Bollicine (di cereali) da Oscar
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Bollicine (di cereali) da Oscar

UNA BIRRA GOURMET PENSATA PER IL PUBBLICO FEMMINILE E VENDUTA IN LOCALI ESCLUSIVI. LA MISSION, POSSIBLE, DELL'ALUMNUS OSCAR SEVERI

Birra? Champagne? «Siamo bollicine da cereali». Con queste parole Oscar Severi, laureato in economia aziendale nel 2000, un passato da manager a Parigi presso Bnp Paribas e L’Oreal, descrive SoaSià, la sua luxury beer da circa 200 euro a bottiglia, venduta solo in locali esclusivi. Ma per capire come ci sia arrivato bisogna fare un salto indietro alla fine degli anni 90, quando Oscar si trovava a Chicago per motivi di studio. «Venivo invitato a feste ed eventi e, in quanto italiano, ero ritenuto esperto di vini e mi chiedevano spesso un parere.

Lo esprimevo, ma senza nessuna competenza specifica». Tornato in Italia, Oscar decide di affinare le sue conoscenze diventando sommelier e poi degustatore ufficiale, prima di dirigere l’interesse verso il mondo, allora assolutamente alternativo a quello del vino, della birra: «Frequento vari corsi e, insieme a Franco Re, una delle massime autorità europee del settore, comincio a pensare a un prodotto versatile, per ogni occasione, che partendo dalla tradizione delle abbazie belghe la unisca al metodo champenoise per creare un prodotto che piaccia molto anche alle donne». Una sfida non banale, perché il settore brassicolo è quanto di più maschilista e tradizionalista ci sia. Siamo al 2011, dopo un anno di tentativi per affinare la ricetta nasce OriGinalis, birra da circa 20 euro la bottiglia. La sfida però è più alta e guarda al mercato delle luxury beer, davvero poco frequentato. «Decido di sfidare ogni legge di mercato e creo a inizio 2016 SoaSià, un parto lungo e difficile per creare la ricetta, individuare il mercato e anche la veste, un’elegante bottiglia scura in formato Champagne».

Oggi SoaSià viene venduta negli hotel 5 stelle e alla Rinascente, e prodotta in Belgio e in Italia. Ma se con il suo prodotto di punta Oscar mira a creare un nuovo mercato, con un altro, AlaiS, cerca di intercettare un mercato che già c’è ed è in crescita. «È quello del bio, di chi ha intolleranze, di chi vuole un prodotto certificato vegano, cosa che pochissimi, forse nessuno in questo settore, può garantire». Oggi che la sua azienda, dal nome Peel Pie, sta crescendo e incominciando a farsi conosce anche all’estero, per Oscar è tempo di cercare qualcuno che lo affianchi nell’avventura: «Sto cercando investitori, guardo al mondo vitivinicolo ma non solo, anche a investitori finanziari. Credo in questo prodotto che ha un enorme potenziale».
 

di Davide Ripamonti

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