Il So'Riso di Valentina
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Il So'Riso di Valentina

L'ALUMNA, AD DI RISO SCOTTI DANUBIO, SPIEGA PERCHE' HA PUNTATO SUL RISOTTO. E DOVE ARRIVERA' GRAZIE A ESSO

Dal risotto al riso. Gastronomicamente parlando a qualcuno potrà sembrare un passo indietro, in realtà è la parabola che molte aziende risiere italiane hanno percorso per accedere a un mercato più ampio, vario e interessante di quanto non lasci supporre il popolare primo piatto della cucina italiana.
Lo sanno bene anche in Riso Scotti, l’azienda pavese (al 25% della partecipata dalla multinazionale spagnola Ebro Foods) che da oltre 150 anni produce e lavora tonnellate di materia prima e che col tempo ha inserito la commodity riso in nuovi segmenti di mercato (pasta al riso, olio di riso, bevande vegetali, crackers di riso...) con prodotti distribuiti in oltre 80 paesi.
Un’espansione imprenditoriale che ha superato ben presto i confini di una semplice brand extension e che ora prosegue verso nuovi paesi e nuovi settori anche con le nuove generazioni.
È il caso di Valentina Scotti, 33 anni, la maggiore delle tre figlie di Dario, il dottor Scotti del celebre claim. Laureata in Bocconi, 33 anni, con esperienze nella consulenza, oggi Valentina è la persona scelta dall’azienda per conquistare l’Est Europa (è ad di Riso Scotti Danubio, la più importante sede estera del gruppo, 22 milioni di euro di fatturato), e sviluppare un altro ramo del business, quello legato al food e ai derivati di tipo biologico al benessere, con un nuovo brand, So’Riso.

Si offenderebbe se qualcuno definisse So’Riso un’operazione di food marketing?
No, anche se naturalmente è molto di più. Il marketing anche nel food ha avuto mille evoluzioni, sarebbe facile fosse come un tempo, quando andavi in tv, dicevi “questo è buono”, e vendevi. Oggi la comunicazione dei consumer goods richiede alle aziende una competenza assoluta, serietà, conoscenza perfetta non solo del proprio prodotto, ma delle materie prime, dei fornitori, della filiera... Anche perché con l’informazione che c’è in rete il consumatore è molto più preparato, più smaliziato. So’Riso è un progetto imprenditoriale vero e proprio, partito nel 2014 come format che è sfociato presto nel retail con l’apertura di un bistrot in un centro commerciale di Assago e, ora, con un secondo locale a Milano in corso Magenta. Lì i prodotti si provano, quindi non c’è marketing che tenga!
Quali sono le difficoltà maggiori nell’esordire nel retail per un’azienda che non l’ha mai fatto?
Sicuramente familiarizzare con la cultura del servizio e del contatto diretto con il consumatore, che qui è proprio un cliente. Perché per il resto se c’è alle spalle un marchio forte, con un patrimonio di affidabilità e fiducia, tutto è più facile.
Eppure voi non avete chiamato i locali Riso Scotti...
Veramente mio papà non si è ancora del tutto rassegnato. Per lui l’insegna avrebbe dovuto essere quella. Forse solo ora mi dà ragione sul fatto che per la sensibilità italiana, che è sempre alla ricerca di un’esperienza da ristorazione, meglio puntare su un nuovo brand pensato ad hoc. Negli Usa le catene in franchising esistono da anni e sono sinonimo di qualità, in Italia è così soltanto da poco, non sarebbe stato corretto esporre il marchio dell’azienda anche ai possibili rischi conseguenti dall’operazione. Tuttavia, al momento di esportare il modello di retail all’estero, l’insegna sarà Riso Scotti perché in quel caso c’è un sogno più ambizioso...
E sarebbe?
Ma sì, lo dico, in fondo si vive di sogni. Io vorrei arrivare nella Gdo di alcuni paesi stranieri proprio passando per il retail, facendo un po’ il contrario del percorso fatto in Italia e completando così il passaggio da marchio di risotti a marca di riso anche all’estero. Un esempio? A Londra, per esempio, ho in mente il marchio Nando’s, una catena di ristoranti afro-portoghesi che oggi ha anche i suoi prodotti sugli scaffali dei supermercati. Mi piacerebbe ripercorrere la stessa strada.
Tornando al progetto So’Riso, quali sono gli elementi vincenti della proposta?
Alla base c’è l’idea di puntare sul legame tra riso e benessere; inoltre la mia precedente esperienza in Usa mi aveva già dimostrato che le tendenze del food verso i cereali antichi, il veganesimo, l’all grain, sarebbero presto arrivate anche da noi. Qui in Italia, poi, Riso Scotti aveva già una linea di prodotti 100% riso, o senza glutine, bisognava solo scrollarsi di dosso l’equivalenza: ristorante Scotti uguale risotteria. A questo ha contribuito anche la partnership con chef importanti come Davide Oldani, che firma il nostro menù aperitivo e che condivide con noi un’idea di cucina del futuro che punti su pochi ingredienti, poca lavorazione, grande creatività e molta attenzione al corretto apporto di carboidrati, proteine e grassi.
 

di Emanuele Elli

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