La partita dei fondi sovrani ai tempi di Donald Trump
OPINIONI |

La partita dei fondi sovrani ai tempi di Donald Trump

DALLA POLITICA AMERICAN FIRST ALLA FINE DEL PROGRAMMA DI ACQUISTO DELLE OBLIGAZIONI DA PARTE DELLA BCE: SARA' LA LORO FINE O UNA NUOVA FASE DELLA LORO STORIA?

di Bernardo Bortolotti, direttore del Sovereign Investment Lab

Nell’ultimo anno le prospettive macroeconomiche mondiali sono state favorevoli ai fondi sovrani. La ripresa congiunturale iniziata nel 2016 è proseguita nel 2017, con una crescita superiore al 4 per cento nella seconda metà dell’anno, la più forte dalla seconda metà del 2010. Dopo due anni subottimali, nel 2017 il commercio mondiale ha registrato una forte ripresa, raggiungendo un tasso di crescita reale stimato del 4,9 per cento secondo il Fondo monetario internazionale. I mercati emergenti e le economie in via di sviluppo hanno avuto un ruolo importante in questo processo. Le economie asiatiche, e in particolare la Cina, hanno registrato una performance spettacolare e, grazie alle migliori prospettive, i paesi con un fondo sovrano nella regione Asia-Pacifico hanno visto crescere il proprio stock di riserve valutarie del 4,5 per cento nel 2017, raggiungendo i 3.900 miliardi di dollari alla fine del terzo trimestre del 2018.
I prezzi del petrolio e del gas naturale continuano ad aumentare, alleviando la difficile situazione delle finanze pubbliche dei paesi produttori. La risalita iniziata nella seconda metà del 2017 ha acquistato slancio, con il prezzo del paniere di riferimento dell’Opec che è salito del 20 per cento durante l’ultimo semestre per chiudere a 65 dollari il barile.

Il rally dei prezzi del petrolio ha consentito la ripresa della bilancia delle partite correnti di diversi paesi della regione Mena rispetto ai disavanzi registrati negli ultimi due anni. Tuttavia, il miglioramento delle prospettive macroeconomiche non ha impedito che lo stock di riserve valutarie di molti paesi continuasse a scendere. L’Arabia Saudita ha limitato la sua perdita al 4 per cento, mentre il Qatar, ancora sotto embargo, ha pagato un tributo enorme per sostenere la sua economia in difficoltà, riducendo le sue riserve alla fine del primo trimestre a 17 miliardi di dollari, una diminuzione del 50 per cento rispetto allo scorso anno.  
Il 2017 sarà ricordato come un anno di ripresa per i fondi sovrani e i loro paesi d’origine, poiché l’aumento del prezzo del petrolio ha dato un po’ di fiato ai paesi del Golfo e la ripresa del commercio mondiale è andata a vantaggio dei paesi esportatori, in particolare della regione Asia-Pacifico. Il 2018 ha avuto un inizio promettente da un punto di vista macroeconomico, ma potrebbe diventare più difficile non appena i mercati e gli investitori cominceranno a rendersi conto dei cambiamenti fondamentali che si stanno verificando nell’economia globale.

La politica America First del presidente Trump si è spostata dagli annunci all’esecuzione. Il forte aumento delle tariffe sull’acciaio e sull’alluminio provenienti dal Messico, dal Canada e dall’Unione europea ha aperto la possibilità concreta di una guerra commerciale che potrebbe coinvolgere i partner commerciali degli Stati Uniti, tra cui la Cina. Ciò ha avuto conseguenze tangibili sul sentiment degli investitori: all’annuncio di queste barriere commerciali all’inizio di marzo i mercati sono crollati per la seconda volta in poche settimane. I mercati hanno già subito una correzione nei primi mesi di febbraio per il timore di un aumento dell’inflazione a seguito del surriscaldamento dell’economia americana dopo l’annuncio di ingenti tagli fiscali, e devono affrontare la questione non banale del ritorno a una politica monetaria più ordinaria, con la progressiva fine del programma di acquisto di obbligazioni della Banca centrale europea e l’innalzamento dei tassi di interesse negli Stati Uniti. L’impennata protezionistica delle politiche di Trump potrebbe effettivamente portare a una riduzione del disavanzo commerciale degli Stati Uniti e del commercio in generale, con la conseguenza ultima di frenare la crescita globale e gli investimenti esteri da parte dei paesi esportatori. In assenza di cambiamenti, nel prossimo futuro i motori della crescita degli attivi dei fondi sovrani  (i prezzi del petrolio, l’eccedenza commerciale e i mercati azionari forti) cesseranno di rombare. Inoltre, i governi dei mercati emergenti (in particolare i paesi produttori di energia) cercheranno di sfruttare i fondi sovrani per bilanciare le perdite di reddito e stabilizzare le loro economie nazionali. La chiusura del Russian Reserve Fund e il cambiamento di strategia e la riorganizzazione in atto in alcuni fondi nei paesi del Gulf Cooperation Council sono le prime battute di questo grande cambiamento. I fondi sovrani sopravvivranno e si adatteranno a questo nuovo ambiente difficile? È presto per dirlo, ma con 6.000 miliardi di dollari di attività e una forte leadership, hanno una buona possibilità di farcela questa volta, come ce l’hanno fatta nelle congiunture più critiche della loro storia.
 

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