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Perche' disturbarsi a votare?

UN'ANALISI APPROFONDITA DELLE ELEZIONI, DEI LORO PUNTI DI FORZA, DEBOLEZZE E LIMITI, E DEL PERCHE' ESSE SI CONFERMANO ANCORA OGGI IL MODO MIGLIORE PER SCEGLIERE DA CHI FARSI GOVERNARE. CON UN CONTRIBUTO DI NADIA URBINATI

Con il crollo dei partiti tradizionali in tutto il mondo e con molti esperti che predicono una crisi della democrazia, il valore delle elezioni come metodo per selezionare da chi e come siamo governati è messo in discussione sempre più spesso. Perché invece dovremmo apprezzare le elezioni?
 
In Perché disturbarsi a votare? (Università Bocconi Editore 2018; 192 pagg.; 16 euro) Adam Przeworski, teorico della democrazia di fama mondiale e professore alla New York University, ci offre un’analisi di ampio respiro sul tema, analizzando le elezioni per quello che sono realisticamente, con tutti i loro pregi e difetti, e individuandone gli effetti su vari aspetti del nostro benessere collettivo.
 
Secondo lo studioso, le elezioni sono intrinsecamente imperfette e sarebbe ingenuo presumere che possano risolvere tutti i mali della società, ma restano il modo migliore di scegliere i nostri governanti. Il loro più grande valore, di per sé sufficiente a difenderle, è che elaborano qualsiasi conflitto possa sorgere nella società in termini di libertà e di pace. Consentono di tenere la società politica in moto permanente senza farla precipitare nel caos. L’insoddisfazione per gli esiti delle elezioni non è insoddisfazione per il meccanismo elettorale, ma per come viene regolato e utilizzato. E’ insoddisfazione per i sistemi elettorali e quindi per chi li ha escogitati, ovvero il personale politico dei partiti.
 
Lo spiega bene Nadia Urbinati, professoressa alla Columbia University di New York, nella sua prefazione al volume. “Il sollievo di sapere che ogni maggioranza e ogni leader sono a tempo: questo è il grande pregio delle elezioni”, scrive. Oggi l’opinione negativa verso le elezioni è crescente tra gli studiosi, dominata da coloro che propongono il sorteggio e da coloro che vorrebbero contenere il ruolo delle elezioni e ampliare quello dei competenti. Idee che hanno viaggiato attraverso i secoli. Un “refrain” contro la democrazia che torna periodicamente, ogni volta che la competizione politica ci rende insoddisfatti.
 
“I problemi della democrazia contemporanea sono multidisciplinari e sicuramente difficili da affrontare, ma non dipendono dal fatto che ci sono le elezioni. Anzi - conclude Przeworski -: conta molto meno chi vince un’elezione e molto più che ci siano elezioni, perché grazie ad esse le divisioni ‘ineliminabili’ tra liberi cittadini possano continuare a esistere”.
 
Adam Przeworski, polacco-americano (1940), è professore ordinario di Scienza della Politica presso il Wilf Family Department of Politics della New York University. È uno dei più raffinati analisti mondiali delle società democratiche, teorico della democrazia ed esperto di politica economica.

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di Gabriella Grillo

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