Il peggiore shock dal 2008, parola di Francesca
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Il peggiore shock dal 2008, parola di Francesca

FRANCESCA COLOMBO, A CAPO DELLA DIVISIONE SANITA' DELL'OCSE, SPIEGA COSA DOBBIAMO ASPETTARCI DALL'IMPATTO SOCIOECONOMICO DEL COVID19

“Sono un’inguaribile ottimista, penso che nel breve periodo sarà dura, ci saranno forti perdite di vite umane e ripercussioni socio-economiche, ma alla fine ne usciremo tutti rinforzati”. Così Francesca Colombo, laureata in Bocconi nel 1995 e oggi a capo della Divisione Sanità dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), conclude una lunga chiacchierata a distanza tra un appartamento di Milano (il mio) e uno di Parigi (il suo). Entrata nell’organizzazione internazionale una ventina di anni fa come analista, dopo numerose esperienze internazionali (tra le altre, ha guidato l’Unità di Pianificazione del ministero della Salute della Guyana), Francesca sta ora affrontando quello che non esita a definire “il più grande shock sanitario, economico e sociale mondiale dalla crisi del 2008”.

Come si sta muovendo l’OCSE in questo frangente?
L’OCSE è una organizzazione economica impegnata ad aiutare i paesi nello sviluppo di politiche migliori per una vita migliore. Lavora per rafforzare il multilateralismo, in un contesto in cui il mondo in cui viviamo è sempre più interconnesso. Per questo, tutta l’Organizzazione, non soltanto la Divisione Sanità, si è mobilitata per aiutare i paesi a rafforzare le loro politiche domestiche di fronte a questa crisi, oltreché a concepire e coordinare risposte comuni tra paesi. È una crisi che avrà ripercussioni enormi: nell’immediato, sulla salute, più avanti sull’economia e le persone più deboli nelle nostre società. Con la mia Divisione stiamo lavorando sull’analisi delle politiche sanitarie che i vari paesi OCSE stanno mettendo in campo per contrastare l’emergenza, ad esempio in merito alla capacità dei sistemi sanitari, e su come garantire la copertura del servizio per tutta la popolazione, come utilizzare soluzioni digitali per migliorare la sorveglianza e le cure, e come migliorare le prospettive di ricerca e sviluppo di nuovi diagnostici, cure e vaccini.

Cosa state notando in proposito?
Che, dopo qualche esitazione iniziale, c’è adesso convergenza sulla necessità delle politiche di contenimento del virus, ma anche, come è ovvio, differenze tra le capacità dei diversi sistemi sanitari, per esempio per quanto riguarda il personale, le strutture ospedaliere, la capacità di sviluppare kit per i test e di metterli a disposizione dove i bisogni sono più elevati. Osserviamo anche nuove iniziative innovative, che cercano di usare i big data e le tecnologie digitali per velocizzare la sorveglianza clinica o l’intelligenza artificiale per accelerare i processi di ricerca di una cura. Certo, è successo tutto talmente in fretta che ha preso tutti alla sprovvista.

I sistemi sanitari di diversi paesi sono già, o stanno per essere, a rischio collasso. Cosa rende un sistema più resistente a queste emergenze?
Diversi fattori. Sicuramente l’agilità nel mobilitare risorse e l’avere sistemi di sorveglianza rapidi. L’OCSE ha lavorato molto con i paesi per rafforzare i sistemi di informazione sanitaria e sviluppare la capacità di generare e trasferire informazioni in tempo reale a scopi di sorveglianza, ricerca e cura, pur rispettando la privacy. Inoltre, i sistemi sanitari che resistono meglio riescono a adattare rapidamente l’offerta, che sia di risorse umane, ospedaliera, di forniture. Emergenze come quella attuale sono per fortunatamente molto rare. In condizioni normali, i sistemi sanitari dei paesi OCSE si confrontano con la gestione di patologie croniche e che necessitano piuttosto di una forte capacità di assistenza sul territorio con cure primarie, è logico quindi che, in queste condizioni, nessun sistema ha un numero di posti letto in terapia intensiva tali da reggere lo shock di questa emergenza. La questione è quindi come velocizzare la risposta in situazioni eccezionali. È lì che si gioca la partita, ed è per questo che le politiche di contenimento devono essere efficaci per dare il tempo al sistema sanitario di adeguare la risposta per gestire l’emergenza, soprattutto ospedaliera.

Torniamo alle conseguenze del Covid a lungo termine: qual è la vostra visione?
Ci saranno conseguenze ben al di là delle vite umane e dei sistemi sanitari, sulle imprese, sulla crescita economica, sui mercati finanziari, sul tessuto sociale, sulla fiducia collettiva. Ci sono grosse incertezze, ma tutti concordano nel descrivere conseguenze non indifferenti. L’OCSE ha già pubblicato nel suo Interim Economic Outlook pubblicato il 2 Marzo 2020 alcuni scenari relativi all’impatto sulla crescita. Secondo quello peggiore, il Pil mondiale scenderebbe dal 2,9% del 2019 all’1,5% nel 2020, la metà di quello previsto prima dell’inizio dell’epidemia. A distanza di poche settimane, però, già appare probabile che andremo al di là anche dello scenario più negativo.

Un futuro piuttosto fosco. Ma cosa impareremo da tutto questo?
Senza dubbio rifletteremo su come migliorare i sistemi di gestione delle pandemie. Impareremo anche ad apprezzare le conquiste che abbiamo raggiunto negli ultimi anni e che spesso diamo per scontate, come l’avere sistemi sanitari con copertura universale in quasi tutti i paesi dell’OCSE – in grado nel complesso di affrontare situazioni di emergenza – oppure ammortizzatori sociali e meccanismi di sostegno ai più vulnerabili, un Terzo settore che in queste ore si è rimboccato le maniche e la solidarietà sociale. È proprio in queste occasioni, d’altronde, che emerge la vera capacità di resilienza di una società.
 
Due link per approfondire:
http://www.oecd.org/coronavirus/
http:/www.org/health

di Andrea Celauro

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