Alla ricerca dell'idea di Europa
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Alla ricerca dell'idea di Europa

IL RUOLO DEGLI ECONOMISTI E DEI GIURISTI NELLA DEFINIZIONE DEL PROGETTO EUROPEO. PERCHE' L'INTEGRAZIONE POLITICA PASSA ANCHE PER I LORO STUDI

di Guido Tabellini, ordinario del Dipartimento di economia

Pur essendo un progetto politico, l’integrazione europea è stata profondamente influenzata dalle idee prevalenti in campo economico. Il Mercato unico, la mobilità dei capitali e delle persone, l’euro, sono gli aspetti forse più importanti e simbolici dell’integrazione europea. Tutti questi progetti sono stati guidati dalle idee degli economisti, sia nella fase inziale di concepimento che nella loro realizzazione pratica. 
Ovviamente le idee degli economisti non nascono dal nulla, ma sono il frutto della ricerca in campo economico. Per questo non è un’esagerazione dire che la ricerca economica ha avuto, e presumibilmente continuerà ad avere, un ruolo fondamentale sull’integrazione europea.
L’influenza predominante degli economisti non sempre è stata un bene per l’Europa. Non perché le idee economiche che hanno guidato l’integrazione si siano rivelate sbagliate – anche se sicuramente sono stati commessi degli errori. Ma perché, in alcuni casi, l’integrazione economica è stata una distrazione che può avere impedito di compiere passi avanti più decisi in aree diverse dall’economia.

Oggi l’Europa avrebbe bisogno di una maggiore offerta di beni pubblici “globali”, in particolare con una politica comune della difesa e della lotta al terrorismo, una politica estera comune, una politica dell’immigrazione e della difesa dei confini, una politica energetica europea. Questa esigenza è condivisa dalla grande maggioranza dei cittadini europei, che in base ai sondaggi vorrebbero un maggior ruolo dell’Europa in tutti questi campi.  Ma i politici e le burocrazie nazionali sono restii a cedere prerogative, forse anche perché sono stati meno contaminati dalle idee prevalenti e dalla ricerca in queste aree.
Oggi l’integrazione economica europea si trova di nuovo a un punto di svolta. Da un lato, infatti, la crisi finanziaria degli anni passati ha rivelato che le fondamenta istituzionali dell’euro sono fragili e vanno rinforzate. Dall’altro, si sta aprendo una finestra di opportunità politica: dopo le elezioni tedesche, Angela Merkel ed Emmanuel Macron vorranno dare un nuovo impulso all’Europa. Anche questa volta, il se e il come questa opportunità verrà colta dipenderà, oltre che dagli interessi nazionali, anche dalla bontà delle idee sul tappeto.
 
Unione fiscale: due visioni a confronto
A questo proposito, si scontrano due visioni su come riformare le fondamenta della moneta unica. La prima visione, largamente condivisa nel Nord Europa, parte dall’idea che si debba rinforzare il ruolo dei mercati finanziari nell’imporre la disciplina di bilancio sui governi dell’Eurozona. Per raggiungere questo obiettivo, sono state formulate varie proposte, tra cui: (i) rendere automatica la ristrutturazione del debito sovrano per i paesi che chiedono aiuto al Meccanismo europeo di stabilità; (ii) costringere le banche a diversificare il loro bilancio, per impedire un’eccessiva concentrazione di titoli di stato del proprio paese; (iii) imporre una giurisdizione europea comune a tutti i paesi per le emissioni dei titoli di stato, sottraendoli alla giurisdizione nazionale,  per ridurre le incertezze e le difformità di trattamento nel caso di ristrutturazione del debito. Questa visione è fondata su un’idea sbagliata. Una delle lezioni tratte dalla crisi finanziaria è proprio che i mercati non sono in grado di disciplinare con efficacia i debitori sovrani: sono troppo accondiscendenti quando le cose vanno bene, e cambiano opinione troppo repentinamente quando le cose vanno male. Se queste proposte venissero attuate, i paesi ad alto debito si troverebbero a dover gestire una domanda di debito pubblico volatile e presumibilmente ridotta, senza più alcuno strumento per far fronte all’emergenza.
Una visione alternativa, più consona agli interessi dei paesi economicamente più deboli, suggerisce invece di dotare l’Eurozona di una sua (piccola) capacità fiscale.  Questo consentirebbe di attuare politiche fiscali di stabilizzazione della domanda aggregata, senza sovraccaricare la politica monetaria quando i tassi di interesse sono prossimi allo zero. Inoltre, vi sarebbero più risorse per affrontare la prossima crisi finanziaria. Realizzare un’”unione fiscale”, per quanto su scala limitata, richiederebbe però di accelerare il percorso di integrazione politica (oltre a imporre una revisione dei trattati e forse in alcuni paesi anche riforme costituzionali). E tutto questo oggi appare prematuro.
 
L’ostacolo è il nazionalismo
Quali sono i principali ostacoli a una maggiore integrazione politica in Europa, quantomeno tra un gruppo di paesi? In un recente lavoro con Alberto Alesina e Francesco Trebbi suggeriamo che la risposta non riguarda presunte differenze tra gli atteggiamenti, le credenze o i valori dei cittadini europei.  Dal punto di vista culturale, le differenze tra un francese e un italiano o un tedesco non sono molto maggiori di quelle che si osservano all’interno di ogni paese, e sono simili alle differenze culturali tra diversi cittadini americani. Il vero ostacolo all’integrazione politica europea sono i sentimenti di identità nazionale.  Per via della storia passata, ognuno di noi si identifica con la propria comunità nazionale più che con l’Europa. Ma quanto persistenti sono questi sentimenti nazionalistici, e cosa si può fare per rinforzare l’identificazione con l’Europa? E che effetto avrebbe una maggiore integrazione politica su questi sentimenti di identificazione? Avvicinerebbe gli europei gli uni agli altri, o potrebbe avere l’effetto opposto, di aumentare le occasioni di conflitto e di opposizione tra paesi? Su questi e tanti altri temi cruciali per il futuro dell’Europa, la risposta è ancora aperta, e la ricerca economica può dare contributi importanti.

Per approfondire
L’agenda dell’integrazione che verrà
Il vero ostacolo al circolo virtuoso tra crescita e fiducia
Terrorismo, il conflitto delle norme
I deficit del piano per i Neet
Debito pubblico, la lezione greca
I giudici dell’euro web
Se l’unione monetaria è meglio
La pressione fiscale non ha colore
 

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