A unirci in ufficio e in azienda e' il leader positivo
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A unirci in ufficio e in azienda e' il leader positivo

CONDIVIDERE IL PERCHE' E NON SOLO IL COSA E OCCUPARSI DELLA DIMENSIONE EMOTIVA AUMENTA L'ENGAGEMENT E ASSICURA PROFITTI E CAPACITA' D'INNOVAZIONE PIU' ELEVATI

di Gabriella Bagnato, lecturer presso il Dipartimento di management e tecnologia

In un momento in cui rispondere efficacemente alle mutevoli dinamiche del mercato significa tanto saper innovare quanto al contempo operare in una logica di ottimizzazione ed efficienza, poter contare su elevati livelli di engagement dei lavoratori è fonte di vantaggio competitivo.
Per engagement si intende uno stato psicologico in cui la persona è concentrata, energica e profondamente coinvolta emotivamente e intellettualmente in ciò che sta facendo.
Le persone engaged sono risorse preziose per l’azienda proprio perché nello svolgimento delle proprie attività mettono in campo le proprie migliori risorse, si assumono responsabilità, sono disposte ad assumersi dei rischi calcolati, apprendono dall’esperienza, mostrando buoni livelli di resilienza.
La ricerca dà chiare evidenze in merito: aziende con livelli di engagement più elevati della media si distinguono per profittabilità (maggiori rispetto ai competitor fino oltre il 45% in alcune industries) hanno tassi di innovazione più elevati e clienti più soddisfatti, e trattengono più facilmente i migliori talenti.
Ma quali sono le determinanti dell’engagement e come si può garantirne la stabilità o addirittura l’incremento nel tempo?
Diversi sono i fattori in gioco, tra questi l’adozione di un modello organizzativo snello e sistemi di gestione delle risorse umane che sappiano valorizzare performance superiori alla media e sostenere e orientare lo sviluppo di competenze.
Il fattore di maggiore impatto è però la qualità della relazione capo-collaboratore che si esprime ai massimi livelli attraverso un particolare stile di leadership, detto leadership positiva.
L’attributo positiva si presta a interpretazioni lontane dal contenuto effettivo del concetto che nasce nell’ambito della Positive Organizational Scholarship e della Positive Psychology.
Il leader positivo non è né buono né amico. Punta alla realizzazione di risultati eccellenti con e attraverso le persone del proprio team, individuando e valorizzando i punti di forza anziché correggendo o contenendo i punti di debolezza, propri e altrui.
Il leader positivo genera devianza positiva ovvero «l’emergere e la messa in gioco di comportamenti e strategie non ordinarie che consentono di trovare soluzioni migliori e più innovative ai problemi usando al meglio le risorse disponibili e affrontando positivamente le sfide che il contesto pone».

L’investimento più importante che il leader positivo deve fare è la costruzione di una relazione basata sulla fiducia e sul rispetto reciproco tra sé e i propri collaboratori ricordando che prima che delle competenze ci si fida della persona.
Quali sono i comportamenti concreti che il leader positivo può mettere in atto?
Innanzitutto, comunicare con forza la visione e gli obiettivi ma soprattutto i valori a cui la visione si àncora e le ragioni sottostanti agli obiettivi: ciò che ingaggia non è il cosa ma il perché. In secondo luogo, Intercettare e sostenere il talento individuale e identificare i ruoli dove possa meglio esprimersi e crescere.
In secondo luogo, rendere evidente l’interdipendenza delle competenze dei singoli per l’eccellenza del team e garantire il livello di sicurezza psicologica necessario a consentire di apprendere dall’esperienza e anche dagli errori.
Infine, prendersi cura della dimensione emotiva: rabbia, frustrazione e senso di impotenza tolgono energia, impediscono l’empatia e riducono le capacità creative.
A leggerle sono cose che potremmo definire di senso comune. Ma siamo sicuri che sia anche pratica comune nelle nostre aziende e nei nostri uffici?
 

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