C'e' a chi (non) piace concentrato
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C'e' a chi (non) piace concentrato

NEL CORSO DEL 2021 LE BIG TECH POTREBBERO CAMBIARE PELLE A SEGUITO DELLE NUOVE DISPOSIZIONI IN TEMA DI ANTITRUST. EPPURE NON SEMPRE E' FACILE CAPIRE PERCHE' PER IL BENE DEI CONSUMATORI E' ARRIVATA L'ORA DI CAMBIARE

di Francesco Decarolis, Avvocato Giovanni Agnelli Chair of Economics

I giganti della tech economy potrebbero cambiare per sempre in seguito a una serie di azioni antitrust sia in Europa che in America. Dopo più di 18 mesi di investigazioni ufficiali da parte della Federal Trade Commission e dei procuratori generali di molti stati Usa, il mese scorso le accuse contro Google e Facebook di aver perseguito comportamenti anticoncorrenziali si sono materializzate in una serie di cause. Molti commentatori si aspettano che simili cause saranno intraprese a breve anche contro gli altri giganti dell’economia digitale. Infatti, lo scorso luglio a testimoniare di fronte alla Camera dei Deputati Usa su queste accuse non c’erano soltanto Sundar Pichai, il ceo di Alphabet la controllante di Google, e Mark Zuckerberg, il ceo di Facebook, ma anche Jeff Bezos di Amazon e Tim Cook di Apple.

Per tutte queste compagnie che nell’ultimo ventennio hanno cambiato le nostre vite e l’economia stessa, accuse di violazione della normativa antitrust possono rappresentare un drastico cambiamento di regime. Basti pensare che nel caso in cui è coinvolta Facebook, tra le accuse principali vi è quella di aver acquisito una molteplicità di startup, Instagram in primis, con lo scopo esplicito di eliminare concorrenti futuri. Quindi, sebbene questa acquisizione abbia ricevuto tutte le autorizzazioni richieste quando avvenne nel 2012, non si può escludere che una condanna di Facebook possa implicare la richiesta di dismettere Instagram, o WhatsApp o altre delle tante compagnie oggetto di acquisizione negli ultimi anni. In questo caso, Facebook andrebbe ad aggiungersi a una lista di precedenti illustri di grandi compagnie obbligate a smembrarsi, come nel caso dell’ex monopolista della telefonia AT&T negli anni ‘80 e, ancora prima, la Standard Oil di Rockefeller.

Per Google, le accuse sono in parte diverse. Viene contestato l’aver bloccato sul nascere un modello di vendita degli spazi pubblicitari online attraverso un meccanismo che avrebbe potuto mettere in crisi quello di Google e di averlo fatto attraverso un accordo segreto con Facebook. Non bisogna dimenticare, che proprio la vendita di pubblicità online è il modello di business principale per Google e Facebook e, proprio per questo, i loro servizi sono gratuiti per i consumatori. Infatti, per queste piattaforme digitali, quello che da un lato della piattaforma è l’utente del servizio, dall’altro lato è il prodotto che viene venduto ai pubblicitari.

Negli ultimi anni si è molto dibattuto sul fatto che la normativa antitrust vigente possa essere idonea a gestire le problematiche concorrenziali che caratterizzano le piattaforme digitali. Infatti, se la presenza di un danno al consumatore deve essere il principio guida degli interventi a tutela della concorrenza, allora si comprende quanto possa essere complesso argomentare che questo tipo di danno vi sia nel momento in cui il servizio è gratuito per i consumatori ed è di qualità tale da indurli a non cambiare piattaforma.

Ma le questioni sono complesse. Ad esempio, per molti servizi la presenza di un’unica piattaforma semplifica la vita dei consumatori e questo può rendere impossibile l’esistenza di piattaforme rivali, così però precludendo la possibilità di cambiare fornitore qualora la qualità del servizio si deteriorasse. Inoltre, vi sono molteplici questioni legate ai dati e alla privacy. Ad esempio, nel caso di Amazon elemento controverso emerso durante l’interrogazione parlamentare di cui dicevamo prima è stato quello relativo all’impiego di Amazon nelle decisioni sui propri prodotti e servizi dei dati dei rivenditori che vendono attraverso Amazon prodotti e servizi talvolta in concorrenza diretta con quelli di Amazon stessa. Nonostante questo evidente conflitto di interessi la pervasività di Amazon come piattaforma di shopping online rende sostanzialmente impossibile per molti rivenditori non utilizzarla e, infatti, esserne esclusi determinerebbe danni economici ingenti. Lo stesso discorso si applica ai produttori di app relativamente all’accesso all’Apple App Store e al Google Play Store.

Le cause legali su questi temi caratterizzeranno questo 2021, non solo negli USA ma anche in Europa dove la Commissione Europea si è appena dotata di una nuova normativa ad hoc. In particolare, la Commissione ha intrapreso un rafforzamento della disciplina antitrust per poter intervenire ex post su comportamenti anticoncorrenziali (New Competition Tool) e, parallelamente, ha deciso di introdurre nuova regolamentazione per definire ex ante le regole del gioco per i mercati digitali (Digital Services Act and the Digital Markets Act). Data l’importanza sempre crescente dell’economia digitale, sarà importante monitorare nei mesi a venire gli effetti di questi molteplici interventi sul funzionamento dei mercati digitali e sulle ricadute per i consumatori.

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