Donne e ricerca: Annamaria Lusardi, la persistenza prima di tutto
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Donne e ricerca: Annamaria Lusardi, la persistenza prima di tutto

ALUMNA BOCCONI, ECONOMISTA DELLA GEORGE WASHINGTON UNIVERSITY SCHOOL OF BUSINESS, IL SUO FOCUS E' L'ALFABETIZZAZIONE FINANZIARIA

Ha creato qualcosa che non c’era, l’alfabetizzazione finanziaria, e l’ha portata all’attenzione del governo americano diventandone consulente. Così, Annamaria Lusardi, laureata nel 1986 in Bocconi con un phd a Princeton, è riuscita a dare rilievo a questo campo dell’economia che oggi sempre più spesso coinvolge i cittadini: «sia quando sono chiamati a esprimere la propria opinione su riforme di carattere economico finanziario, attraverso il voto, sia quando fanno scelte riguardo al proprio futuro». Al Dartmouth College aveva fondato un centro di ricerca sulla financial literacy e trasferendo quell’esperienza alla George Washington University School of Business ha dato vita al Global Financial Literacy Excellence Center (Gflec). Determinata, coinvolgente e consapevole del valore del proprio lavoro, La Lusardi è stata riconosciuta dal New York Times come uno dei sei economisti più influenti al mondo.

Nella ricerca, che ruolo hanno le donne?
Sono passati trent’anni da quando ho iniziato la vita accademica e la situazione non è cambiata di molto: gli incarichi alti sono ancora troppo spesso ricoperti da uomini. La mia e quella delle colleghe è una battaglia quotidiana perché occorre essere molto aggressive e, nello stesso tempo, capaci di tenere le fila di tutto: fare ricerca, gestire gruppi di persone, fare fundraising, competere con gli uomini.

La testa delle donne e quella degli uomini è diversa nell’approccio alla ricerca?
Credo di sì. Penso di essermi appassionata alla financial literacy perché sono una donna: in questo campo ci sono più ricercatrici rispetto agli altri ambiti dell’economia, forse perché è stato considerato un tema minore ma io sono qui a dimostrare che non è così. E poi perché l’alfabetizzazione finanziaria ha a che fare con l’educazione, che un ambito molto femminile.

Quale consiglio darebbe a una giovane che vuole far carriera nella ricerca?
Per rispondere mi rifaccio al pensiero di Rita Levi Montalcini: nella ricerca bisogna essere decisamente persistenti. In generale, le persone credono che per fare ricerca sia necessario essere molto intelligenti ma questo non basta, è fondamentale essere motivate e perseveranti. Le buone idee, alle volte, nascono in circostanze particolari ed è importante saperle portare a termine avendo fiducia in se stesse. Questo è ciò che mi ha aiutato.

E quando si perde fiducia?
Si chiudono gli occhi di fronte alla difficoltà e si va avanti. La ricerca è molto complicata anche perché spesso i risultati non arrivano subito e si devono affrontare lunghi periodi buii. Ecco, occorre avere pazienza e saltare un ostacolo alla volta, ma saltarli tutti.

Fra il ricercatore e la ricerca, chi è il protagonista?
Credo che sia il ricercatore perché la ricerca ha bisogno di essere guidata con molta pazienza. A volte le cose non funzionano e occorre la forza di affrontare i fallimenti: come accade agli imprenditori.

La sua esperienza è stata sempre positiva?
All’inizio è stato come scalare una montagna: nessuno era interessato al lavoro che stavo facendo e molti colleghi mi avevano suggerito di occuparmi di temi considerati più rilevanti. Ricordo ancora i visi perplessi di chi mi ascoltava. Quest’esperienza mi ha fatto comprendere che ci vuole coraggio a fare ricerca e io questo coraggio ce l’ho.

Ha avuto il coraggio di perseverare. Cosa le ha dato l’energia di andare contro a tutti?
La passione per i dati, oltre alla teoria: un interesse nato dal confronto con Angus Deaton che a Princeton era il mio advisor.

Lei è considerata uno degli economisti più influenti al mondo: quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi?
Fra i vantaggi c’è sicuramente la soddisfazione di poter vedere applicato il proprio lavoro e di riuscire a influenzare il dibattito: la nostra ricerca fa parte del cambiamento che avviene nel mondo.

Ha parlato solo dei vantaggi….
Già, lo svantaggio non è solo mio, riguarda ancora una volta il fatto che ci siano poche quote rosa nel contesto accademico e questo rende la vita di noi ricercatrici più complicata.

Per approfondire
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di Allegra Gallizia

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