La guerra dei dazi mette a nudo il modello euro tedesco
OPINIONI |

La guerra dei dazi mette a nudo il modello euro tedesco

RIDURRE RISPARMIO E SURPLUS COMMERCIALE AUMENTANDO CONSUMI E INVESTIMENTI INTERNI: COSA C'E' DIETRO LA POLITICA CHE CI CHIEDE TRUMP

di Carlo Altomonte, associato presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche

Fedele alle promesse fatte in campagna elettorale, il presidente americano Trump negli scorsi mesi ha dato attuazione al progetto di imposizione di dazi all’importazione su alluminio e acciaio (del 25 e del 10 per cento, rispettivamente) negli Usa. A questa mossa, del valore di circa 10 miliardi di dollari di possibili dispute commerciali su scala mondiale, è seguita poi una escalation della retorica sul fronte dei rapporti internazionali, escalation che sta rischiando di mettere in discussione il sistema delle regole sul commercio internazionale avviato con la creazione del Wto nel 1995. Da un lato, Stati Uniti e Cina sono arrivati a minacciarsi l’imposizione reciproca di sanzioni su centinaia di prodotti per un controvalore di circa 60 miliardi di dollari ciascuno sul loro commercio bilaterale (circa un quarto del volume attuale); dall’altro, la possibile risposta europea alle tariffe su acciaio e alluminio potrebbe portare gli Stati Uniti a minacciare l’imposizione di dazi sul settore automobilistico, un settore che costituisce l’asse portante dell’export europeo, e in particolare tedesco.
 
Usa e Cina? troveranno un accordo
Peraltro, il vertice G7 di giugno in Canada, che avrebbe dovuto trovare un accordo di massima sul rispetto del sistema delle regole di commercio internazionale da parte delle principali economie avanzate, è finito nel peggiore dei modi possibili: Trump ha lasciato il vertice avendo negoziato un comunicato congiunto con gli altri paesi, ma ha poi ritirato il supporto all’accordo faticosamente raggiunto (con un tweet, come è nel suo stile), lasciando tutti con un palmo di naso. Di fatto gli Usa si sono messi contro i loro principali alleati, dal Giappone, al Canada, all’Unione Europea e al Regno Unito, aprendo la strada a un futuro in cui il rischio di una guerra commerciale tra Stati Uniti e resto dei paesi avanzati è sicuramente concreto, forse ancora di più che le tensioni tra Stati Uniti e Cina.
In effetti, tali e tante sono le interdipendenze tra questi ultimi due paesi (gli Stati Uniti necessitano delle componenti prodotte nelle catene del valore cinesi, la Cina necessita della tecnologia americana) che verosimilmente tra Stati Uniti e Cina si troverà un accordo. Del resto il modello economico perseguito da entrambi i paesi è compatibile con questa idea: da un lato gli Stati Uniti vogliono ridurre il loro deficit commerciale con la Cina, esportando di più verso di loro, dall’altro è nell’interesse di Pechino ridurre il (relativamente modesto, +1.4 per cento del pil) surplus commerciale che la Cina ha con il resto del mondo al fine di stimolare i consumi interni.

Più problematica appare invece la contrapposizione di interessi con gli Usa sul fronte europeo. L’Ue del post-crisi ha di fatto adottato un modello di crescita tedesco che utilizza il surplus commerciale (+3,5 per cento quello europeo con il resto del mondo) come principale motore di crescita, a discapito di consumi e investimenti interni. La compressione dei salari indotta dalle pressioni deflazionistiche associate allo stretto controllo della spesa pubblica sostiene la competitività necessaria ad alimentare questo modello di crescita. Ma gli elementi competitivi chiave di questo modello non sono sotto lo stretto controllo dell’Unione europea. Da un lato, perché il modello europeo abbia successo vi deve essere la disponibilità del resto del mondo (ed in particolare degli Usa) ad acquistare prodotti europei, dunque a mantenere (e finanziare) continui deficit di partite correnti, uno status quo che Trump ha promesso di cambiare. Dall’altro, la compressione della spesa pubblica è in parte resa possibile dal fatto che la componente di spesa militare e per la sicurezza è in larga misura appaltata agli stessi Stati Uniti attraverso la Nato: anche questa è una situazione che gli Usa non sembrano più disposti a tollerare.
 
I più europeisti? Gli stati Uniti
Dunque, di fatto, Trump sta chiedendo all’Europa (e alla Germania in particolare, perché è il paese con i maggiori spazi di bilancio in questo senso) di rilanciare consumi e investimenti interni, riducendo il risparmio privato e pubblico e dunque il surplus commerciale, e di investire di più in spesa per la protezione e la sicurezza dei suoi concittadini. Se questo non avverrà, gli Usa sono pronti a ostacolare esplicitamente il modello di crescita euro-germanico attraverso i dazi al settore automobilistico ed il progressivo disimpegno dalla Nato.
Dopo anni di sterili dibattiti continentali sulla riforma dell’eurozona, è dunque Trump che mette a nudo le contraddizioni del modello tedesco, e realisticamente dispone degli strumenti per cambiarlo.
Fa strano, ma è la cosa più credibilmente europeista che sta capitando da un anno a questa parte.
 

Ultimi articoli Opinioni

Vai all'archivio
  • Il giusto equilibrio contro gli shock

    Assicurazione contro la disoccupazione o lavoro a tempo ridotto? Meglio tutelare i lavoratori o i posti di lavoro? La risposta puo' essere la complementarita' dei sistemi

  • La fuga degli onesti

    I migranti tendono a essere piu' onesti di chi rimane nei luoghi di origine. Luoghi che, di conseguenza, sono privati di capitale sociale, con effetti negativi sulla produttivita', sulla crescita e sulla qualita' delle istituzioni

  • Il limite della tossicita'

    Per un verso le piattaforme e i loro algoritmi sembrano assecondare la presenza di contenuti basati sull'odio o dannosi nei feed degli utenti; dall'altro, le piattaforme li hanno moderati fin dall'inizio, prima ancora delle multe. Forse la strategia redditizia per loro sta nel mezzo

Sfoglia la nostra rivista in formato digitale.

Sfoglia tutti i numeri di via Sarfatti 25

SFOGLIA LA RIVISTA

Eventi

Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30