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Roberto, che ha visto nascere la BCE

, di Pietro Masotti
Prima all'Istituto Monetario Europeo, l'embrione della Banca Centrale Europea, oggi DG Corporate Services di quest'ultima. E la carriera professionale dell'alumnus Roberto Schiavi, che da Francoforte ricorda di come, nonostante i problemi di questi anni, l'Unione monetaria non sia mai stata veramente a rischio

Non capita spesso di poter partecipare alla nascita di una banca internazionale o addirittura di una nuova politica monetaria. Roberto Schiavi, in questo senso, è un osservatore privilegiato della storia economica europea avendovi partecipato fin da quando, nei primi anni Novanta, a pochi giorni dalla laurea, fu assunto in Lussemburgo dalla banca di investimento del gruppo IMI. "Era il momento in cui i titoli indicizzati ai cambi monetari erano molto diffusi tra gli investitori internazionali, il periodo d'oro degli euro bond, titoli emessi da società italiane all'estero", racconta l'attuale direttore generale Corporate Services della BCE. "L'interesse per le nuove istituzioni sovranazionali però mi ha spinto a bussare all'Istituto Monetario Europeo che si stava costituendo in quegli anni a Francoforte, e così sono entrato nel Dipartimento di mercati finanziari che di fatto è stato l'embrione della BCE nel 1998". Tra le altre cose, si deve anche a Schiavi la preparazione del primo quadro operativo della messa in opera della politica monetaria che è tuttora il riferimento, seppure ampliato e aggiornato, per il sistema bancario della zona euro in materia di operazioni con l'Eurosistema.

Nel suo attuale ruolo alla BCE l'alumnus Bocconi unisce competenze di servizi amministrativi e gestione di immobili a quelle del dipartimento di finanza interno alla banca centrale e dunque controllo gestione, contabilità analitica e finanziaria, appalti e politiche di bilancio. Una posizione delicata soprattutto perché, dal 2006 in poi, nell'unione permane uno stato di crisi quasi perenne. "Fortunatamente i primi anni sono stati relativamente tranquilli, e questo ci ha consentito di porre basi solide. Abbiamo costruito il tetto, insomma, finché non pioveva", commenta il manager. "Nonostante tutti i problemi attraversati in questi anni, però, non ricordo un momento nel quale avessimo davvero paura per la tenuta del sistema e dell'Unione monetaria. Certo, nel 1997, quando l'euro fu rimandata di un paio d'anni, abbiamo capito che ci stavamo giocando tutto, come in una grande startup nella quale c'era un unico obiettivo, quello di creare una moneta e una banca centrale". Questa prova di forza, così come la crisi finanziaria del 2007-2009 scatenata dall'implosione dei mutui subprime negli Stati Uniti e la successiva crisi del debito sovrano nella zona dell'euro hanno saldato l'unione non solo sul piano economico e monetario, ma anche politico. "L'esempio più recente è quello relativo alla guerra in Ucraina, rispetto alla quale la scelta di espandere l'unione nel 2003/2004 si è dimostrata una decisione molto saggia", conclude Schiavi. "In un momento nel quale tutto andava bene, infatti, si è deciso non di serrare i confini ma, al contrario, di aprire le braccia ad altri paesi oltre l'ex cortina di ferro portando pace e stabilitá. L'Europa è un trattato tra paesi che non sempre la pensano allo stesso modo ma che hanno principi democratici comuni e credo che questa sia la base più importante per costruire un futuro".