Se a scegliere sono gli amici
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Se a scegliere sono gli amici

LE RETI DI AMICIZIE A SCUOLA INFLUENZANO I MASCHI NELLA SCELTA DEL CORSO DI LAUREA. CAPIRNE LE DINAMICHE PUO' AIUTARE I POLICY MAKER A INDIVIDUARE LE STRADE PER RIDURRE IL DIVARIO DI GENERE

di Massimo Anelli e Giovanni Peri, rispettivamente assistant professor presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche della Bocconi e full professor presso la University of California Davis

In una società con persistenti divari di genere, capire che cosa determini i differenziali retributivi appare rilevante sia per i policy maker che per gli accademici. Si è spesso osservato in letteratura che, nonostante le ragazze ottengano risultati migliori dei ragazzi durante il liceo, la situazione si ribalta nel mercato del lavoro. Questo fenomeno si spiega in parte con il fatto che maschi e femmine scelgono facoltà universitarie diverse. In particolare, i ragazzi hanno una maggiore propensione a iscriversi a economia, management e ingegneria, generalmente associati a retribuzioni più elevate dopo la laurea, mentre le donne hanno una propensione verso le discipline umanistiche e scienze della formazione, caratterizzate da minori rendimenti monetari. In un recente studio osserviamo le reti che gli adolescenti formano durante il liceo e cerchiamo di stabilire se esse abbiano un’influenza sulla scelta della facoltà. In particolare, valutiamo se la composizione di genere delle classi influisca sulle scelte degli studenti e se abbia un impatto a lungo termine sulle loro prestazioni scolastiche e sui risultati nel mercato del lavoro. È stato infatti riconosciuto che l’ambiente dei pari svolge un ruolo importante nell’influenzare le prestazioni e le preferenze degli individui.

Poiché l’università incide sul reddito potenziale di una persona e poiché le donne frequentano facoltà con un reddito atteso più basso, è importante identificare i fattori determinanti di tale segregazione e i possibili interventi dei policy maker. Per la ricerca è stato creato un database, che raccoglie i dati di 30mila diplomati tra il 1985 e il 2005 nei licei pubblici di Milano, e queste informazioni sono state incrociate con quelle sulla loro carriera universitaria e sui risultati nel mercato del lavoro. Ebbene, i maschi che frequentano una classe in cui oltre l’80% degli studenti sono del loro sesso hanno il 6% in più di probabilità di iscriversi a facoltà ad alta retribuzione rispetto a una probabilità di base del 43%. Ciò equivale a un aumento del 14% delle probabilità di frequentare queste facoltà. Se la percentuale di maschi nella classe è superiore al 90%, la stessa probabilità aumenta del 35%. Contrariamente a questo grande effetto per i ragazzi, si scopre che la quota di genere dei coetanei delle scuole superiori non ha alcun effetto sulla scelta dell’università delle ragazze. Queste differenze trovano una spiegazione nelle dinamiche di formazione delle reti di amicizia: mentre le adolescenti preferiscono piccole reti con coetanee dello stesso sesso, indipendentemente dalla composizione di genere nella classe, i maschi tendono a formare reti più ampie e inclusive. Nelle classi dominate dagli uomini, i ragazzi finiscono in reti più grandi, il che implica una maggiore condivisione delle informazioni e un maggiore potenziale di pressione tra pari. È interessante notare che, se si considerano i risultati a lungo termine, l’effetto sulla scelta della facoltà dei ragazzi svanisce: i tassi di abbandono universitario sono più alti per i ragazzi provenienti da classi dominate dagli uomini e non si possono trovare effetti misurabili a lungo termine sui risultati nel mercato del lavoro.

Questo suggerisce che l’imitazione dei pari porta a scelte non ottimali: a causa della pressione dei pari, i maschi potrebbero decidere di iscriversi a economia, management o ingegneria, anche se non hanno le capacità per laurearsi. Questi risultati portano a due importanti considerazioni di policy, che spingono alla cautela. In primo luogo, essi rivelano che, quando si discute degli effetti dei pari a scuola, un’attenzione miope ai risultati a breve termine può portare a conclusioni fuorvianti: per esempio, le politiche che spostano le persone verso facoltà Stem non producono automaticamente risultati positivi, ma, al contrario, possono causare squilibri e creare inefficienze. In secondo luogo, contrariamente all’idea diffusa di sostenere l’istruzione monosessuale come soluzione per ridurre il divario di genere nella scienza, questi risultati suggeriscono che le politiche che alterano l’ambiente di genere nelle scuole superiori sono molto probabilmente inefficaci nel ridurre il divario di genere. Anzi, potrebbero esacerbare la situazione, esercitando pressioni ancora maggiori sui ragazzi affinché frequentino facoltà scientifiche.

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