Perche' questa direttiva non lascera' l'impronta
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Perche' questa direttiva non lascera' l'impronta

NELL'ERA DEI BIG DATA I PROVVEDIMENTI DELLA COMMISSIONE EUROPEA PER CREARE UN MERCATO UNICO DIGITALE NON INCENTIVANO INNOVAZIONE E STARTUP MA RAFFORZANO I VECCHI MODELLI DI BUSINESS

di Lilla' Montagnani, professore associato presso il Dipartimento di studi giuridici

Il 14 settembre 2016 la Commissione europea ha presentato la seconda tranche di una serie di proposte volte a migliorare il quadro del diritto d’autore all’interno dell’Unione europea, proposte che fanno parte della strategia che va sotto il nome di digital single market. Tra le diverse iniziative quella che ha attirato maggiormente l’attenzione è la proposta della Commissione per una direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale (direttiva Dsm) in ragione dei numerosi aspetti controversi che presenta. Non vi è infatti concordia sull’impatto che queste nuove disposizioni potranno avere, una volta adottate in via definitiva, sulle industrie culturali, in particolare se ci si sofferma su alcuni elementi specifici, quali la presunta riforma del regime delle eccezioni obbligatorie (articoli dal 3 al 6) e il nuovo diritto connesso per gli editori di giornali (articolo 11).

Allo stesso modo, la direttiva pare mancare di coordinamento con il corpo legislativo esistente (in particolare con la direttiva e-commerce) su un punto fondamentale per lo sviluppo dell’ambiente digitale: la responsabilità degli intermediari Internet.
Quello che però sorprende maggiormente della proposta di direttiva Dsm è che pare dimenticarsi della necessità di apportare quei cambiamenti che invece realizzerebbero, allineando il diritto d’autore allo sviluppo tecnologico in corso, una vera e propria modernizzazione del diritto d’autore, a beneficio non solo dei consumatori e degli utenti, ma anche e soprattutto delle imprese, delle istituzioni attive nell’ambito dell’educazione e delle istituzioni culturali. Al contrario, la direttiva Dsm si concentra su di un obiettivo completamente diverso: ridurre al minimo l’impatto che i cambiamenti generati dalle tecnologie digitali e da Internet producono sui modelli di business che sono oggi operativi. E così, invece di ampliare la possibilità di nuove attività che si basino sul data mining, la proposta consolida interessi noti, come quello degli editori di giornali, che otterranno un diritto connesso o ancillare, ovvero il diritto di monetizzare l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico, per quanto questa misura non abbia generato alcun beneficio in quegli ordinamenti, come quello spagnolo, in cui è già vigore. Allo stesso modo, le piattaforme online si potrebbero trovare costrette a collaborare con i titolari dei diritti, ancor più di quello che già fanno, al fine di censurare i contenuti che sono condivisi dagli utenti online. Insomma, l’intero pacchetto è stato da più parti accusato di mancare di misure lungimiranti, favorevoli all’innovazione, che abbraccino la digitalizzazione come opportunità per gli utenti, per i creatori, per le imprese e per le istituzioni pubbliche europee.

L’approccio adottato per l’eccezione di data e text-mining è il chiaro esempio della volontà di proteggere i modelli di business esistenti invece di introdurre delle disposizioni che rendano concreta la data-driven economy. Al fine infatti di proteggere i ricavi generati dal licensing per le grandi case editrici scientifiche, la Commissione propone un’eccezione (che sarà obbligatoria per tutti gli Stati membri) che autorizza l’attività degli organismi di ricerca a fini scientifici, senza tenere in considerazione che, in virtù del fenomeno dei big data, queste attività stanno prendendo piede in tutti i settori. E ciò a detrimento delle imprese che intendano innovare, in particolare le startup, e di chiunque altro desideri cimentarsi in tali attività. Se è infatti vero che data e text-mining consentono di estrarre conoscenza dall’analisi di ingenti quantità di dati, non ha molto senso limitare l’eccezione ai soli organismi di ricerca a fini scientifici, poiché ogni individuo o organizzazione con accesso legale ai contenuti dovrebbe poter operare in tal senso e così contribuire alla creazione di un vero e proprio mercato dei dati in Europa.
 

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