Vi spiego perche' Tencent ha scelto l'Italia per conquistare l'Europa
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Vi spiego perche' Tencent ha scelto l'Italia per conquistare l'Europa

GHIZZONI, ALUMNUS DIRETTORE DI TENCENT EUROPEAN, IL COLOSSO CINESE DI WECHAT, ILLUSTRA LA STRATEGIA DI ESPANSIONE DELL'AZIENDA

Quando, nel 2014, Andrea Ghizzoni, laureato Bocconi, fu chiamato a sviluppare in Europa il business di Tencent, colosso cinese delle telecomunicazioni, era il primo dipendente della holding sul continente e uno tra i pochissimi manager europei di multinazionali cinesi delle tecnologie. Oggi il panorama è cambiato, e anche Ghizzoni, forse, si sente meno solo... «Sì, in effetti qualche volta, magari in aeroporto o a qualche convegno, mi capita di incontrare un collega, o qualcuno che lavora per aziende cinesi in Europa. Prima non mi capitava mai», ride Ghizzoni, 38 anni, Tencent European director. «Quello che noto, però, è che le aziende cinesi in Europa e in Italia non fanno sistema. Forse anche perché non c’è molto in comune tra chi è in Italia per vendere merci cinesi agli italiani e chi, come Tencent, è in Italia per portare il Made in Italy ai clienti cinesi».

Quando siete sbarcati in Italia in molti hanno creduto che l’obiettivo fosse esportare WeChat. I risultati dicono che non è successo...
Dalla prospettiva del consumatore italiano non siamo cresciuti, ma oggi è chiaro a tutti che non è questo il nostro scopo. Non ci interessa convertire gli italiani a lasciare WhatsApp o altri servizi di messaggistica. Essere nuovi, diversi, e per giunta cinesi, in Europa non aiuta e inoltre quelle relative all’uso dei social o delle app sono abitudini difficili da sradicare. Noi però puntiamo alle aziende e a portare il loro business sulle nostre piattaforme. In questo senso siamo molto soddisfatti della crescita.
 
Che cosa offrite alle aziende?
Nei nostri incontri con le imprese italiane facciamo leva sull’enorme user base, ma anche sulla tecnologia del nostro ecosistema. WeChat in Cina vince perché è Internet, è il portale d’accesso per una serie di servizi che oltre alla chat offrono social, edicole digitali, game store, app, telefonia, multimedia, servizi di pagamento... La strategia di Tencent è a lungo termine e prevede di montare anche in Europa tutto questo ecosistema, come per altro stanno facendo Facebook o Google...
 
Perché l'espansione in Europa è iniziata dall’Italia?
L’Italia ha molti assett: il turismo, la vocazione manifatturiera, il brand made in Italy, molte location di fama mondiale. È un mercato piccolo ma ricco di brand forti e in questa concentrazione il business poteva crescere più rapidamente. Per questo è stata scelta come testa di ponte per l’Europa e Milano è stata scelta come sede dell’hub europeo. Attualmente nella nuova sede di Porta Vittoria siamo una ventina, due persone sono in un ufficio a Londra e abbiamo in programma un prossimo sbocco in Francia o in Benelux. Entro un anno contiamo di raddoppiare il personale nel continente.
 
Quali le difficoltà nel confrontarsi con il sistema delle imprese italiane?
La particolarità dell’Italia è che ci sono molte aziende medio-piccole, tante ancora in mano agli imprenditori, che gestiscono brand anche importanti con la propria filosofia ma senza troppa organizzazione, soprattutto per quanto riguarda l’export. Nella maggior parte dei casi, di fronte alla consapevolezza delle difficoltà, queste aziende decidono di affidarsi a un distributore sul territorio, accettando di avere meno utili e di perdere il controllo su una parte della propria produzione. Con WeChat invece le redini di tutto il processo le tiene sempre l’azienda.
 
È difficile reperire risorse preparate per lavorare in un’azienda cinese?
È difficile trovare persone che parlino bene cinese, questo sì. Anche perché è difficile trovare bravi maestri, cioè persone cinesi che parlino un bel cinese, qui in Italia. Se a questo si somma il fatto che scarseggiano anche i giovani che abbiano una forte propensione internazionale, si capisce perché è complicato sostenere l’idea di creare un hub italiano per tutta l’Europa. L’aspetto che più mi incoraggia, però, è che il mondo delle startup ha molto appeal sui giovani, anche su quelli più qualificati, che una volta sarebbero andati dritti a bussare alle porte della consulenza. Oggi lavorare in questo settore è cool!

Per approfondire
China Inc: l’Impero Celeste ha cambiato strada. Di Andrea Colli
L’impresa digitale cinese. Di Elisabetta Marafioti
La strategia del pallone. Di Dino Ruta
Ecco perché il dialogo italo-cinese è un’opportunità per tutti. Intervista a Marco Tronchetti Provera
Cipriani Foresio: quando Jack Ma mi disse take your time
Francia: così da Pechino aiuto le imprese cinesi ad acquisire competenze
Xing Kelly Chen: le ragioni, e il successo, dell’espansione
Quattro phd cinesi in Bocconi: cosa vi può dare il nostro paese

 

di Lorenzo Martini

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