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Paese che lasci, effetto diaspora che crei

, di Stefano Breschi - ordinario presso il Dipartimento di management e tecnologia
I ricercatori che espatriano contribuiscono a trasferire conoscenze nei paesi di origine? Si' se il passaporto e' cinese o sud coreano. No se e' europeo

Un aspetto troppo spesso ignorato nelle discussioni sul tema delle migrazioni è che i tassi di emigrazione sono in generale molto più elevati fra i lavoratori qualificati e che una quota crescente della migrazione totale riguarda persone in possesso di un titolo di laurea o superiore. In quale misura, l'impoverimento di capitale umano causato dalla cosiddetta fuga dei cervelli può essere compensato, oltre che dalle rimesse finanziarie, dall'incremento dei flussi di conoscenza e di capitale sociale, che possono derivare dai legami fra il paese di origine e la comunità di espatriati?
Rispondere a questo genere di interrogativi, per quanto rilevanti, è piuttosto difficile a causa della mancanza di solida e sistematica evidenza empirica, e gli studi esistenti sono ancora pochi e limitati a casi specifici. In un recente articolo scritto con Francesco Lissoni e Ernest Miguelez e il supporto tecnico di Gianluca Tarasconi, questi temi sono affrontati utilizzando una nuova base dati relativa a inventori residenti negli Stati Uniti (ossia la destinazione più importante di scienziati e ingegneri che espatriano) responsabili di domande di brevetto presso l'Ufficio europeo dei brevetti nel periodo 1980-2010. L'analisi ha considerato dieci paesi di provenienza degli inventori, di cui cinque europei (Francia, Germania, Italia, Polonia e Russia) e cinque non europei (Cina, Giappone, India, Iran, Corea del Sud).

Allo scopo di comprendere in quale misura gli inventori espatriati negli Stati Uniti contribuiscano a trasferire conoscenze nei rispettivi paesi di origine, lo studio ha considerato le citazioni ottenute dai brevetti di questi inventori. Più specificamente, si è cercato di rispondere a due domande. Primo, in quale misura gli inventori espatriati tendono a citare in prevalenza i brevetti di altri inventori espatriati provenienti dal medesimo paese? Rispondere a questa domanda è utile a comprendere se e quanto i ricercatori all'estero diano luogo a un effetto diaspora, ossia formino una comunità coesa e compatta che condivide e diffonde conoscenza al proprio interno. Secondo, in quale misura i brevetti prodotti da inventori espatriati tendono a essere citati in modo prevalente da inventori residenti nel loro paese di provenienza? La risposta a questo interrogativo serve a capire se e quanto un paese riesca ad attingere in maniera privilegiata alla conoscenza prodotta dalla propria diaspora di ricercatori all'estero.

âžœ Le comunità non sono tutte uguali
I risultati ottenuti mostrano che le comunità di ricercatori all'estero appaiono compatte e coese, ossia evidenziano quello che abbiamo chiamato effetto diaspora, solo nel caso di Cina, India, Corea del Sud e Russia. Nessun effetto significativo è stato riscontrato per i paesi europei. Per quanto riguarda, invece, la capacità degli inventori espatriati di trasferire conoscenza verso il proprio paese di origine, gli unici paesi che evidenziano un guadagno netto sotto questo profilo sono la Cina, la Corea del Sud e la Russia. Mettendo insieme tali risultati, si evince che una comunità coesa di ricercatori all'estero, come nel caso spesso citato dell'India, rappresenta una condizione forse necessaria, ma non sufficiente per attendersi significativi trasferimenti di conoscenza dalla propria diaspora. Per quanto riguarda, inoltre, i paesi europei, fra cui l'Italia, la perdita di capitale umano dovuta all'espatrio di ricercatori non pare dar luogo ad alcun effetto compensativo in termini di trasferimenti di conoscenza dai paesi di destinazione a quello di origine.

È possibile che la diversa composizione demografica delle comunità di ricercatori espatriati (relativamente più recente quella asiatica, rispetto a quelle europee), così come i differenti canali di migrazione (attraverso il sistema educativo nel caso asiatico e russo, e tramite imprese multinazionali nel caso europeo) svolgano un ruolo importante nello spiegare le differenze riscontrate fra paesi. Tuttavia, è solo una migliore comprensione di questi aspetti che permetterà di formulare indicazioni per i policy-maker sul modo più efficace per tramutare la fuga dei cervelli in un guadagno per i paesi che tali cervelli producono.