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Le multinazionali e la guerra delle tasse

, di Carlo Garbarino - professore associato presso il Dipartimento di studi giuridici
A livello di Ue per tassare le imprese sui redditi worlwide (cosi' come avviene per le persone fisiche) basterebbe approvare una proposta di direttiva, la Ccctb, ferma dal 2011

La nuova tendenza delle contromisure a livello Ue all'aggressive tax planning delle multinazionali è l'utilizzo degli strumenti antitrutst di tutela del mercato. Per esempio è oggetto di verifica il sistema di incentivi applicato in Belgio ad alcune società per un ammontare che si aggira intorno ai 700 milioni di euro di tasse evase. L'incentivo si concretizza in un regime di esonero dei profitti in eccesso che consente, attraverso una sorta di accordo, una cospicua riduzione della base imponibile dei soggetti beneficiari.
Il caso del Belgio è esemplificativo di una nuova tendenza. Le precedenti impostazioni erano sviluppate in un'ottica prettamente fiscale che guardava ai regimi di concorrenza dannosa mediante un'analisi quantitativa delle aliquote effettive e qualitativa di altri fattori. La logica di queste nuove iniziative invece è quella di andare ad individuare nei vantaggi fiscali offerti da uno Stato membro a categorie speciali di imprese (eventualmente mediante accordi preventivi e privati) una forma occulta di aiuti di Stato di tipo fiscale che altera il corretto funzionamento del mercato. Più precisamente l'obiettivo antitrust di questo tipo di iniziative è eliminare un vantaggio fiscale che pone talune imprese in una situazione più favorevole.

Sotto il profilo tecnico-giuridico non si può che condividere questa impostazione che supera l'ottica della concorrenza sulle aliquote, andando a considerare il costo fiscale effettivo come un fattore strategico competitivo di mercato. Ogni Stato membro è libero di esercitare la propria sovranità fiscale a condizione che essa però non crei ingiustificate disparità di trattamento (fiscale) determinate dalla localizzazione dell'impresa. Ove queste disparità esistono, devono essere eliminate mediante un intervento comunitario top-down. Ove però si adotti una più ampia visione di insieme della fiscalità in Europa, questa impostazione, pur tecnicamente accettabile, mostra i propri limiti, e questo è il problema comune di svariate politiche comunitarie (anche non fiscali) che pur essendo tecnicamente corrette, non acquisiscono la capacità di risolvere il problema comunitario. I grandi gruppi multinazionali attuano strategie aggressive di erosione della base imponibile e trasferimento dei profitti da giurisdizioni ad alta fiscalità a giurisdizioni a bassa fiscalità, anche perché di fatto lo Stato di residenza della capogruppo non tassa effettivamente i redditi prodotti nei vari Stati della fonte. Da ciò deriva che la strada per evitare queste forme di opportunismo strategico è che gli Stati della residenza delle multinazionali cooperino scambiandosi le informazioni mettendo in grado gli stessi Stati della residenza di tassare la capogruppo per i redditi prodotti a livello mondiale (consolidamento della base imponibile), concedendo crediti per le imposte assolte negli Stati della fonte. In concreto ogni Stato della residenza dovrebbe sottoporre ad imposizione le proprie multinazionali, come già avviene dalla metà del secolo scorso per le persone fisiche che sono soggette a tassazione nel proprio Stato della residenza sui redditi worlwide.

Questa soluzione a livello internazionale è di difficile attuazione, non solo perché è arduo raggiungere un accordo multilaterale così ampio, ma anche perché gli Stati della residenza in realtà hanno interesse a non tassare i redditi prodotti all'estero dalle proprie multinazionali per renderle competitive sui mercati in cui operano. A livello Ue però la situazione è diversa, in quanto la Ue è in effetti un mercato integrato in cui operano imprese non-Ue e la soluzione è a portata di mano attraverso la creazione di una base comune Ue consolidata. Esiste dal 2011 una proposta di Direttiva Common Corporate Consolidated Tax Base (Ccctb) che prevede appunto che un gruppo possa consolidare i propri redditi europei, allocando con una apportionment formula basata su capitale, lavoro e fatturato, i redditi ai vari Stati membri per l'applicazione delle aliquote nazionali sulla quota di imponibile ad essi assegnata. Con un sistema Ccctb all'opera non sarebbe necessario perseguire le micro-politiche dei singoli Stati membri, perché comunque la base imponibile sarebbe europea. In concreto: pagare meno imposte per esempio in Belgio, non eviterebbe di pagare comunque le imposte nella Ue a condizione che capitale, lavoro e fatturato siano ivi collocati.