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Filosofici dubbi intorno all'Euro

, di Giovanni Tuzet - ordinario presso di Dipartimento di studi giuridici
Irreversibilita' e mancanza di una procedura di exit dall'unione monetaria: ecco come i filosofi del diritto smontano le due principali argomentazioni a favore dell'Eurozona

Non sappiamo come evolverà la crisi greca nell'Eurozona, se le cose andranno meglio o peggio. Né sappiamo come saranno divisi costi e benefici. Ma per chi si occupa di filosofia del diritto ci sono almeno due cose su cui fermarsi a riflettere. Sono due argomenti utilizzati in difesa dell'euro nella discussione mediatica ma non solo e spesso attribuiti (per semplificazione) a Mario Draghi, presidente della Bce, o a Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea.
Il primo è l'argomento dell'irreversibilità. Per scongiurare l'uscita di un paese dall'Eurozona i difensori dell'unione monetaria si appellano alla cosiddetta irreversibilità o irrevocabilità dell'euro, una moneta da cui in poche parole non si potrebbe tornare indietro. Ora, a chi guardi le cose in una prospettiva storica questo argomento suona piuttosto strano. Di monete, regni, imperi, unioni, regimi, guerre e rivolgimenti ne abbiamo visti parecchi in Europa e non solo. Nel bene o nel male tutte le istituzioni umane e sociali, comprese quelle economico-giuridiche, hanno una nascita, una vita e una morte. Perché l'euro farebbe eccezione? Cosa garantirebbe alla nostra moneta una natura irreversibile? La stranezza dell'argomento sta in questa forma d'immortalità attribuita all'euro. Il che non può essere, per come vanno le cose su questo mondo. Allora il punto interessante è capire meglio cosa intende chi utilizza l'argomento dell'irreversibilità. Forse, semplicemente, la questione è normativa: si vuol dire che i paesi dell'Eurozona si sono impegnati, con un vincolo giuridico, a mantenere questo regime monetario. Allora non è questione di destini ma di obblighi giuridici. E la cosa appare più chiara. Verrebbe anche da chiedersi se sia un impegno sine die o a termine, ma tutto sommato è così che funzionano i patti fondativi (pensiamo a una costituzione): ci si impegna indefinitamente, poi si vedrà. A questo aggiungerei che per difendere l'euro dagli attacchi cui è sottoposto è meglio concentrarsi sulle sue buone ragioni economico-sociali piuttosto che appellarsi alla sua presunta eccezionalità in quanto irreversibile.
Il secondo argomento (che è una maniera di riformulare il primo) è quello secondo cui non è prevista l'uscita dall'Eurozona. Ossia, i Trattati non prevedono una procedura di exit dall'unione monetaria. Per chi si occupa in particolare di argomentazione giuridica questo è un punto stimolante. A rigore, che non sia prevista una procedura d'uscita vuol dire semplicemente questo: non è prevista una procedura d'uscita. In altri termini, c'è una lacuna normativa. Allora la cosa interessante è capire quali conseguenze se ne possono trarre. Di solito la conclusione dell'argomento è che, poiché la cosa non è prevista, non si può fare. Ma a ben vedere occorre una premessa ulteriore per giustificare questa conclusione. Occorre la premessa che tutto quello che non è regolato non è consentito. Tecnicamente, si tratterebbe così di un argomento a contrario. Ma perché non utilizzare invece un argomento a simili, cioè un'analogia fra questioni regolate e non, per disciplinare la questione in modo simile a questioni simili? In presenza di una lacuna va capito se questa si può colmare per analogia appellandosi a qualche regola o principio esistente o se invece la questione va chiusa a contrario. Non ho le competenze di diritto europeo per dare una risposta nel merito (occorre muovere da un'interpretazione dell'art. 50 del Trattato sull'Ue e dell'art. 140 del Trattato sul funzionamento dell'Ue), ma la domanda mi pare doverosa e importante per il futuro delle nostre istituzioni.