Uno vale due: il superpotere degli azionisti piu' fedeli
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Uno vale due: il superpotere degli azionisti piu' fedeli

CON IL VOTO MAGGIORATO, INTRODOTTO NEL 2014 PER PREMIARE GLI INVESTITORI LONGTERM, I SOCI DI CONTROLLO RIESCONO ANCHE A DOMINARE L'ASSEMBLEA STRAORDINARIA

di Chiara Mosca, assistant professor presso il Dipartimento di studi giuridici

A partire dal 2014 le società quotate italiane, o almeno alcune tra le meno di 300 che compongono il nostro listino, si sono interrogate sull’opportunità di premiare i loro azionisti. Ma non si è trattato, come spesso accade, di un premio nella forma di un extra rendimento, magari connesso ad eccezionali performance di business, bensì della scelta, e del suo significato strategico, di ricompensare gli azionisti per la fedeltà alla società. E a dispetto delle più ovvie logiche di tipo capitalistico, che guidano l’impalcatura e il funzionamento delle società per azioni, il premio in questione non è di tipo monetario. La decisione, infatti, che molte società hanno soppesato, ed alcune concretamente attuato, riguarda l’inserimento di una clausola nello statuto, ossia nel documento che contiene le fondamenta dell’organizzazione societaria, per premiare gli azionisti, dotandoli di extra poteri.
In cosa consista la fedeltà di un investitore è presto detto. È fedele l’azionista che crede nell’investimento e che, coerentemente, conserva la partecipazione nel lungo periodo. L’azionista long term persegue una logica di investimento c.d. buy and hold e si contrappone a chi, invece, confida di sfruttare la volatilità del titolo. Grazie a una base rappresentata da azionisti loyal, gli amministratori sono liberi di perseguire strategie di creazione del valore, investendo in innovazione, ricerca e sviluppo, senza subire eccessivamente la pressione del mercato.
E in cosa consiste il premio? Il premio è davvero un super potere. Nell’ambito del diritto societario esso significa poter “pesare” di più nelle assemblee della società, disponendo di più voti quando si tratta, per esempio, di nominare gli amministratori o di approvare il bilancio.
Perché la questione si sia posta a partire dal 2014 è presto detto. In quell’anno, come alcuni forse ricorderanno, Fiat Chrysler, al cui vertice era Sergio Marchionne, emigrò all’estero, scegliendo l’Olanda come paese di destinazione e motivando la scelta anche in base alla possibilità, in questo ordinamento, di attribuire più di un voto ad ogni azione.   
La reazione del governo italiano, preoccupato che altre società potessero seguire la stessa strada, non si è fatta attendere. Con un decreto dell’estate 2014 sono state introdotte le loyalty shares consistenti, per le società quotate, in un meccanismo basato sulla registrazione degli azionisti per raddoppiare, dopo un periodo di almeno ventiquattro mesi, i voti spettanti. Il premio non ha, in effetti, alcun (diretto) valore economico, non essendo mai cedibile dato che decade se le azioni sono trasferite. Il meccanismo è assimilabile, a tutti gli effetti, ad un control enhancing mechanism (in grado di rafforzare anche significativamente il potere di chi già controlla), ma sottoposto ad alcune sunset clauses (quale, appunto, la decadenza in caso di vendita).
A dire il vero, se si guarda al panorama internazionale, il voto maggiorato non rappresenta una novità italiana. Un analogo premio fidelizzante è previsto in Francia dal 1933, poi tramutato (nel 2014) in una regola valida automaticamente per tutte le società, a meno di una scelta diversa.

Ma è comunque difficile negare che si tratti di un esercizio rivoluzionario di democrazia societaria. Mentre negli scenari della politica ci si è sempre tenuti lontani da tentativi di ponderare il voto in funzione di caratteristiche personali degli elettori, il diritto societario in Europa (in Francia, Italia e recentemente in Belgio) sta sperimentando strumenti che, in barba alla regola one share-one vote, riconoscono più voti agli azionisti fedeli e maggiormente interessati alla crescita della società.
Nel nostro paese l’istituto ha riscontrato successo. Le società quotate che hanno scelto di premiare gli azionisti long term sono attualmente 45 (dati Consob). L’analisi empirica dimostra che, nella pressoché totalità dei casi, si tratta di società nelle quali azionisti forti hanno davvero acquisito, o acquisiranno, super poteri. In particolare, da un’analisi condotta su tutte le società che entro l’ottobre 2018 avevano adottato il voto maggiorato emerge come il voto doppio ha consentito ai soci di controllo (o consentirà, dove non ancora maturato) di dominare non solo l’assemblea ordinaria, ma, in molti casi, anche l’assemblea straordinaria.
 

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