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La testimonianza di una vittima

, di Desiree - Ristretti Orizzonti, n. 3, 2013, 12-13

Una classica serata invernale, faceva freddo ed ero in una farmacia di paese, con mia madre. Mentre compravo quello che mi serviva ridevo con gli altri clienti, amici ... il rapinatore carica l'arma, la punta al soffitto dice solo " fermi e zitti". Io sono smarrita, intontita, vengo spinta verso il bancone dalla mamma, che mi tiene abbassata per proteggermi.... Temevo una sua reazione, ero così costretta a restare immobile, costretta in obbedienza, costretta a sentire l'impotenza che solo una pistola vera o presunta può farti sentire... la mia paura era diventata il dolore di non sapere nemmeno il perché dovessi patirlo.

... Mi sono resa conto, mentre cercavo di ricostruire l'accaduto, che avevo perso il senso del tempo. Nei giorni successivi sentivo la presenza costante e onnivora di quella paura che non decresceva ma saliva; temevo ora tutto quello che non avevo avuto il tempo di temere durante la rapina: che mi conoscesse, che potesse sapere chi fossi, dove abitavo, che potesse aver pensato che io lo avessi visto tanto bene da riconoscerlo e denunciarlo. Continuavo ad avere terrore di chi per pochi minuti si era impossessato della mia volontà, della mia coscienza, per un istante, ma che era bastato per sentirmi derubata del mio diritto alla libertà, la libertà di poter camminare guardando i volti, gli alberi, le vetrine. Non ebbi la forza per mesi di rientrare in quella farmacia, aspettavo fuori, in macchina, col motore acceso, aspettavo mia madre pensando che se fossi stata lì fuori nessuno avrebbe "serenamente" pensato di entrare e minacciare ancora i miei affetti, la mia sicurezza, la mia libertà.