Perche' lo stile command and control di Trump sara' perdente
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Perche' lo stile command and control di Trump sara' perdente

LE SFIDE E IL CONTESTO GLOBALE CHE VIVIAMO RICHIEDONO UN APPROCCIO COLLABORATIVO E NON COMPETITIVO. CHE NECESSITA DI TEMPI PIU' LUNGHI E CHE ALL'INIZIO, IN COMUNICAZIONE, POTREBBE ESSERE MENO EFFICACE

di Massimo Magni, professore associato presso il Dipartimento di management e tecnologia

Negli ultimi anni lo stile di leadership command & control sembrava essere tramontato e fuori moda, non coerente con la complessità ambientale che caratterizza la quarta rivoluzione industriale. Le sfide in ambito globale che ci troviamo ad affrontare richiedono da un lato competenze molto specializzate, dall’altro necessitano anche della capacità di integrare le proprie competenze specialistiche con quelle di altri. Il sapere è quindi diventato una componente necessaria ma non sufficiente, perché ora è fondamentale leggere il contesto, coniugare competenze differenti e comprendere l’impatto delle proprie decisioni e azioni nel lungo periodo, garantendo quindi una sostenibilità di lungo periodo e una attenzione anche alle esigenze e agli interessi dei vari stakeholder coinvolti.
Nonostante la traiettoria di evoluzione della leadership si sia orientata verso modelli più spinti al consenso  e all’inclusione, sembra che Donald Trump abbia rispolverato uno stile command & control per sottolineare la propria influenza a livello nazionale e globale. Lo stile di leadership assunto dall’attuale presidente degli Stati Uniti rispecchia un approccio accentratore, attraverso messaggi  e dichiarazioni forti che poco spazio lasciano al dialogo e al confronto.

Se dovessimo analizzare i suoi comportamenti e le sue dichiarazioni secondo i modelli teorici contemporanei, potremmo affermare che lo stile di Trump può essere considerato a tutti gli effetti competitivo. Lo stile competitivo presuppone una elevata attenzione al proprio interesse e una focalizzazione marginale agli interessi delle controparti e al mantenimento della relazione di lungo periodo con le stesse. In altri termini, coloro che incarnano questo tipo di stile vedono il contesto di riferimento come un gioco a somma zero, in cui ciò che viene ottenuto da una delle parti corrisponde a una perdita per gli altri attori. E se tale è la visione, le azioni che si intraprendono non possono essere che aggressive e orientate a massimizzare il proprio risultato a discapito degli altri.
Anche l’impatto a livello di comunicazione di uno stile competitivo non è trascurabile. L’opinione pubblica viene messa di fronte a un messaggio di forza e di autorità, che punta alla protezione paternalistica. Per l’opinione pubblica, un approccio competitivo è molto rassicurante, basato su azioni immediate e volte a raggiungere risultati a forte impatto emotivo di breve periodo. Ma nel lungo periodo, l’aggressività potrebbe portare a un deterioramento delle relazioni con le proprie controparti, innescando reazioni altrettanto aggressive in risposta. A titolo di esempio basti pensare alle dichiarazioni e alle relative azioni legate ai dazi sulle importazioni. L’interesse di tali azioni era sicuramente orientato al benessere locale (della propria comunità), ignorando completamente gli interessi delle controparti e di un benessere generalizzato. A livello di comunicazione, il messaggio che il presidente ha voluto trasmettere è stato di forza, di indipendenza e di protezione degli interessi dei propri cittadini.  Nel lungo periodo si potrebbero però deteriorare i rapporti con i propri partner commerciali, con pesanti ripercussioni economiche sia a livello locale che internazionale. E questo non gioverebbe né agli Usa né agli altri player mondiali.

Un approccio collaborativo, ovvero che coniuga i propri interessi con quelli delle controparti, sarebbe ben più coerente con le sfide che si stanno affrontando a livello globale. L’interdipendenza tra paesi non può essere risolta attraverso uno stile aggressivo, che mira ad ottenere benefici locali e di breve periodo. Un modello di leadership e di gestione delle relazioni secondo una logica collaborativa richiede più tempo e un investimento ingente di energie, che mal si coniugano con un modello paternalista, che trasmette un’effimera percezione di forza.
 
 

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