Prendere le misure alla pubblicita' online
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Prendere le misure alla pubblicita' online

A MANCARE NON SONO GLI STRUMENTI E TANTO MENO I DATI. QUELLO CHE SERVE E' DEFINIRE PRIMA OBBIETTIVI E KPI. MA LA VERA DIFFERENZA LA FA COMUNQUE L'IDEA CREATIVA (CHE NON E' MENO RIGOROSA DELLA MATEMATICA)

di Anna Uslenghi, docente presso il Dipartimento di marketing

Modelli di attribuzione, processi creativi data-driven, programmatic buying… proprio mentre l’industria della comunicazione si sta trasformando in un mondo di Math Men, le aziende sono costantemente preoccupate dalla difficoltà di misurare l’efficacia degli investimenti pubblicitari, tanto che il Toolkit 2017 pubblicato da Warc, probabilmente il più autorevole servizio online di informazioni sul mercato della pubblicità, mette il Roi della comunicazione tra i temi più dibattuti di questo periodo.
Una questione vecchia quella di rendere tangibile ex-ante ed ex-post l’efficacia delle azioni di comunicazione. Eppure digitale e dati, i due snodi del cambiamento che sta interessando la pubblicità, sembrano dare risposte concrete in questo senso.
La tecnologia infatti offre molti più canali di una volta per raggiungere i consumatori, con una capacità di iper-segmentazione mai vista e la possibilità di sfruttare micro-momenti per far arrivare il messaggio giusto al target giusto nell’istante più opportuno.

Algoritmi permettono di pianificare automaticamente attività online che tengano conto dell’effetto della temperatura sui consumi di birra o della diffusione del raffreddore in una determinata regione sull’acquisto di fazzoletti di carta e persino di contattare a notte fonda le mamme insonni dei neonati. Tutto ciò grazie a volumi di dati praticamente senza limiti che aiutano a definire l’apporto dei diversi mezzi al raggiungimento dei risultati di business, le decisioni di allocazione del budget e l’ottimizzazione in tempo reale dei messaggi delle campagne tenendo conto dei feedback registrati. Il bello del digitale è che quello che avviene lì genera sempre dei dati (una visualizzazione, un click, un like, un retweet, una condivisione, una parola) e quasi tutto perciò diventa misurabile, al punto che la scienza insita nei numeri sembra stia diventando il nuovo standard dell’industria pubblicitaria.

In realtà, anche sui mezzi a pagamento offline è disponibile un’enorme mole di dati: i sistemi di rilevazione dell’audience sono abbastanza sofisticati e spesso assistiti da tecnologie, nelle agenzie media e negli istituti di ricerca di marketing il livello del know-how nella misurazione eÌ€ estremamente avanzato e produce modelli previsionali sulla performance della comunicazione molto attendibili che permettono di simulare scenari alternativi di investimento e quantificarne gli effetti. Non solo, mentre le imprese si attrezzavano per sfruttare un inventario di mezzi più ampio, oltre a paid, owned (negozi, packaging, eventi, sito web, account social, app proprietarie…) ed earned media (passaparola, recensioni, like…), sono stati sviluppati strumenti di analisi in grado di pesare il contributo di ogni canale dell’ecosistema alla generazione dell’esperienza di marca e di guidare il coordinamento dei touchpoint.
Dunque il problema non è nelle informazioni, che sono tante con un buon livello di affidabilità. Nemmeno nelle metriche, perché il repertorio è davvero ampio. Il problema vero è sapere che cosa aspettarsi dall’investimento: la definizione di obiettivi specifici, e dei relativi Kpi, è il passo fondamentale per costruire un sistema per misurare il Roi della comunicazione.

Un altro passo è necessario e dovrebbe essere fatto ancora prima, quando le campagne vengono progettate, perché è quello il momento in cui si generano le condizioni della loro efficacia. Va verso una maggiore focalizzazione sui contenuti. L’attenzione delle persone per prodotti e marche è così bassa che solo dicendo qualcosa di rilevante ed esclusivo si ottiene un impatto. Qui i dati, per esempio quelli che emergono nelle piattaforme social su aspetti sconosciuti dei consumatori, sono senz’altro utili per concepire messaggi interessanti mirati a particolari segmenti ma è l’interpretazione dei dati che fa la differenza. Non è compito delle ricerche avere un’idea. E non è detto che la creatività sia meno rigorosa della matematica.
 

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