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Cristina, quando il fashion entra in cucina

LAUREATA IN ECONOMIA AZIENDALE, È PASSATA DALLA MODA AL CAKE DESIGN. COLTIVANDO IL SOGNO AMERICANO

Un’idea di successo è quella che sa intuire le esigenze inespresse delle persone e fornirvi una risposta. È il desiderio di tornare un po’ bambini e di regalarsi una pausa golosa in un’atmosfera incantata ciò che spinge gli avventori a entrare in questa piccola caffetteria, tipicamente american style, di zona Wagner a Milano.

Cristina Bernascone Raffoul

Vanilla Bakery festeggerà il suo primo compleanno il prossimo 15 dicembre e la sua creatrice, Cristina Bernascone Raffoul, sta già organizzando una festa in grande, ma in questi giorni sono le zucche e i fantasmini a tappezzare la vetrina della bakery, ricordandoci che Halloween si avvicina. Poi si varca la soglia, ed è come entrare in un mondo incantato fatto di zucchero e colori pastello.

Dopo la laurea in Economia aziendale in Bocconi e un master in Management della moda finanziato dall’Unione Europea, Cristina ha seguito quello che ha sempre pensato essere il proprio percorso professionale più naturale, dedicandosi all’azienda di famiglia, distributore di noti marchi di moda per i mercati asiatici, in particolare Russia e Medio Oriente. Tre anni fa la svolta: dalla moda al food.

“Sono sempre stata appassionata di dolci e negli anni ho avuto l’occasione di soggiornare a lungo negli Stati Uniti e imparare l’arte della pasticceria americana”, spiega. Quando si è presentata l’opportunità di acquistare il locale di via San Siro 2, a due passi da casa, Cristina non se l’è lasciata sfuggire. Ha aperto con quattro dipendenti che in meno di un anno sono diventati dieci. Anche i 60 metri quadri del locale presto diventeranno molti di più, dato che tra qualche mese inizieranno i lavori di ampliamento e i 25 coperti attuali raddoppieranno.

“Non volevo uscire sulla stampa di settore”, racconta Cristina, “puntavo a fare conoscere il brand sulle testate di moda, dargli un’impronta che fosse diversa dal food”, spiega. E così sono iniziate proficue collaborazioni con le più blasonate riviste di fashion, Vogue in testa. “Le riviste di moda hanno perfettamente compreso il mood della mia start up”, prosegue la startupper: “Non una semplice pasticceria in cui vendiamo i dolci, ma un concept store in cui offriamo al cliente un’esperienza a tutto tondo”. Per questo ogni dettaglio dell’arredamento è curato nei minimi particolari – dalla boiserie orizzontale in stile coloniale, alla tappezzeria a pois che riproduce il logo del brand, agli specchi a forma di poltroncina e alle vetrate decorate da una designer professionista.

Certo è che quando entri nello store di Cristina non lo fai semplicemente per comprare un dolce, ma per il piacere di goderti un’esperienza che coinvolge tutti i tuoi sensi. E di sicuro non pensi di trovarci la crostata o il panettone: “In 10 mesi di attività, ci è capitato una sola volta”, racconta Cristina, “lo considero un grande successo!”.

Certo la clientela di Vanila Bakery rappresenta un target dal gusto ‘educato’, cioè consapevole della diversa tradizione culinaria e culturale che il brand vuole promuovere. “La nostra clientela è ampia e trasversale, ma la percentuale maggiore è composta da turisti o milanesi che sono abituati a viaggiare”. Da Cristina, quindi, solo elementi della tradizione rigorosamente anglosassone: dal cibo al design, dalla musica ai libri esposti. Le festività americane, poi, sono degli appuntamenti fissi: “Lo scorso 4 luglio, per celebrare la festa dell’Indipendenza, il Consolato americano ci ha commissionato una torta di 5 metri quadrati con la bandiera a stelle e strisce!”. Perché la vendita dei dolci è solo una parte dell’attività del negozio, che organizza anche eventi, catering e corsi di cake design per adulti e bambini.

All’inizio il successo non era affatto scontato, soprattutto per la diffidenza degli ‘addetti ai lavori’ del settore food nei confronti della strategia così anticonvenzionale adottata dalla fondatrice di Vanilla Bakery. “Ho assunto la pr prima ancora della cuoca”, racconta divertita Cristina: “Tutti mi hanno dato della folle!”. Poi, però, l’intuizione si è rivelata vincente, anche se non era lo sbocco automatico del suo percorso universitario: “Non possiamo chiuderci delle porte solo perché non combaciano con il nostro piano di studi o non sono in linea con l’idea che ci eravamo fatti della nostra carriera”, afferma Cristina. “Credo che questa sia un limite tipicamente italiano e che le nuove generazioni debbano buttarsi con maggiore flessibilità: l’università è un trampolino di lancio, non un vincolo.”

 



di Laura Fumagalli

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