fondamentale, senza di esso tutte le attività dell’ultimo anno non sarebbero state possibili. L’attuale situazione ha dimostrato quanto si possa fare attraverso il digitale e come il digitale sia ormai un modello imprescindibile. Il futuro sarà probabilmente ibrido.

Give-back, give forward e solidarietà intergenerazionale. Come vede il futuro di queste iniziative?
L’obiettivo è scalare i numeri. Ci piacerebbe poter dare accesso a molte più persone a iniziative come la mentorship, che era un’iniziativa pilota e che il digitale potrà aiutarci a sviluppare nei numeri. Il nuovo sito della community, inoltre, permette di partecipare in modo molto più semplice al give-back.

E il futuro della community?
Il mio desiderio è mettere sempre più efficacemente a supporto dell’Università la forza degli oltre 120 mila alumni nel mondo.
 

Bio
Una laurea in Bocconi nel 1993 in International finance (con una tesi con Paul de Sury sul project financing) e un Mba presso Insead, Silvia Candiani è ceo di Microsoft Italia dal 2017. Precedentemente ha guidato la divisione Consumer e Channel per l’area dell’Europa centrale e dell’est e prima ancora, nella filiale italiana, ha ricoperto le cariche di Direttore Marketing & Operations e Direttore Divisione Consumer & Online. Ha contribuito alla creazione di ValoreD, prima associazione di imprese che promuove la diversità, il talento delle donne per la crescita delle aziende e del Paese. È membro del Consiglio Generale di Confindustria Digitale e Presidente del Gruppo sulle Piattaforme di filiera per le PMI e membro del Consiglio Amcham – American Chamber of Commerce in Italia.

di Andrea Celauro

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