Lo startupper che vuole lasciare il segno
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Lo startupper che vuole lasciare il segno

CON DUE AMICI VITO MARGIOTTA, LAUREATO BOCCONI, HA CREATO SNAPP, L'APP DESTINATA A CAMBIARE IL MODO DI FARE IMPRESA NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO. UTILIZZANDO SOLO LO SMARTPHONE

Il termine creativo deriva da kar-tr, che in sanscrito significa colui che fa qualcosa dal niente. E Vito Margiotta, alumno Bocconi, è un creativo a tutti gli effetti perché, insieme ad Asaf Kindler e Gabriel Gurovich, ha dato vita a ciò che non c’era: Snapp, l’app per creare siti, blog e piattaforme e-commerce, direttamente da smartphone. Progettata principalmente per i mercati emergenti in cui i computer sono pressoché inesistenti e il business viaggia solamente attraverso i telefoni cellulari, Snapp è destinata a cambiare la vita a due miliardi di utenti. La creatività di Vito Margiotta è stata attestata da Wired che l’ha coinvolto nel Wired Next Festival; è stata riconosciuta da Forbes che l’ha inserito fra i 30 under 30, più influenti della tecnologia; è stata premiata dal Mobile World Congress. Il suo talento creativo è poliedrico e contagioso, così, lui, non si accontenta dell’innovazione digitale e quando riesce ad andare a New York si esibisce come stand up comedian.

Com’è iniziata l’avventura di Snapp?
Con un’amicizia. Quando frequentavo la Singularity University ho incontrato Asaf Kindler e Gabriel Gurovich, tutti e tre eravamo interessati a fare empowerment di business nei mercati emergenti: ci eravamo resi conto che, in queste aree, le piccole attività non crescevano come avrebbero potuto.
Come avete maturato questa consapevolezza?
Dalla nostra esperienza. Io avevo seguito per Google alcuni progetti in Africa e, da studente Bocconi, avevo avuto esperienze in Cina e in Thailandia; Gabriel conosceva il tessuto sociale del Sudamerica e Asaf quello africano.
Che cosa vogliono gli imprenditori dei paesi in via di sviluppo?
Vogliono essere in rete, trovare nuovi clienti e vendere on line. In Kenya, per esempio, meno dell’1% della popolazione possiede un computer ma quasi chiunque ha un cellulare. Prima di Snapp era impossibile creare un sito internet da uno smartphone.
In quattro anni, Snapp raggiungerà due miliardi di persone. Che effetto fa?
L’impatto sociale di Snapp è straordinario. Puntiamo su un mercato appena nato ma piuttosto recettivo, in cui la tecnologia è esplosa. Oggi, i paesi emergenti usano i cellulari come mezzo di comunicazione o intrattenimento, domani li utilizzeranno per fare business.
Qual è il feedback di chi ha usato Snapp?
Fantastico, riceviamo centinaia di ringraziamenti.
Facciamo un passo indietro. Come siete partiti?
Siamo partiti dalle nostre conoscenze. Asaf e Gabriel avevano già avuto esperienze imprenditoriali, il mio contributo, invece, è arrivato attraverso i Ted: da tre anni organizzo conferenze sul futuro a Lecce. Il primo anno di Snapp è stato molto impegnativo perché non avevamo fondi. Poi siamo entrati in Start-up Chile, il programma di sviluppo di start up promosso dal governo cileno, e siamo partiti per Santiago. Ci siamo dati sei mesi di tempo e sei mesi di conto in banca per realizzare un prototipo e lanciarlo.
Come hanno preso amici e parenti la tua decisione di lasciare un posto fisso a Google per lanciarti in una startup?
Più di uno mi ha dato del matto.
Cosa ti ha convinto a perseverare?
Avevo proposto l’idea a Google ma non ho raccolto interesse. Così, sono rimasto in azienda ma il progetto Snapp continuava a frullarmi per la testa: la convinzione di avere fra le mani un’opportunità enorme mi ha spinto a fare il grande salto nel buio.
Come avete convinto gli investitori sulle potenzialità di Snapp?
Condividendo con loro i risultati di un test. Abbiamo individuato un campione di utenti, fra Asia, Africa, America Latina, Europa, Stati Uniti, a cui abbiamo proposto di trascrivere su un cellulare tre pagine di un saggio. Nei paesi occidentali, la risposta è stata sempre negativa perché avrebbero voluto usare un computer; in Asia e Africa, sempre positiva; in America Latina ci chiedevano di poterlo fare con un programma di dettatura elettronica.
Come siete passati dall’idea al prodotto?
Abbiamo fatto nove mesi di test e abbiamo lanciato una beta. A quel punto abbiamo costruito un primo prototipo che abbiamo presentato a gennaio 2016: in breve tempo abbiamo raggiunto un milione e mezzo di utenti.
Come avete promosso Snapp?
Con il classico advertisement e con le partnership, che si sono rivelate il miglior strumento. In Malawi, per esempio, ci siamo appoggiati alle università e all’Unicef, agli acceleratori d’imprese locali e alla Camera di commercio. In questo modo abbiamo creato nel territorio una rete di ambassador che, porta a porta, ha raccontato la potenzialità del business on line. Il resto l’hanno fatto le dinamiche di vicinato e il passaparola. È il network effect.
E negli altri paesi, quali accordi avete fatto?
Operate in un’economia parallela a quella tradizionale.
Sì, ed è entusiasmante. In queste aree, la maggior parte delle persone non ha il conto in banca e quindi non possiede carte di credito. Il fintech rappresenta la svolta. In India, per esempio, i servizi di pagamento mobile, come Paytm, sono cresciuti esponenzialmente.
E PayPal?
Abbiamo una partnership con PayPal: loro vogliono entrare nel segmento business dei mercati emergenti e ci utilizzano per fare customer acquisition.
Da tre persone, oggi siete in 17. Com’è cambiata la tua vita professionale?
Qualche mese fa mi sono reso conto che il mio stile di management non era più congruo alle condizioni in cui ci trovavamo. Così, ho consultato il mio mentore che mi ha spiegato come mettere in pratica molte delle conoscenze apprese in Bocconi. Sono passato dall’essere operativo a gestire l’operatività della squadra.
Dove si trova fisicamente il team di Snapp?
Il gruppo di lavoro è formato da persone che provengono da vari paesi. Ci sono anche due italiani: Alberto Iore, il nostro head of sales, e Martina Bodini, neo laureata bocconiana, che si occupa di sviluppo del business. Il team è diviso fra Tel Aviv e Sofia. Abbiamo un paio di persone in Cile e stiamo aprendo gli uffici a Mumbai.
L’India rappresenta la seconda era di Snapp?
Sì, stiamo lanciando Seemba, una piattaforma di business managing che ricalca le orme di Snapp ma integra strumenti più sofisticati come i crm. Un’altra novità riguarda il modello di penetrazione del mercato. Con Snapp abbiamo scelto un approccio globale; con Seemba, invece, ci stiamo concentrando in un solo mercato, quello dello stato di Mumbai, per poi applicare lo stesso schema in altri dieci paesi indiani: raggiungeremo con un unico sforzo centinaia di milioni di persone.
Ambizioso. Qual è il tuo sogno?
Non lo so, ma il mio goal è sicuramente quello di creare, con ciò che faccio, un impatto sociale. Fare empowerment mi piace moltissimo e questo accade con Snapp, con Seemba, ma anche con i Ted.
Qual è il tuo palcoscenico preferito?
Quello dei cabaret di New York dove, ogni tanto, mi esibisco come stand up comedian.
 

di Allegra Gallizia

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