Quando Jack Ma (Alibaba) mi disse Take your time
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Quando Jack Ma (Alibaba) mi disse Take your time

MANAGING DIRECTOR PER IL SUD EUROPA DEL GIGANTE DELL'ECOMMERCE, L'ALUMNUS RODRIGO CIPRIANI NE CURO LO SVILUPPO DEL NETWORK E SPIEGARNE ALLE AZIENDE ITALIANE LA FILOSOFIA

Take your time. Con questo incoraggiamento il fondatore di Alibaba, Jack Ma, investiva due anni fa Rodrigo Cipriani Foresio, laureato Bocconi, del compito di sviluppare la divisione italiana del network cinese. «Fu una rassicurazione, seguita da una dichiarazione di intenti molto chiara», ricorda il manager, 53 anni, oggi managing director Alibaba Group per il Sud Europa. «Noi saremo in Italia almeno per i prossimi 25/30 anni, mi disse, perciò costruisci una base solida, prenditi il tempo per fare le cose bene. In quel momento ho capito cosa si intende quando si parla della capacità di visione e pianificazione delle aziende cinesi. Nell’head quarter di Hangzhou non è raro che ci siano riunioni sullo sviluppo a 20 o a 30 anni».
 
E dopo questi primi 18 mesi in Italia?
Bilancio molto positivo. Abbiamo una sede nel cuore di Milano, dove lavora uno staff di 11 persone. Il compito principale che mi era stato assegnato era di portare aziende e brand italiani sulle nostre piattaforme di e-commerce per raggiungere i 454milioni di consumatori cinesi collegati. In questi mesi abbiamo aperto più di 60 store, più di tutto il resto d’Europa. Abbiamo appena inaugurato la parte italiana di Alibaba.com, piattaforma per il B2B worldwide, la più grande al mondo, che mette in contatto circa 100 milioni di buyer con 2 milioni di supplier in 190 paesi del mondo.
 
Tra gli obiettivi c'è anche quello di inserire Alibaba tra i luoghi dello shopping online dei consumatori italiani?
Non è tra le nostre mission. Noi dobbiamo anzitutto spiegare alle aziende italiane la filosofia e l’ecosistema di Alibaba che è molto articolato. E da qui lavorare per definire la strategia per valorizzare i loro marchi. Sul nostro marketplace viaggiano circa 1,2 miliardi di prodotti, o sai ricavarti una nicchia di notorietà o, anche se il mercato cinese è un’opportunità, scompari.
 
Come rispondono le imprese italiane?
C’è interesse, l’opportunità è abnorme. L’Italia è un paese esportatore, il secondo dopo la Germania in Europa. È vero che su 225mila aziende che esportano, il 40 per cento ha come destinazione un paese solo, ma il dato che lascia pensare è che dall’Italia si esporta più in Svizzera e in Belgio che in Cina. La differenza è che per vendere in Cina ci sono delle oggettive difficoltà e occorre essere preparati per affrontare questa complessità. Purtroppo devo riscontrare che è difficile trovare tra gli interlocutori italiani manager preparati, con alle spalle business plan a medio-lungo termine. Tanti si immaginano di cominciare oggi e guadagnare domani, magari anche senza un’esperienza di e-commerce.
 
Quali sono le caratteristiche che deve avere un marchio per farsi apprezzare?
Ci vuole un progetto mirato a far crescere la domanda in Cina. Il business di Alibaba non è aprire store, è vendere. Alibaba guadagna una commission sul buon fine della vendita. Anche per questo su Alibaba non ci si può iscrivere, si può solo essere invitati. Tra le informazioni che ci scambiamo con la Cina molte riguardano i brand che là sono più desiderati, e non è detto che questo corrisponda alla nostra percezione. Tempo fa, per esempio, ci hanno segnalato da Hangzhou che c’era grande interesse per i prodotti di Chiara Ferragni. E alla fine abbiamo aperto lo store con lei prima che con tanti altri brand della moda.
 
In che misura, per Alibaba, si può parlare di investimenti in Italia?
I nostri sono tutti, indirettamente, investimenti che dovrebbero produrre benefici alle aziende italiane. Il servizio che potrebbe generare il maggiore indotto, però, è Alipay, la piattaforma per i pagamenti da smartphone. È un’operazione win win, a costo quasi zero, che permette ai consumatori cinesi di spendere più soldi in Italia. Il turista cinese non usa la carta di credito, è abituato a pagare con il cellulare perché Alipay ce l’hanno già 500 milioni di cinesi, e quando va all’estero non può portarsi troppo cash. Poter pagare con Alipay ha dunque un vantaggio immediato. Prima dell’estate quasi 3mila negozi e punti vendita in Italia saranno abilitati a questo strumento ma mi auguro per il sistema italiano che la diffusione sia esponenziale.
 
Per approfondire
China Inc: l’Impero Celeste ha cambiato strada. Di Andrea Colli
L’impresa digitale cinese. Di Elisabetta Marafioti
La strategia del pallone. Di Dino Ruta
Ecco perché il dialogo italo-cinese è un’opportunità per tutti. Intervista a Marco Tronchetti Provera
Ghizzoni: vi spiego perché Tencent ha scelto l’Italia per conquistare l’Europa
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Xing Kelly Chen: le ragioni, e il successo, dell’espansione
Quattro phd cinesi in Bocconi: cosa vi può dare il nostro paese

 

di Lorenzo Martini

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