La spinta gentile che fa bene a musica and co.
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La spinta gentile che fa bene a musica and co.

SOSTENERE IL CONSUMO DI ARTE E DI CULTURA ISPIRANDOSI AI NUDGE DEL PREMIO NOBEL RICHARD THALER NON E' SOLO UNA TEORIA MA SEMPRE PIU' UNA PRATICA, CHE PARTE DAL RIDISEGNARE L'ARCHITETTURA DELL'OFFERTA

di Alex Turrini, direttore Acme Bocconi

La conferma nella manovra di bilancio per il prossimo anno del bonus cultura a favore dei diciottenni, nonostante il livello insoddisfacente di utilizzo (take up ratio) registratosi da parte dei destinatari di tale misura nel 2017, rende opportuno ragionare su quali misure possano essere realmente efficaci per sostenere il consumo di arte e di cultura soprattutto negli anni più formativi della persona.
A un estremo troviamo posizioni che sostengono la libertà del cittadino/utente e la necessità che la pubblica amministrazione intervenga solo in via residuale nella vita sociale e culturale degli individui. Tali posizioni libertarie assumono non solo che il consumo di arte e cultura non presenti esternalità di rilievo (per esempio contribuendo a formare cittadini più onesti e sensibili al bene comune), ma anche che gli individui siano attori perfettamente razionali e sappiano cosa è meglio per loro. All’altro estremo approcci più paternalistici sono propri di chi diffida della razionalità olimpica dei consumatori, assumendo che solo un potere coercitivo come quello dello Stato e delle istituzioni culturali o educative possa costringere cittadini a fare la scelta giusta (ossia più utile per la propria crescita umana e intellettuale).

Più recentemente ha acquisito consensi sia in ambito accademico (come testimonia il premio Nobel di quest’anno) sia tra i policy maker una posizione più moderata e di compromesso, che propugna un intervento dei decisori pubblici simile a una spinta gentile (nudge, nella terminologia del premio Nobel Richard Thaler). Il decision maker non impone scelte, né si rassegna a svolgere un ruolo di certificatore delle volontà del cittadino, ma lo aiuta a scegliere l’opzione migliore. In questo senso, guardando ad altri ambiti di policy, si pensi all’efficacia di misure che inducono i cittadini a perdere peso segnalando la quantità di calorie bruciate salendo le scale di una metropolitana, così come il disegno di un insetto al centro di un orinatoio per indurre gli uomini a tenere asciutto il pavimento di un bagno pubblico. Oltre che efficaci, questi metodi si dimostrano spesso relativamente economici, cosa non di poco conto data le risorse sempre più limitate a disposizione delle amministrazioni pubbliche. 
Tale attenzione al «dettaglio che persuade» (anche questa espressione è stata coniata da Thaler) potrebbe avere utili applicazioni in campo artistico. Alcuni esperimenti hanno infatti dimostrato come semplicemente ridisegnando l’architettura dell’offerta culturale si possa spingere il cittadino a fare la scelta giusta per se stesso. Per esempio, è stato sperimentato come i giovani siano meno interessati alla musica classica quando ascoltano strutture musicali semplici rispetto a quando ascoltano strutture musicali poco comprensibili (come la musica contemporanea) accompagnate da una spiegazione del pezzo musicale.

Assumendo che l’interesse verso la musica sia un buon predittore della scelta di acquistare ancora musica in futuro, modificando la forma di presentazione di un concerto di musica contemporanea se ne potrebbe favorire il consumo invece di rischiare un allontanamento da questa forma d’arte perché incomprensibile.
Ancora: è stato dimostrato che i quadri di uno stesso artista che suscitano emozioni positive siano più efficaci nel produrre curiosità e voglia di studiare quell’artista  di quadri che suscitano emozioni negative. Anche in questo caso, accanto alla scelta curatoriale di quali quadri proporre in una mostra, la giusta sequenza di quadri potrebbe avere effetti diversi (più o meno positivi) sulle scelte successive di fruizione artistica e culturale del visitatore di una mostra.

Questi esempi tratti da recenti studi di estetica sperimentale illustrano come un ripensamento dell’architettura dell’offerta culturale di un’istituzione possa essere in linea con il mandato educativo delle istituzioni culturali, evitando una marketization esperienziale eccessiva di queste istituzioni che, in molti casi, deprime il contenuto artistico.  È sufficiente insomma disegnare e imprimere una serie di spinte gentili verso un consumo culturale forse meno disimpegnato, ma più utile per la società e gli individui.
 
 

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