OPINIONI |

Col politico in tasca i profitti s'impennano

UN'AZIENDA GUADAGNA IL 5% IN PIÙ QUANDO È CONNESSA A UN AMMINISTRATORE LOCALE; IL 25% SE LAVORA CON LA P.A.

di Paolo Pinotti, assistant professor presso il Dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico della Bocconi

A due decenni da Tangentopoli, la classe politica italiana fronteggia una profonda crisi di credibilità, riconducibile, tra le altre cose, agli scandali giudiziari degli ultimi anni. Con cadenza quasi giornaliera, l’informazione porta a conoscenza dell’opinione pubblica intrecci tra potere politico ed economico che coinvolgono sia politici nazionali di primo piano che amministratori pubblici a livello locale. Non deve dunque stupire che gli indicatori internazionali di corruzione, costruiti sulle opinioni di esperti, attribuiscano all’Italia livelli di corruzione superiori a quelli di tutti gli altri paesi sviluppati. L’ultima edizione del Corruption perception index colloca l’Italia al 72° posto, tra Bosnia Erzegovina e Bulgaria, su 174 paesi. Al primo posto c’è la Danimarca e all’ultimo la Somalia.

Paolo Pinotti

Tuttavia, sia le cronache giudiziarie che le misure comparate a livello internazionale forniscono una rappresentazione incompleta del fenomeno. In generale, chi compie atti criminali ha tutto l’interesse a far sì che l’autorità giudiziaria e/o l’opinione pubblica non ne vengano a conoscenza. Ciò è particolarmente vero nel caso della corruzione, in cui si verifica una peculiare convergenza di interessi tra le parti in causa, corrotto e corruttore (cosa che invece non avviene per la maggior parte degli altri crimini).

Le relazioni corruttive lasciano tuttavia una “traccia statistica”, che può fornire una rappresentazione del fenomeno complementare a quella restituita da altre fonti. A parità di altre caratteristiche, infatti, le imprese che godono di appoggi politici realizzeranno fatturati e profitti superiori alla media, e quindi “anomali” (da un punto di vista statistico). Sulla base di questa semplice intuizione, alcuni recenti studi hanno stimato i vantaggi economici derivanti dalle “connessioni politiche” delle imprese (political connection) confrontando la performance delle imprese connesse rispetto a quelle non connesse.

Lo stesso tipo di analisi, condotta su un campione di imprese manifatturiere italiane durante il periodo 1985-1997, suggerisce che le imprese connesse a un politico locale (sindaco, assessore o consigliere) incrementano la loro quota di mercato in misura pari al 5%, che si traduce in un analogo aumento dei profitti. Tale aumento riguarda solo le imprese connesse a un politico eletto con la coalizione di maggioranza a livello locale, ed è maggiore (+25%) per le imprese che operano a stretto contatto con la pubblica amministrazione. I risultati mostrano, inoltre, che la possibilità di allacciare connessioni politiche apre una sorta di “mercato” per i politici locali, che vedono lievitare i propri redditi da lavoro nel settore privato a seguito della nomina in una carica pubblica. La stima di tali effetti rimane costante durante tutto il periodo considerato.

Sulla base di questi risultati, è possibile trarre alcune lezioni sul caso italiano. In primo luogo, sebbene l’attenzione dell’opinione pubblica si concentri nella maggior parte dei casi sugli scandali che coinvolgono politici e gruppi economici di livello nazionale, fenomeni corruttivi importanti avvengono altresì a livello locale. Tali fenomeni sono senz’altro favoriti dalla proliferazione di centri di potere, che ostacolano un efficace monitoraggio ai diversi livelli della pubblica amministrazione. Per questo motivo, non possono che essere viste con favore le ricorrenti proposte di accorpamento e razionalizzazione dei diversi livelli di governo locale. A riprova di ciò, è interessante notare come l’intensificarsi della repressione della corruzione a livello nazionale, durante gli anni immediatamente successivi a Tangentopoli, non abbia scalfito analoghi equilibri collusivi a livello locale.

Infine, la relazione tra potere pubblico e redditi privati è stata finora ignorata nell’ambito del recente dibattito sullo stipendio dei politici.

 

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