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Mentana in Bocconi: una lezione di giornalismo, e non solo

IL DIRETTORE DEL TG LA7 AGLI STUDENTI: DOVETE PRENDERVI CIÒ CHE MERITATE, NON ASPETTARE CHE VI VENGA REGALATO

Enrico Mentana è puntualissimo all’appuntamento con gli studenti della Bocconi in un’aula davvero affollata per una lectio magistralis su giornalismo e new media organizzata oggi in Università dall’associazione studentesca b.lab.

Antonio Aloisi, rappresentante degli studenti, parte subito in medias res: “Hai scritto che il giornalismo è una strada per cambiare il mondo. Ci spieghi come?” “Innanzitutto vorrei dirvi che mi fa piacere parlare di fronte a una platea di studenti perché c’è una cosa che ci accomuna: né io né voi siamo ancora laureati”. Ogni parola di Mentana ha una concretezza pratica e una chiarezza che sono perfettamente coerenti con la sua ‘filosofia’ (la definizione è sua) di fare giornalismo. “Nel giornalismo bisogna dire le cose difficili cercando di farle capire a tutti. Non bisogna parlare intricato ed evitare la demagogia”.
 
“Troppo spesso il giornalismo si è cibato di lingue iniziatiche”, prosegue Mentana, ricordando gli esordi della sua carriera e il linguaggio autoreferenziale dei volti e delle penne di quegli anni: “Approdai al Tg1 nel 1980. Avevo 25 anni e allora quello era il Vaticano del giornalismo televisivo. Lì non c’era il problema di essere capiti perché si parlava solo a un mondo di addetti ai lavori”. Il direttore del Tg La7 ricorda poi un altro aspetto di quella comunicazione giornalistica: “Il giornalista si riduceva a essere megafono di una realtà edulcorata. La prima cosa che ho fatto quando sono stato chiamato per fondare il Tg5 è stata eliminare la pratica della scrittura preventiva dei testi e abolire la tirannia del gobbo elettronico”. Mentana lo ricorda esplicitamente, chi lo mise alla guida del Tg5: “Mi chiamò un signore che era ai miei occhi un editore libero, che non guardava in faccia nessuno. Col tempo, quel signore ha cambiato idea su molte cose, anche sul giornalismo”.
 
Ma qual è la principale dote del giornalista? “La chiarezza nel parlare: ho passato vent’anni a dire ai miei giornalisti che non ci rechiamo, ma andiamo, e che la vettura si chiama macchina, o al massimo automobile! È molto più reale il rischio di utilizzare un lessico oscuro alla gente piuttosto che quello di comunicare nei famigerati 140 caratteri di Twitter. Si tende a contorcere il linguaggio per mostrare di essere più forti dell’interlocutore, ma spesso si ottiene l’effetto opposto”.
 
In che modo la globalizzazione dell’informazione sul web si riverbera sul giornalismo? “Internet è una grande risorsa, ma implica il rischio di delegare il proprio sapere e la propria opinione ai motori di ricerca, che sono come il navigatore in macchina: nessuno conosce più le strade che percorre”. E qui Mentana si rivolge direttamente agli studenti: “Tenete presente che Internet non elimina, anzi amplifica la necessità di un mediatore credibile, e lo dovete trovare in chi sa farvi capire come stanno davvero le cose. Se vi affidate a qualcuno, fatelo in modo consapevole, altrimenti rinunciate alla vostra possibilità di formarvi una coscienza critica”.
 
Dopo uno scroscio di applausi Alessandro Sbrizzi, capogruppo di b.lab, legge qualche tweet: “Scommetto che in nessun’altra aula c’era lo stesso silenzio” “Certo”, risponde Mentana, “perché io non stavo leggendo! La forza di un bravo comunicatore sta nell’utilizzare il linguaggio diretto”.
 
E poi, la questione spinosa della libertà di stampa. “In tempo di crisi i giornali sono più poveri, e quindi meno liberi. I giornalisti devono tenere la schiena dritta e avere il coraggio di rischiare la carriera, ricordandosi però che il giornalismo non dovrebbe avere bisogno di eroi”. Sui giovani, altro tema affrontato su stimolo dei ragazzi, Mentana è schietto:  “C’è un problema nel vostro collocamento nella società e nonostante voi lo percepiate distintamente, non volete cambiare la società, ma semplicemente entrarvi. La gerontocrazia è un vizio del sistema italiano, si va avanti per cooptazione e non per sostituzione: non si punta sul rinnovamento generazionale, siete ingabbiati in una società chiusa. Dovete davvero ribellarvi a tutto questo”. Mentre ancora vibra nell’aria il “davvero” di Mentana, lui torna ad arringare gli studenti: “Abbiate solidarietà generazionale, voi che avete gli strumenti per affrontare la società: non tutti i vostri coetanei sono così privilegiati. Dovete creare un movimento organizzato che faccia capire il peso numerico della vostra situazione e porvi il problema di come cambiare questo paese”.
 
Nel finale, Mentana si sbilancia sulla politica: “Io non voto, voi lo sapete: sono come uno che è diventato astemio dopo una sbornia, o inappetente dopo un’indigestione. Sono stato troppo appassionato di politica in una stagione in cui la politica era partecipazione ideologica. Ma voterei per un partito di giovani che sia decisivo per un cambiamento di prospettiva. Sono a favore delle quote rosa e sponsorizzerei le stesse quote per il lavoro giovanile”.
 
Finalmente arriva anche il momento delle domande: “Se esco dalla Bocconi e voglio diventare un giornalista economico, come faccio a entrare nell’Ordine?”, chiede uno studente. “Non devi aspettare di essere battezzato dall’Ordine, devi fare giornalismo. Il curriculum di un aspirante giornalista economico laureato in Bocconi per me va sopra tutti gli altri. Poi, però, devi essere bravo”, è la conclusione del direttore.


di Laura Fumagalli

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