Robot advisor, il miglior amico dell'investitore
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Robot advisor, il miglior amico dell'investitore

GRAZIE ALL'OPEN BANKING ASSISTEREMO A UN'EVOLUZIONE DELLA DATA ANALYTICS, SPIEGA PASQUALE ORLANDO, ALUMNUS BOCCONI E FONDATORE DI DEUS TECHNOLOGY. E IMPAREREMO A FIDARCI

Convergenza sui mezzi digitali, investimento sul portfolio analytics, condivisione dei dati, assenza di front end. Anche se l’espressione open banking non era ancora ricorrente, alcuni dei suoi principi erano già ben presenti nella visione di Pasquale Orlando quando nel 2010, dopo una laurea in finanza aziendale in Bocconi e diverse esperienze nel marketing strategico applicato al wealth management, ha dato vita a Deus Technology. L’azienda oggi è una delle protagoniste italiane del fintech, tra i maggiori sponsor del robo advisor e tra le realtà più pronte ad approfittare delle opportunità di mercato che si apriranno con l’entrata in vigore della normativa europea sui pagamenti digitali (Psd2) e dunque con l’inizio dell’era dell’open banking.

Quali scenari si apriranno secondo lei nelle banche con l’entrata in vigore della Psd2?
A breve termine credo che l’open banking resti ancora un tema circoscritto all’interno delle banche e delle società di gestione. Oggi gli investimenti delle banche sono concentrati sui temi di organizzazione e le maggiori esperienze riguardano l’empowerment delle risorse interne e la digitalizzazione dei processi a beneficio del gestore. È la cosiddetta robo for advisor. E anche se nei conti correnti italiani ci sono circa 1.400 miliardi di euro, le banche al momento non hanno alcuna offerta pensata perché anche i piccoli risparmiatori possano accedere a strumenti di investimento. Se le cose non cambiano dunque il primo effetto che la Psd2 potrebbe sortire è una fuga di questi clienti che potranno aggregare il proprio patrimonio e indirizzarsi verso marketplace di ogni genere.

Quale dialogo informatico si stabilirà quando il mondo fintech potrà accedere ai dati dei clienti bancari e viceversa?
Le infrastrutture informatiche che abbiamo oggi consentiranno ai diversi sistemi di dialogare senza problemi. La questione, però, resta culturale più che tecnica. Le banche si sentono violate da questa normativa; esporre i dati dei clienti è contrario al loro dna e al momento non lo vivono come un’opportunità ma come un problema. La maggior parte non ne vede nemmeno i rischi. Il tema culturale però si ripercuote anche sui clienti. Abbiamo già assistito a qualcosa di analogo con gli Ets, prodotti che io considero sempre da consigliare perché poco costosi, diversificati, trasparenti; a un centro punto della loro diffusione le banche si sono messe di traverso e il settore, se confrontato con i fondi di investimento tradizionali, ha rallentato la sua crescita. Allo stesso modo mi aspetto che domani il cliente si informi sull’open banking, soprattutto sulla sicurezza, e che venga scoraggiato ad aprire i propri dati bancari a parti terze. Le fintech faranno un po’ di campagne di sensibilizzazione ma alla fine molti risparmiatori non aderiranno.

L’open banking dunque riguarderà inizialmente un target più evoluto, il private e il wealth management, nel quale però la relazione personale tra cliente e consulente resta il perno centrale…
Nel wealth management la relazione rimarrà sempre fondamentale; la tecnologia offrirà nuovi supporti operativi e avrà la funzione di facilitatore di nuove relazioni. Gli effetti più importanti dell’open banking, invece, si potrebbero avere proprio su quei milioni di persone alle quali oggi non viene offerto alcun servizio di investimento. Con un minimo di consapevolezza finanziaria, la stessa che consente a tutti, per esempio, di capire quello che il medico sta prescrivendo, ognuno potrà avere chiare le basi del legame tra rischio e rendimento ed accedere a nuovi investimenti che saranno suggeriti in automatico.

Fidandosi dunque di un robot?
Certamente. La premessa da fare è che tutti questi sistemi sono regolati in origine dal lavoro di persone esperte, dunque offrono il massimo della qualità con i costi di un’economia di scala. Il robo advisor, inoltre, analizzando la situazione, il patrimonio e le abitudini di una persona non solo è in grado di proporle le soluzioni più adatte per il suo profilo ma terrà monitorata la posizione nel tempo, aggiornando il risparmiatore sui movimenti da fare. Oggi tutti i consulenti sono interessati a vendere un Btp, ma quanti tengono d’occhio il prodotto e chiamano il cliente per dirgli di venderlo quando è all’apice o di ricomprarlo quando è al minimo? Il robot questo potrà farlo. Con l’open banking, poi, le funzioni di data analytics si potranno ulteriormente evolvere e a quel punto i sistemi saranno in grado di capire anche in che momento della vita si trova l’investitore e suggerire il comportamento più opportuno. Alla fine il robot conoscerà il cliente meglio di quanto nessun consulente potrebbe fare.

di Emanuele Elli

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