Elettricita' sostenibile, perche' le vecchie tecnologie ora non possono essere abbandonate
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Elettricita' sostenibile, perche' le vecchie tecnologie ora non possono essere abbandonate

LA RIVOLUZIONE DELLE RINNOVABILI HA PROGRESSIVAMENTE MESSO IN CRISI IL MODELLO TRADIZIONALE DI UTILITY. MA E' ANCORA PRESTO PER PENSARE DI ABBANDONARE GAS E CARBONE SE SI VUOLE GARANTIRE IL LIVELLO DI FORNITURA. ANCHE NEI PERIODI DI CRISI

di Matteo Di Castelnuovo, associate professor of practice presso il Dipartimento di economia

Nel 2017, secondo l’Iea, International energy agency dell’Ocse, gli investimenti in impianti da fonti rinnovabili hanno rappresentato i due terzi della spesa totale in nuova capacità di generazione installata in tutto il mondo, superando anche gli investimenti in nuove centrali a carbone. Non sorprende quindi constatare come, secondo il recente rapporto di Unep e Bloomberg New Energy Finance, nel solo 2017 siano stati spesi circa 160 miliardi di dollari per installare 98 GW di nuova capacità solare (+18% rispetto all’anno precedente) nel mondo, contro i 70 GW di nuove centrali a combustibili fossili (gas e carbone), per un investimento pari a 70 miliardi circa. Interessante anche sottolineare come 49 di questi 160 miliardi siano stati impiegati per costruire impianti fotovoltaici di piccola taglia, vale a dire più piccoli di 1 MW, molti dei quali per auto-consumo domestico e quindi allacciati alla rete “dietro” il contatore di casa.
Guardando invece al futuro, la stessa Iea stima che tra il 2017 e il 2023 la capacità installata di fonti rinnovabili aumenterà del 43% mentre la produzione di energia dalle stesse tecnologie verdi passerà dal 25% al 30% come quota del mix di produzione elettrica globale.
Pur avendo recentemente perso la leadership degli investimenti in tecnologie rinnovabili a favore di Stati Uniti, Cina e India, l’Europa mantiene il primato di aver compreso ed iniziato, in anticipo su altri paesi, il processo di decarbonizzazione del sistema energetico attraverso politiche di incentivazione e obiettivi ambientali particolarmente ambiziosi: la Commissione Europea stima che la quota di elettricità verde passerà dal 25% del 2009 al 55% nel 2030.

Proprio in Europa dal 2009 la rivoluzione delle rinnovabili ha messo progressivamente in crisi il modello tradizionale di utility che produce elettricità da grandi impianti a gas o carbone per poi consegnarla attraverso le reti di trasmissione e distribuzione ai consumatori finali. Tuttavia ciò non significa che alcune di queste centrali elettriche tradizionali, sia esistenti che future, non possano svolgere un ruolo rilevante ancora per diversi anni.
Infatti, se da un lato i paesi membri aumentano la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili intermittenti, dall’altro gli stessi avranno sempre più bisogno di una maggiore capacità di riserva. In particolare la maggior parte degli scenari concorda sul ruolo critico che le centrali a gas potranno svolgere ancora per diversi anni, sia come sostitute delle più inquinanti centrali a carbone che come riserva quando il vento non soffia o il sole non splende e non esiste ancora una sufficiente capacità di stoccaggio (esempio batterie). Una analisi degli operatori di rete, ENTSO-E, evidenzia presenza di rischi potenziali da scarsità di risorse in alcune zone italiane a partire dal 2025.
Perciò diversi paesi Ue hanno proposto l’introduzione di meccanismi di remunerazione della capacità, vale a dire incentivi finanziari per garantire la disponibilità di capacità di generazione in futuro indipendentemente dal fatto che la centrale produca o meno, e assicurare così la sicurezza della fornitura di elettricità. La Commissione Europea ha infine approvato le proposte di remunerazione della capacità avanzate da Francia, Germania, Belgio, Grecia, Polonia e Italia. La scelta tra i diversi meccanismi di remunerazione è complessa e la loro implementazione va gestita e, soprattutto, monitorata attentamente, perché si tratta di strumenti economici in grado di avere un impatto rilevante sui costi di sistema (non essendo legati ai costi variabili) pagati dai consumatori finali in bolletta e soprattutto di interferire con l’efficienza del mercato all’ingrosso. Da questo punto di vista è positivo che il nuovo Regolamento europeo del mercato elettrico introduca regole più stringenti per i meccanismi di capacità, tra cui un limite alle emissioni di 550 grammi di CO2/kWh, che di fatto esclude le centrali tradizionali più inquinanti. L’auspicio è che questo Regolamento contribuisca a una maggiore armonizzazione tra gli obiettivi di sicurezza delle forniture e quelli di riduzione delle emissioni.

Il vecchio continente ha avviato la transizione verso un sistema energetico più innovativo e più sostenibile, che necessiterà ancora del contributo, limitato nel tempo e nei costi, di alcune delle vecchie tecnologie.
 

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