La comunicazione? Un affare da consulenti
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La comunicazione? Un affare da consulenti

ACCENTURE, PWC, IBM E DELOITTE SONO I NUOVI CONCORRENTI DEI GRANDI GRUPPI CHE PER ANNI HANNO FATTO LA STORIA DELLA PUBBLICITA'. AD APRIRGLI LA STRADA LA FORZA DIROMPENTE DEL DIGITALE

di Anna Uslenghi, docente di advertising media planning

Nella classifica dei dieci maggiori gruppi mondiali della comunicazione stilata nel 2017 da AdAge tra il sesto e il nono posto, subito dietro le holding di agenzie (Wpp, Omnicom, Publicis groupe, Interpublic e Dentsu), ci sono quattro società di consulenza, nell’ordine Accenture, PwC, IBM e Deloitte. Insieme hanno fatturato nella comunicazione più di 13 miliardi di dollari a livello globale. Dalla top ten dei singoli network, sempre di AdAge, si scopre poi che Accenture Interactive è di fatto, per ricavi, la più grande agenzia del mondo, più grande della Y&R, della McCann, della Bbdo, della Publicis, della Ddb o di qualsiasi altra multinazionale storica della pubblicità. D’altra parte anche durante i Cannes Lions lo scorso giugno, stando al racconto di chi c’era, la presenza sulla Croisette dei giganti della consulenza sembra si sia fatta molto notare.

E da un paio di sondaggi condotti qualche mese fa negli Stati Uniti da autorevolissimi istituti di ricerca emerge che una buona parte delle aziende americane non escluderebbe o starebbe già pensando di affidare in toto a una società di consulenza il proprio marketing digitale, lavoro creativo compreso. Non è una buona notizia per le agenzie che vedono insidiato il loro primato proprio nel campo da cui traggono ormai quasi la metà degli introiti.
L’industria pubblicitaria non subiva uno scossone di questa portata dai tempi della separazione dei dipartimenti media dai dipartimenti creativi, ormai trent’anni fa. Adesso è la forza dirompente del digitale a scombussolare gli equilibri: per costruire le marche la pubblicità è ancora fondamentale, eccome se lo è, ma non basta – nemmeno gli spot del Super Bowl da cinque milioni di dollari bastano – perché le marche sono sempre di più il risultato di svariate forme di interazione con i clienti, di nuovi servizi e di molteplici esperienze spesso interamente basati sulla (o arricchiti dalla) tecnologia. Con la trasformazione digitale branding, comunicazione e tecnologia sono inevitabilmente interconnessi, al punto che oggi, secondo una stima della Gartner, la fetta più grossa della spesa in tecnologie informatiche di un’impresa non è controllata dal Chief information officer ma dal direttore marketing.
Le società di consulenza – che si muovevano peraltro da una posizione di vantaggio competitivo, fondata su leadership tecnologica, capacità di analisi dei dati, competenze trasversali, soluzioni strategiche in grado di ridisegnare prodotti, business e catene del valore e, tutt’altro che marginale, la possibilità di interfacciarsi direttamente con il vertice e il top management delle aziende clienti – si sono fatte trovare pronte e hanno colto più velocemente delle agenzie l’opportunità di allargare il proprio raggio d’azione.

Per riposizionare la loro offerta avevano bisogno di due risorse chiave, competenza nei contenuti e creatività, e se le sono comprate, dapprima acquisendo agenzie specializzate nel web e mobile marketing, negli ultimi tempi inglobando boutique e agenzie creative indipendenti (da noi, in autunno, EY ha acquisito Italia Brand Group). Qualche mese fa i media hanno incominciato a ipotizzare una scalata da parte di Accenture a uno dei primi cinque gruppi pubblicitari; guardando le rispettive capitalizzazioni di borsa non sarebbe uno scenario inverosimile.
Questi nuovi player della comunicazione non arriveranno probabilmente mai a realizzare gli spot che si vedono in tv ma sconfinando nei servizi creativi e nel content marketing sono diventati concorrenti molto temibili per le agenzie, le quali si stanno dando da fare per recuperare il ritardo, integrando i dati nell’analisi del consumatore, razionalizzando le strutture organizzative e sviluppando la propria capacità di comprendere il business dei clienti.
Difficile immaginare quale sarà il panorama tra cinque anni ma certamente sarà diverso dall’attuale.
 

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