Che giornata, la laurea!
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Che giornata, la laurea!

COME RICORDATE LA VOSTRA #BOCCONI GRADUATION? RISPONDONO OTTO ALUMNI CHE SI SONO LAUREATI ALLA BOCCONI TRA GLI ANNI SESSANTA E GLI ANNI NOVANTA. TRA QUESTI, MONTI, COLAO, PROFUMO E CARDANI

«Dimentico gli anniversari ma ogni anno il 5 novembre scatta in me un riflesso automatico, è già avvenuto 50 volte! Il giorno della mia laurea, 5 novembre 1965, sentii per la prima volta l’emozione di essere adulto». Così Mario Monti, presidente della Bocconi, ricorda il giorno della sua laurea. «Ma non sentii che in quel momento si cristallizzava il destino della mia vita: Bocconi ed Europa. La seduta di laurea», prosegue Monti,  «avvenne nell’edificio della Bocconi in via Sarfatti; la tesi riguardava il bilancio della Cee. Non potevo immaginare che per la Bocconi avrei lavorato tutta la vita e da 30 anni proprio in quell’edificio; né che avrei dedicato gran parte del mio impegno all’Europa e per un’Italia più europea. Ragazzi», sprona il presidente, «quando vi laureate state attenti a quel che fate!». Sì perché il giorno della laurea non è un giorno qualunque, ma una di quelle date che resta impressa nella memoria di tutti i laureati, oltre 100mila quelli bocconiani. Per condividere i ricordi legati a questa giornata raccontateli un tweet, su Facebook, Instagram o Linkedin utilizzando l’hashtag #BocconiGraduation. Proprio come hanno già fatto Mario Monti e altri alumni famosi.

Angelo Cardani (1972), presidente dell’Agcom
Un controrelatore era in ritardo, per cui il presidente di commissione mi chiese di aspettare. Ma poiché l’attesa perdurava, a metà mattinata i miei dovettero andarsene. Morale della favola: rimasi solo di fronte alla dozzina di professori. All’ultimo, per fortuna, arrivò a darmi man forte il mio amico Francesco Giavazzi, che quella stessa mattina si era laureato in ingegneria al Politecnico. Lui fu dunque l’unico testimone della mia laurea. La tesi? Con Fabrizio Onida, l’altro controrelatore, provammo a testare un’ipotesi: se potesse sussistere crescita indotta dalle importazioni così come esiste indotta dalle esportazioni. Il relatore era Innocenzo Gasparini.

Giovanni Cobolli Gigli (1970), presidente di Federdistribuzione
Mi ero da poco sposato, avevo 25 anni e quel giorno mi sono presentato da solo a discutere una tesi sulle managerialità competitive nelle aziende e di come vadano difese. Ricordo la vivacità della discussione, con le domande incalzanti di Giorgio Pivato, il mio relatore. Allora, in quell’auletta del primo piano di via Sarfatti 25, c’erano alcuni dei mostri sacri della Bocconi, come Giordano Dell’Amore, ma l’atmosfera era piacevole, si respirava la disponibilità ad una conversazione professionale.

Vittorio Colao (1986), ceo di Vodafone Group
La discussione della tesi è stata un’anteprima della mia vita di lavoro. Ero Emozionato e teso, nonostante avessi preparazione e media alta. Ma come ho imparato poi, la preparazione non basta a eliminare la tensione prima dei confronti importanti: anzi forse serve proprio a creare una tensione positiva. Più che l’ultimo giorno di scuola, la laurea è stata il primo giorno di vita.

Alessandro Profumo (1987), presidente Equita Spa
In quel luglio lavoravo come direttore di una filiale del Banco Lariano. E quel giorno sembrava difficilissimo trovare qualcuno che mi sostituisse. Alla fine lo trovai in un amico funzionario del Banco e mi precipitai in Bocconi. Arrivai trafelato all’università. Lì trovai ad attendermi mia moglie, mio figlio e mia madre. Mi sono laureato con Roberto Ruozi come relatore e Paolo Mottura come controrelatore. Ricordo ancora adesso che di fatto me la sono goduta poco: dopo la discussione sono tornato di corsa in ufficio.

Elena Zambon (1989), presidente Zambon company
Del giorno della laurea ricordo soprattutto la forte sensazione di vivere un momento di passaggio, come quando giriamo la pagina di un libro bianco, ancora tutto da scrivere, una pagina chiave per capire come andrà la storia. Il giorno della laurea è anche un momento liberatorio, per avercela fatta malgrado tutto, perché gli anni dell’università hanno ovviamente anche ricordi di episodi vivaci. Mi viene in mente per esempio il panico durante la scrittura della tesi al computer, in Dos, quando si è cancellato un intero capitolo o più ed ero in ritardo per la consegna. Così, ripensandoci, è cominciata la mia era digitale... e oggi nell’era di Internet sorrido perché certamente è servito anche questo.

Ivan Dompé (1996), direttore Institutional communication di Telecom Italia-Tim
Di quel giorno di luglio del 1996, Ivan Dompé ricorda l’agio in cui fu messo dalla commissione, “anche quando la discussione si animò intorno al ruolo che l’Europa avrebbe dovuto avere come mercato unico (la tesi al Des analizzava le evoluzioni macroeconomiche dei tre blocchi americano, europeo e asiatico, quando ancora si parlava più di Giappone che di Cina)”. E ricorda l’animo col quale ebbe man forte da Franco Amatori, che con Marzio Romani gli faceva da relatore: “Amatori sviluppa un rapporto molto stretto con i suoi laureandi, io l’ho adorato”. Insomma, quel giorno tutto andò per il meglio, “nonostante mi fossi presentato alla discussione col pizzetto. Avevo sostenuto tutti gli esami senza, per motivi scaramantici. Quel giorno lo lasciai e da allora non l’ho più tolto”.

Pasquo Cicchini (1997), team leader presso Community
“Onore ai vinti. Con questa frase in mente, che era il titolo di apertura di un quotidiano per annunciare la morte di Giovannino Agnelli, percorrevo a piedi la breve distanza tra casa, in Via Ripamonti, e Via Sarfatti. E mi dicevo: era bello, ricco, destinato a diventare l'erede della più importante dinastia familiare italiana. Era pieno di passioni e amava la vita. E non c’era più”. Pasquo Cicchini entrò nell'aula per la discussione della tesi, l'aula 23, con la storia di Agnelli in testa, “ma pronto e determinato a raccontare la mia storia, la mia passione, la mia tesi sulla comunicazione aziendale. E quando fui proclamato dottore, vidi negli occhi dei miei cari la soddisfazione, e in me la consapevolezza che il tempo passa, che una fase unica e irripetibile della mia vita si era chiusa. Una nuova avventura mi aspettava: la vita degli adulti, da mordere ogni giorno con la fame di chi è appassionato e ama il proprio lavoro. Sono passati quasi venti anni e ancora oggi, ogni giorno, sento quella fame”.
 

di Andrea Celauro

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